[01/10/2012] News

Trivellazioni petrolifere offshore, cresce la richiesta di moratoria dopo il pasticcio "cresci Italia"

Tra gli altri, aderiscono Rifkin, Petrini, Giugni, Arbore e Pecoraro Scanio

Dopo la presa di posizione del Parlamento europeo che chiede maggiori sicurezze (anche economiche) per la concessione di licenze di sfruttamento petrolifero e gasiero offshore - indicazioni che renderebbero impraticabili molte delle concessioni italiane a piccole multinazionali non in grado di far fronte tecnicamente e finanziariamente ad una marea nera o ad un grosso incidente su una piattaforma - cresce la richiesta di una moratoria per uscire dal vicolo cieco petrolifero nel quale ci ha cacciato il decreto "cresci Italia".  

I deputati del Pd Mariani, Vico, Margiotta, Losacco, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Realacci e Viola hanno presentato una risoluzione alla Commissione ambiente della Camera per chiedere al ministro dell'ambiente Corrado Clini la richiesta di valutare la possibilità di sospendere le indagini di sottosuolo e di sfruttamento dei giacimenti petroliferi in Adriatico.

Il folto gruppo di deputati democratici ricorda che «in Italia sono presenti più di 1000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore; di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio; le produzioni annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10% ed il 7% del fabbisogno energetico nazionale; il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi/gassosi è rilasciato alla compagnia petrolifera, a seguito di un procedimento unico che inizia con la selezione dei progetti effettuata dal ministero dello Sviluppo economico, sentito il parere di un organo consultivo, la Cirm, nell'ambito della quale sono rappresentate le Amministrazioni statali competenti (ministero dello sviluppo economico, ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ispra, Avvocatura di Stato) nonché i rappresentanti regionali; per i permessi offshore sono coinvolti anche il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e quello delle politiche agricole, alimentari e forestali; vi è però da notare che mentre i permessi in terraferma vengono rilasciati dal ministero d'intesa con le regioni interessate, i progetti offshore sono sottoposti alla procedura di assoggettabilità ambientale e/o all'espressione del giudizio di compatibilità ambientale da parte del ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, o della regione interessata; non è richiesta «l'intesa» con la regione». 

Quindi «L'attuale procedura autorizzativa non prevede pertanto un adeguato coinvolgimento delle comunità locali, a cui, in molti casi, viene richiesto esclusivamente un parere sulla realizzazione degli impianti;  recentemente sono stati richieste autorizzazioni per prospezioni e nuove trivellazioni in prossimità di importanti aree marine protette;  la valutazione di impatto ambientale (Via) relativa ad un programma di indagini della Petroceltic Italia srl in un'area a ridosso delle isole Tremiti è stata impugnata dinanzi al Tar del Lazio da Legambiente, scelta condivisa anche con altre associazioni ambientaliste e con la regione Puglia, che non è stata coinvolta nella procedura di rilascio di tale autorizzazione, nonostante le Isole Tremiti siano più prossime all'area di ricerca Petroceltic dei comuni costieri di Abruzzo e Molise, ai quali è stato richiesto il parere».

I parlamentari spiegano che in Italia il sistema di prelievo fiscale sull'attività di esplorazione e produzione di idrocarburi si basa su royalties, canoni d'esplorazione e produzione, tassazione specifica e imposte sul reddito della società: «Il prelievo fiscale totale per le aziende che operano nel settore delle attività estrattive e di produzione degli idrocarburi, si basa oltre che sulle royalties, sulla tassazione sui redditi delle società (Ires) con aliquota al 27,5%, sull'imposta regionale sulle attività produttive (Irap) al 3,9%, sulla Robin tax, l'addizionale Ires introdotta nel 2008 ed incrementata nell'agosto  2011 fino a raggiungere il 10,5%; secondo un recente studio di Nomisma Energia complessivamente la tassazione in Italia sulle attività petrolifere è in media pari al 63,9% se inoltre si considera l'addizionale Ires del 4% introdotta dalla legge n. 7 del 2009, il prelievo complessivo è del 68 per cento; in Europa vi sono Paesi con più elevata tassazione rispetto all'Italia (es: Norvegia e UK, con prelievi fiscali in media, rispettivamente, del 78% e tra il 68 e l'82%); per i diritti ceduti per attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi le compagnie pagano le royalties, che rappresentano il corrispettivo dovuto allo Stato per lo sfruttamento dei beni estratti per fini commerciali calcolato sul valore della produzione; in Italia le royalties per le produzioni a terra sono del 10% (a seguito dell'incremento del 3% introdotto nel 2009), mentre per le produzioni a mare sono segnatamente più basse: del 7% per il gas e solo il 4% per il petrolio, applicate sul valore di vendita delle quantità prodotte; questo rende più conveniente per le compagnie l'esplorazione e la coltivazione degli idrocarburi in mare; le royalties per le produzioni di idrocarburi in terraferma sono ripartite per il 55% alle regioni, il 30% allo Stato e il 15% ai comuni; per le regioni a statuto ordinario comprese nell'obiettivo 1 anche la quota del 30% dello Stato è assegnata direttamente alle regioni; per le estrazioni offshore la suddivisione è per il 45% allo Stato e per il 55% alla regione adiacente per le produzioni ottenute entro la fascia delle 12 miglia (mare territoriale), ma oltre tale limite le royalties sono attribuite interamente allo Stato». 

