[27/09/2012] News

Gli estremi climatici: la nuova norma

Nell'estate appena trascorsa sono stati incessanti gli eventi meteorologici estremi, senza precedenti per portata e gravità. Tra i più clamorosi: uno degli anni più caldi mai registrato negli Stati Uniti d'America, temperature elevate da record nell'Europa centrale e orientale, l'estate più piovosa nel Regno Unito, le precipitazioni più pesanti nell'India settentrionale e nelle Filippine, la più grave siccità negli Stati Uniti e nell'Africa orientale.

In breve: i cambiamenti climatici e le condizioni meteorologiche estreme non appartengono a un futuro lontano. Episodi meteorologici eccezionali, un tempo assai rari, sembrano adesso diventare la norma; il fenomeno estremo in meteorologia non sembra più tanto estremo: ondate di caldo, inondazioni, siccità e incendi boschivi sono le nuove realtà dovute al costante riscaldamento del globo terrestre.

Ciò non dovrebbe stupire dal momento che gli scienziati denunciano da anni che il pianeta si scalda e che pertanto dovremo affrontare condizioni meteorologiche più rigide, più instabili, più imprevedibili.

I dati disponibili confermano sempre di più che il riscaldamento climatico di origine antropica spinge gli effetti del riscaldamento normale agli estremi. Le ondate di caldo sono aumentate in termini di durata e la frequenza. Alcune regioni d'Europa sono ora in preda a gravi carenze idriche mentre altre hanno subito precipitazioni estreme che hanno causato alluvioni e distrutto i raccolti.

Sebbene non tutte le situazioni atmosferiche estreme possano essere attribuite ai cambiamenti climatici, gli scienziati attribuiscono ora senza esitare singoli eventi atmosferici ai cambiamenti climatici. Si prenda ad esempio il mese di novembre dell'anno scorso, il secondo più caldo negli annali del Regno Unito: gli esperti sostengono che è almeno 60 volte più probabile che sia dovuto ai cambiamenti climatici anziché alle variazioni naturali nel sistema meteorologico terrestre.

L'estate scorsa si inserisce bene nel modello generale: estati calde come quella saranno assai più frequenti nei prossimi anni, secondo gli scienziati.

"Perfino io ho difficoltà a credere che i cambiamenti climatici corrispondano davvero ai nostri timori più neri", ha affermato un esperto del clima quando i satelliti della NASA hanno mostrato il mare ghiacciato dell'Artico al suo minimo storico la settimana scorsa, "ma francamente, comincio a sentire dei brividi lungo la schiena".

Il disgelo dello scorso luglio in Groenlandia è un altro esempio di condizioni meteorologiche estreme: i dati satellitari hanno mostrato che il 97% della superficie di ghiaccio massiccio che ricopre l'isola sta sciogliendo. "È vero o c'è un errore nei dati?", ha chiesto uno scienziato della NASA; purtroppo, i dati erano giusti.

Tutte queste notizie straordinarie rivelano che il collasso climatico mondiale si avvicina più rapidamente di quanto avesse previsto la maggior parte degli esperti del settore. I cambiamenti climatici sono una realtà che acuisce tutta una serie di altri problemi globali, aggiungendo ulteriore instabilità a un mondo già instabile.

Ma, si chiede qualcuno, non è troppo costoso investire in un mondo a basse emissioni di CO2? Certo, è costoso, ma anche continuare come niente fosse costa caro. È un errore pensare che continuare a non far nulla sia l'opzione più economica, è vero il contrario: costa assai caro. Per citare solo un esempio: all'inizio di questo mese la Banca mondiale ha lanciato un allarme a livello mondiale sulla fame in seguito alla drammatica siccità negli Stati Uniti, in Russia e in Ucraina che ha fatto impennare i prezzi delle derrate alimentari a un livello record. Secondo la Banca mondiale, i prezzi del granturco e del sorgo sono aumentati rispettivamente del 113% e del 200% in alcuni mercati del Mozambico e del Sudan. Questo tipo di costo spesso viene passato sotto silenzio.

Non c'è bisogno di informare le imprese delle perdite finanziarie causate dai cataclismi climatici. La siccità della scorsa estate negli Stati Uniti ha devastato i raccolti del mais e della soia, che valgono diversi miliardi di dollari: gli assicuratori statunitensi rischiano di dover affrontare perdite fino a 20 miliardi di dollari quest'anno, ossia il danno più grave che abbiano mai subito nel settore agricolo. Non sembra proprio questo il modo migliore per contribuire a lottare contro la crisi economica.

Eppure è incredibile l'entità dei rischi che alcuni sono pronti ad assumere per conto delle generazioni future. Nonostante i fatti e le prove che ci stanno dinanzi, vi sono ancora molti interessi in gioco che raccomandano l'inazione o il mantenimento dello status quo, oppure consigliano di tralasciare la crisi climatica fino a quando non sarà risolta la crisi economica.

E mentre alcuni vedono nelle attuali turbolenze finanziarie una pericolosa battuta d'arresto della protezione internazionale del clima, io invece ritengo che un'azione intelligente a favore del clima sia il motore di nuove opportunità d'occupazione in Europa, di investimenti in tecnologie efficienti sotto il profilo energetico, di stimoli all'innovazione e alla competitività, di riduzione della nostra bolletta energetica. 

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