[20/09/2012] News

Soldi e auto: verso una nuova corsa al tracollo (finanziario)?

Il cavallo impazzito della crisi è stato fermo ai box per poco, giusto il tempo per farsi mettere qualche cerotto, una cura soft con un effetto palliativo, e poi via, verso una nuova pazza cavalcata che rischia di essere più incontrollabile (e insostenibile) di quella culminata con il crack dell'agosto del 2007. Gli elementi che portano a pensare che sarà questo lo scenario al quale potremmo assistere nei prossimi mesi, non mancano (e non da oggi). Prendiamo, ad esempio, le scelte di politica monetaria del Governatore della Banca Centrale statunitense Ben Bernanke finalizzate a rimpinguare i mercati di moneta sonante, e le possibili conseguenze di alcune strategie imprenditoriali/politiche di casa nostra (o quasi) da sempre poco indirizzate all'orizzonte di uno sviluppo sostenibile. Da una parte la Fed, dall'altra il duo Monti/Marchionne (Nella foto). Si dirà: che nesso c'è tra le politiche della Banca Centrale Usa con la crisi della Fiat? Semplice: la stessa cecità, ottusità e assenza di un progetto. Tutti elementi che funzionano da turbobenzina per una crisi latente, ma potenzialmente dagli effetti (economici, sociali e ambientali) devastanti. Il meccanismo non sembra tanto diverso dal film che abbiamo già visto negli ultimi 4 anni: da una parte, ci sono gli Stati Uniti che con operazioni espansive stampano moneta inducendo le banche e operatori finanziari a fare le stesse speculazioni di cinque anni fa; dall'altra c'è l'ambiguo Marchionne che prima minaccia di chiudere gli stabilimenti italiani, salvo poi ammiccare alla richiesta (al Governo italiano) di cassa integrazione in deroga per tenere in piedi baracca e burattini fabbricando sempre le stesse auto senza un briciolo di innovazione (verde).

«Neppure io erogherei un mutuo a me stessa», ha dichiarato Annette Alejandro ai cronisti del "New York Times". Annette, racconta il quotidiano della Grande mela, vive a Brooklin, è appena uscita da una bancarotta personale e ha perso il lavoro, eppure, riceve in continuazione proposte di mutui e finanziamenti. E questo succede perché negli Usa c'è tanta liquidità, che non sempre porta effetti positivi: parallelamente alla riduzione degli aspetti dolorosi della crisi, infatti, le banche e gli operatori finanziari sono indotti a far ripetere le stesse speculazioni all'origine del tracollo del 2007/2008. Secondo quanto riportato oggi dal Sole 24 Ore che fa riferimento a uno studio di Experian, negli Usa, il 25,41% del credito erogato nel 2012 per l'acquisto di auto è di categoria «subprime»: cioè ad alto rischio di insolvenza. Anche i mutui "subprime", sembrano aver ripreso forza. E ora che tutte le banche centrali sono tornate a pompare denaro, il fenomeno rischia di esasperarsi. Il denaro facile spinge infatti al rialzo il prezzo del petrolio e dell'oro, fa rincarare le valute dei Paesi emergenti e riesuma anche i mutui subprime. Insomma: favorisce quei comportamenti ad alto rischio da cui tutta la crisi partì.

Un meccanismo perverso che oltre ad alzare in modo vertiginoso il pericolo della formazione di una nuova bolla finanziaria, ripropone le stesse deviazioni di un'economia finanziarizzata e per niente reale. Dagli errori, e dalla malate ricette del passato, non si impara niente, a quanto pare. Anche nel Vecchio continente, e in particolare in casa nostra. Gli ultimi aggiornamenti sulla vicenda Fiat, ne sono un esempio. Al di là delle dichiarazioni del manager italo-canadese (che dice voler lasciare l'Italia e poi ci ripensa), la possibilità di un intervento pubblico da parte del Governo, di per sé, non sarebbe sbagliato. Anzi. L'economia, anche  nel caso delle politiche monetarie americane, deve avere una guida. La discussione, casomai, più che  sull'opportunità di elargire soldi pubblici, dovrebbe essere incentrate sulla mancanza di una strategia. Perché sempre più, o non ci sono interventi pubblici ( intesi come interventi di politica industriale), o quando ci sono, come nel caso Fiat di questi giorni, sono finalizzati a ripercorrere la strada di produzioni fordiste che guardano al passato del secolo scorso, al petrolio e al consumo di materie prime. Per farla breve: le misure sulle quali molto probabilmente si confronteranno sabato i vertici di Fiat e il premier Monti (cassa in deroga, prepensionamenti e ammortizzatori sociali messe sul tavolo da Marchionne) andrebbero anche bene, purché ritenute inevitabili, e soprattutto a patto che dalla ceneri di "Fabbrica Italia" possa nascere un progetto per una mobilità diversa e improntata a produzioni più green (auto con consumi ridotti o favorendo l'utilizzo materie prime seconde etc ...), magari pensando anche a una parziale riconversione di alcuni stabilimenti. Questo sì sarebbe un contributo per un cambiamento di rotta - e non un diktat come alcuni liberisti vorrebbero far credere - e una presenza vera della politica nell'economia (reale) utile a non sprofondare ancora una volta verso il baratro. In Italia, in Europa e negli Stati Uniti.

Torna all'archivio