[25/09/2012] News

Chi deve pagare i danni dell'evento meteorologico distruttivo?

La storia dei pescatori di Kivalina e la Exxon

Kivalina vs Exxon, diretto da Ben Addelman, ha vinto il Whistler Film Festival nel 2011 quale miglior documentario. In 90 minuti, infatti, ha raccontato la storia dei 400 abitanti di un piccolo villaggio, Kivalina appunto, che si trova su una piccola isola nel nord-ovest dell'Alaska.

La storia è semplice. Negli ultimi anni i ghiacci stentano a riformarsi negli oceani settentrionali. Le coste non più protette, sono esposte più di frequente alle mareggiate e si erodono. Il villaggio, sul mare, è stato così inondato nel 2005. Inoltre anche la pesca è diminuita. E così i 400 abitanti di Kivalina si sono ritrovati, all'improvviso, senza lavoro in una località a rischio. Per questo, moderni Davide, hanno sfidato Golia, portando in tribunale quattro tra le grandi sorelle del petrolio: la ExxonMobil, appunto, la Chevron, la Shell e la BP.

Chiedono un risarcimento. Perché, secondo i pescatori della lontana Alaska, le loro disavventure sono causate dai cambiamenti climatici, che a loro volta sono causati soprattutto dell'uomo e, in particolare, dall'uso di quei combustibili fossili estratti e venduto dalle grandi compagnie petrolifere.

Dunque le hanno chiamate a risarcire i danni, con un compenso milionario (in dollari). Non chiedono soldi in proprio, i pescatori di Kivalina. Vogliono che le quattro sorelle del petrolio finanzino lo spostamento del villaggio in un luogo più sicuro (e pescoso).

La vicenda ha un valore che va ben oltre i problemi dei pescatori dell'Alaska. Prefigura uno scenario giuridico che potrebbe diventare dominante nei prossimi anni e decenni negli Stati Uniti e nel resto del mondo: la richiesta di risarcimento per i disastri ambientali correlati ai cambiamenti del clima.

Ma apre anche un problema di natura scientifica (dalle implicazioni legali) niente affatto banale: è possibile, infatti, correlare un evento meteorologico preciso - l'erosione delle coste di Kivalina, il ciclone di New Orleans, le onde d'acqua che si sono abbattute su Genova o su Messina, un tifone sul Pacifico, le inondazioni in Bangladesh, la grande alluvione del Pakistan e così via - ai cambiamenti del clima a loro volta causati dall'uomo?

Per rispondere a questa domanda un gruppo piuttosto numeroso di scienziati si è ritrovato nei giorni scorsi a Oxford, in Gran Bretagna, per discutere dell'Attribution of Climate-related Events: della possibilità, appunto, di attribuire un singolo e preciso evento, ben localizzato nello spazio e nel tempo, a quel processo complesso e distribuito nel tempo che è il clima del pianeta Terra.

Diciamo subito che le risposte sono state le più diverse. Gli scienziati si sono subito divisi sulla base di un'interpretazione epistemologica dei cambiamenti climatici e, più in generale, della dinamica dei sistemi complessi. Che, come si sa, è una dinamica non lineare che coinvolge un numero enorme di elementi e un numero ancora più grande di relazione tra questi elementi.

I sistemi complessi sono sistemi particolarmente sensibili alle condizioni iniziali. Basta un battito d'ali di una farfalla in Amazzonia, sosteneva Edward Lorenz all'inizio degli anni '60 inaugurando lo studio del clima al computer, per scatenare una tempesta nel Texas. Ma nel mondo in ogni momento ci sono un'infinità di battiti d'ali di farfalla. Individuare quella che ha scatenato la tempesta è semplicemente impossibile. In altri termini, lo studio del sistema complesso clima ha un'impronta intrinsecamente statistica e non può, in linea di principio, risalire in maniera deterministica a una causa scatenante. Le cause sono pressoché infinite e in concorso tra loro.

Niente affatto, sostengono altri. In primo luogo bisogna distinguere tra le varie cause e i vari fattori. C'è una gerarchia di responsabilità tra loro. E se non è possibile individuare la farfalla in Amazzonia che col suo battito d'ali provoca la tempesta sul Texas, è certo possibile individuare le grandi cause senza le quali quel battito non avrebbe influenza. E le grandi cause dei cambiamenti climatici sono note.

In questo momento non siamo in grado di stabilire con sufficiente affidabilità una correlazione causa effetto tra un ciclone e i cambiamenti climatici. Ma nulla vieta, in linea di principio, che domani, affinando le conoscenze scientifiche, potremo stabilire nessi diretti di causa ed effetto tra eventi meteorologici e cambiamenti climatici. Nulla vieta che tra qualche tempo potremo stabilire con sufficiente affidabilità che un'onda d'acqua che si abbatte su una città italiana è frutto dei cambiamenti climatici.

Probabilmente entrambe le posizioni, con le infinite sfumature che sottendono, hanno un po' di ragione. Non avremo mai - anche se nella scienza non bisogna  mai dire mai, non con leggerezza almeno - la possibilità di individuare ogni singola causa, anche la più minuta, e ogni singola relazione e dunque di prevedere, in maniera deterministica, un fenomeno. Ma la capacità scientifica di ricostruire l'evoluzione dinamica del sistema complesso clima è destinata a crescere, come sostiene il direttore di Nature in un recente editoriale. Fino a che l'approccio statistico ci fornirà un descrizione così dettagliata dei fenomeni da somigliare molto a una descrizione deterministica.

In vista di questa prospettiva, peraltro già in atto, anche i giuristi dovranno modificare il concetto di "prova" in tribunale. E magari accogliere, almeno in parte, gli argomenti non del tutto infondati dei pescatori di Kivalina.

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