La mozione del Pd impegna il governo «a valutare l'opportunità, nell'ambito della prevista Conferenza internazionale tra i rappresentanti delle regioni e degli Stati che si affacciano sull'Adriatico, di sospendere ogni forma di prospezione e sfruttamento di giacimenti petroliferi nell'Adriatico;  a verificare la sussistenza dei requisiti economici e tecnici delle società già titolari di permessi di ricerca in modo da garantire efficienza tecnica, sicurezza e pieno rispetto di tutte le prescrizioni e dei vincoli stabiliti dalle Autorità competenti: non solo degli obblighi - stabiliti dal ministero dello sviluppo economico - per la gestione degli impianti e la sicurezza mineraria - ma anche, in particolare, dei vincoli disposti da ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dalle regioni per gli aspetti di compatibilità ambientale nella realizzazione e gestione di impianti e pozzi, tenuto conto delle tecniche e delle conoscenze più avanzate per il «buon governo» dei giacimenti;  ad accertare la non sussistenza di rischi apprezzabili di subsidenza sulle coste, sulla base degli studi più aggiornati, che dovranno essere presentati dai titolari di permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione in essere, utilizzando i metodi di valutazione più conservativi e prevedendo l'uso delle migliori tecnologie disponibili per la coltivazione; ad adottare tutte le iniziative necessarie anche normative affinché i permessi di ricerca di idrocarburi liquidi/gassosi siano rilasciati alle compagnie petrolifere dal Governo, d'intesa con le regioni interessate, sia per i progetti in terraferma sia per i progetti offshore; a favorire la realizzazione di politiche pubbliche per lo sviluppo delle comunità territoriali anche con l'utilizzo delle risorse provenienti dalle royalties, su iniziativa delle istituzioni regionali e locali; a garantire la piena applicazione di tutta la legislazione - nazionale e regionale o in attuazione di atti e convenzioni internazionali - di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, e a vietare le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare non solo nelle zone di mare poste entro i più aggiornati limiti dalle suddette aree marine e costiere protette, lungo l'intero perimetro costiero nazionale, ma anche oltre tali limiti per particolari esigenze individuate di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema per aree di rilevante pregio ambientale». 

Un appello per la  moratoria sulle trivellazioni petrolifere in ambiente marino nel Mediterraneo è venuto dal Forum Nazionale degli Amministratori per l'Ambiente organizzato dalla Fondazione UniVerde e dal Comune di San Benedetto del Tronto. Nell'appello si legge: «Gli ambienti marini profondi (al di sotto dei 200 metri di profondità) costituiscono l'ecosistema più esteso del mondo, rappresentando circa il 65% della superficie terrestre. Questi  ambienti sono caratterizzati da un'altissima biodiversità e svolgono un ruolo essenziale per il funzionamento dell'intero Pianeta, permettendo il mantenimento della produzione oceanica e mitigando i cambiamenti climatici globali. Questi ambienti rappresentano anche una fonte straordinaria di risorse di interesse economico quali petrolio, gas idrati e minerali pregiati. In tutto il mondo gli ambienti profondi sono già oggetto di prelievo intensivo di idrocarburi tramite trivellazioni. L'incidente del Golfo del Messico, avvenuto a 1.500 m di profondità, ha dimostrato che non esistono ancora tecnologie sicure e l'impatto dell'estrazione di petrolio dagli ambienti profondi potrebbe essere devastante per questi fragili sistemi.

