[28/09/2012] News

Greenpeace: «Abbiamo finito anche le sardine». Il problema delle "volanti a coppia"

Secondo "Blu gold in Italy", un'inchiesta realizzata da Greenpeace, «il pesce azzurro è al collasso. Crollano acciughe e sardine in Adriatico». "Blu gold in Italy" ha concentrato la sua attenzione su Chioggia che, «Insieme al vicino porto di Pila di Porto Tolle, è uno dei porti più importanti in Italia e tra i primi in Mediterraneo per la pesca di pesce azzurro, con una notevole quota della produzione nazionale immessa sul mercato italiano ma anche, in parte, esportata».  Gli ambientalisti spiegano che «il principale metodo di cattura utilizzato, la "volante a coppia", consiste in una rete sospesa a mezz'acqua trainata contemporaneamente da due imbarcazioni "gemelle". Negli ultimi anni questo sistema di pesca sta tendendo a soppiantare il più tradizionale sistema della "lampara", dove una forte luce concentra i banchi di pesce azzurro che sono catturati da una rete che circonda il banco».

L'associazione ambientalista evidenzia che i dati scientifici degli ultimi 40 anni mostrano un declino delle popolazioni di  acciughe e sardine in Adriatico, e il rapporto mostra come «il governo italiano nel corso degli anni abbia di fatto promosso un incremento della pressione di pesca su queste popolazioni permettendo un aumento del numero delle imbarcazioni autorizzate, e della stazza delle stesse, anche grazie all'artificio delle licenze di "pesca sperimentale" che di sperimentale non avevano nulla: una vera e propria flotta fantasma che alla fine è stata "regolarizzata". Tutto ciò ha messo a rischio la salvaguardia dei popolamenti ittici e la redditività del settore, mentre il sovra sfruttamento di alici e sardine  ha innescato un circolo vizioso: la diminuzione del prodotto ha causato un aumento dei prezzi di mercato stimolando l'incremento della pressione di pesca».

Nell'estratto in italiano di "Blu gold in Italy", pubblicato in inglese da Greenpeace nella collana "Ocean Inquirer", si legge che «l'aumento della capacità di pesca nei porti di Chioggia e Pila di Tolle ha attirato l'attenzione della politica e dell'opinione pubblica, senza che le istituzioni, e in particolare il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, siano state in grado di fornire risposte chiare che spiegassero le ragioni dell'aumento della capacità  di pesca per le volanti (...) Quel che è certo è che studi recenti dimostrano che nell'Adriatico settentrionale la quantità di acciughe e sardine di grandi dimensioni è diminuita».

E' lo stesso problema che si evidenzia nel canale di Sicilia, dove operano "volanti a coppia"  che, secondo l'Organizzazione dei Produttori della Pesca della Sicilia Occidentale, «godono di un'autorizzazione sperimentale rinnovata ormai da 20 anni  pescando praticamente tutto l'anno acciughe sotto taglia e compromettendo quindi la capacità riproduttiva della specie».

Greenpeace ha documentato anche il rigetto in mare di acciughe e sardine, soprattutto durante il periodo estivo quando il prezzo di mercato delle specie non è conveniente e sottolinea: «Ovvio che tali rigetti non sono registrati nelle statistiche ufficiali di pesca e che il reale quantitativo totale di pesce azzurro catturato è quindi sottostimato».  

Il rapporto spiega che «la pesca del pesce azzurro in Veneto costituisce un esempio di cattiva gestione delle risorse ed è solo un "caso studio" di un sistema come quello italiano che, a fronte di una flotta di pesca tra le maggiori in Europa, è noto per la sua riluttanza ad applicare i regolamenti di pesca dell'Ue. La storia delle reti pelagiche derivanti d'altura, meglio note come "spadare", lo dimostra: per tale vicenda l'Italia condivide con Panama il poco onorevole primato di essere elencata - nei rapporti 2009 e 2011 pubblicati dal Dipartimento del Commercio Usa - tra gli Stati i cui pescherecci esercitano pesca "pirata". La storia delle spadare continua nonostante l'Italia abbia ricevuto nel corso degli anni contributi economici dall'Unione Europea (che in parte ha dovuto restituire) e nonostante siano in corso procedure d'infrazione che rischiano di costare care al nostro Paese».

Secondo  Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace, «problemi come questi non sono limitati all'Italia e devono essere risolti dalla riforma, in corso, della politica comune della pesca. Per questo Greenpeace chiede ai governi dell'Ue e al Parlamento europeo di concordare nuove leggi per arrivare a una pesca sostenibile. In particolare, è urgente che la Commissione chiarisca qual è il ruolo della "pesca sperimentale" nel nostro e negli altri Paesi comunitari, perché si tratta di un vero e proprio "sommerso" delle attività di pesca, che mina ogni piano di recupero degli stock».

 

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