[19/09/2012] News

ReMade in Italy? Assocarta porta il suo esempio

Riceviamo e pubblichiamo questa riflessione su un nostro articolo del direttore Massimo Medugno

Verso le 5 di sera do sempre un'occhiata a Greenreport. E, stasera (ieri), preso da irrefrenabile vena, provo a fare qualche commento partendo dall'affermazione "L'energia non può essere l'unico campo sul quale investire quando si parla di green economy e dunque al risparmio e alla rinnovabilità di essa, va affiancata anche il risparmio e la rinnovabilità della materia".

Uso un caso...che forse conosco bene!

La filiera cartaria ha superato ampiamente gli obiettivi previsti dal legislatore europeo in materia di rifiuti di imballaggio: oltre il 79% dei rifiuti di imballaggio cellulosici sono stati riciclati nel 2011, pari a 3,5 milioni di tonnellate. Il Rapporto ASSOCARTA 2012 mostra come il tasso di riciclo (rapporto tra consumo di macero e consumo di carta e cartone) si sia attestato nel 2011 sul 47,2% (48,1% nel 2010). Sempre il Rapporto ASSOCARTA riporta che l'"European Declaration of Paper Recycling" (sottoscritta da 7 organizzazioni europee) lanciata dall'European Recovered Paper Council istituito presso CEPI fin dal 2000 con lo scopo di monitorare i progressi dell'industria europea nel campo del riciclo, ha fissato l'obiettivo di portare il tasso di riciclo per il complesso dei 29 paesi (UE 27 + Norvegia e Svizzera) al 70% entro il 2015. Il precedente obiettivo del 66% entro il 2010 era stato raggiunto e superato fin dal 2008.

La filiera cartaria del riciclo rappresenta quindi una componente chiave della Green Economy.  E, quindi, non esiste un'industria e l'industria del riciclo, ma c'è (già) un'industria che ricicla, che ha fatto dell'efficienza la sua ricetta vitale, ma che può fare ancora molto su questa via.

Basta volerlo e riportare la competitività dell'industria cartaria (come di altre) allo stesso livello dei concorrenti europei ed internazionali. Come? Ecco alcune proposte:

1. emanare rapidamente misure per contenere i costi dell'energia del settore ed in particolare quello del gas, tramite innanzitutto lo "sbottigliamento" dei gasdotti perché la spesa per l'acquisto dell'energia rappresenta per il settore cartario una delle prime voci di costo con un'incidenza media del 20%, con punte anche del 40%. Il differenziale del prezzo del gas rispetto ai paesi europei è stato per tutto il 2011 di 5,7€/MWh. Se consideriamo che il gas costituisce il 90% dei costi energetici, nel primo caso di incidenza media del 20% sul costo di produzione, una riduzione del prezzo del gas del 10% porterebbe quest'ultimo dal 20% al 17% cioè a una contrazione dei costi totali intorno al 2%. Va ricordato che l'alto uso del gas è collegato all'ampia diffusione della tecnologia della cogenerazione, arrivata a soddisfare circa il 60% del fabbisogno elettrico del settore. Essa costituisce un "asset" che deve essere preservato e sostenuto anziché gravato da oneri ingiustificati sotto il profilo economico e giuridico. Il differenziale di costo del gas negativo per l'Italia viene riconosciuto anche dalla bozza di SEN  nella parte in cui dice che sbottiglieranno il Transitgas. Ma senza attendere neanche i benefici per l'industria di questa azione la stessa bozza di SEN afferma istituiranno un conto energia termico alimentato dalle tariffe gas (costo annuo di 900 milioni di euro, ovvero se fosse spalmato piatto su tutti circa 1 centesimo di euro a mc ovvero anche 4% del prezzo del gas). Bisognerebbe chiedere che il conto non venga spalmato in maniera piatta su tuttima meno sugli energivori e di più sul riscaldamento. Sono queste le contraddizioni in cui cade la politica industriale  e ambientale nazionale;

2. dare attuazione alle disposizioni di legge che impongono il recupero energetico prioritario per i rifiuti che provengono dal riciclaggio, prevedendo un più ampio ricorso agli impianti industriali esistenti; semplificare le procedure per la costruzione di nuovi impianti di termovalorizzazione asserviti al riciclaggio della carta, superando gli attuali limiti territoriali e regionali;

3. avviare una riflessione sul raggiungimento degli obiettivi di riciclo previsti dalla Direttiva comunitaria 2008/98 ed all'attuazione delle disposizioni previste nella stessa direttiva e nel Regolamento 1013/2006 sui movimento transfrontalieri dei rifiuti, puntando in particolare sul principio di prossimità per il macero raccolto sul territorio nazionale, con l'obiettivo di costruire la Recycling Society. Va considerato, dunque, il comma 5 dell'art. 181 che introduce il concetto della "prossimità" agli impianti di recupero, secondo il quale "per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero".

L'attuazione delle proposte sopraindicate può dare slancio a un  settore importante della Green Economy proprio nella logica della Recycling Society indicata dall'ultima Direttiva Rifiuti, la n. 98/2008 e che è parte di una Filiera che fattura ogni anno 35 milioni di euro, con 250 mila addetti diretti.

In conclusione,il quadro normativo e programmatorio nazionale (grazie anche al determinante contributo della Direttiva Rifiuti comunitaria) sembra contenere alcune linee di azione particolarmente significative. Grande rilevanza hanno, inoltre, gli aspetti energetici che incidono fortemente sulla competitività dell'industria che ricicla e dai quali non possiamo prescindere se vogliamo raggiungere gli obiettivi della Recycling Society.

Senza industria non si ricicla...Al massimo potremmo diventare degli ottimi raccoglitori a beneficio di altre economie. Problematiche abbastanza chiare come altrettanto definite le linee di azione da percorrere (e qui c'è molto da migliorare) con tenacia e pacatezza.

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