La  "Regione Mediterranea" costituisce un ambiente naturale e culturale unico al mondo la cui prosperità dipende dalla salvaguardia e dalla valorizzazione delle sue risorse naturali e dall'importanza delle attività turistiche, della pesca e di quelle agricole. I  22 Paesi e territori rivieraschi costituiscono il 6% delle superfici emerse del Pianeta, ospitano il 7% della popolazione mondiale, (anche se il 60% della  stessa vive in condizioni di seria  scarsità d'acqua),  accolgono il 32% del turismo internazionale e producono il 13% del Pil mondiale, ma anche l'8% delle emissioni di anidride carbonica. Circa l'80% dell'inquinamento del Mar Mediterraneo proviene da tre fonti principali: rifiuti municipali, acque reflue urbane ed emissioni industriali. Nel Mediterraneo, inoltre, transita il 30% del traffico merci marittimo internazionale e il 20-25% del petrolio trasportato via mare (dati Unep 2006) e la quantità di catrame pelagico  è la più alta del mondo, 38 mg a m3.

Sono circa 300 le petroliere che ogni giorno solcano le acque del Mediterraneo, un bacino semichiuso con 580 specie di pesci, 21 di mammiferi marini, 48 di squali, oltre a 1.289 specie vegetali marine. Il Mediterraneo profondo, poi, è un sistema ancora più vulnerabile dei sistemi oceanici poiché di piccole dimensioni (<1% della superficie degli oceani globali) e con limitati scambi di acque con l'oceano Atlantico. La sua ricca e unica fauna profonda potrebbe essere gravemente minacciata da attività di trivellazione per le estrazioni di petrolio. La vulnerabilità del Mediterraneo è stata già evidenziata dalla Convenzione di Barcellona e, per preservare gli habitat profondi già gravemente minacciati dalla pesca a strascico, è stata recentemente vietata questa tipologia di pesca al di sotto dei  1.000m di profondità. La nostra conoscenza di questi ambienti, della loro biodiversità e ricchezza è ancora limitata, ma l'impatto di un eventuale incidente dovuto a trivellazioni, potrebbe essere devastante e irreversibile. Ogni giorno accadono incidenti petroliferi che inquinano ancor di più i nostri ecosistemi e allontanano l'obiettivo della bonifica ambientale dell'unico habitat a disposizione dell'uomo. Inoltre, in Italia non esistono le tecnologie e i mezzi per garantire interventi rapidi ed efficaci in caso di incidente. A questo si aggiunga che, per quanto riguarda gli effetti dell'estrazione e della raffinazione degli idrocarburi, oggi esiste una vasta e consolidata letteratura scientifica che prova senza ombra di dubbi o smentite gli effetti letali di queste attività per la salute umana e per l'ambiente.

Per queste ragioni, almeno per quanto concerne il prelievo di idrocarburi pesanti (oil),  chiediamo una moratoria delle trivellazioni petrolifere in Mediterraneo e ci appelliamo alla promozione azioni che permettano di: definire modalità adeguate di valutazione degli eventuali impatti sugli ecosistemi profondi;  rendere possibile solo  il prelievo davvero eco-sostenibile per qualsiasi  tipologia di risorsa; sviluppare tecnologie di prelievo più sicure; dotarsi di sistemi di monitoraggio e intervento tali da garantire il recupero degli ecosistemi profondi danneggiati e proteggere i cittadini dalle eventuali conseguenze».

Tra i primi firmatari ci sono: Jeremy Rifkin, economista e presidente della Foet, Roberto Danovaro, presidente della Società italiana di ecologia, Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione UniVerde, Carlo Petrini, presidente di Slow Food International, Rosalba Giugni, presidente di Marevivo, Renzo Arbore, cantautore, Silvestro Greco, dirigente di ricerca dell'Ispra, Angelo Consoli, presidente del CetriI - Tires, Giuseppe Deleonibus, ex portavoce comitato "No petrolio, Si rinnovabili", Oscar Farinetti, presidente Eataly, Silvano Focardi, docente di ecologia dell'università di Siena.

 

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