[11/09/2012] News

Vinyls, Alcoa, Carbonsulcis...la solitudine operaia e la sinistra confusa

La manifestazione degli operai sardi di ieri a Roma lascia l'amaro in bocca e non certo per i tafferugli con la polizia che potevano e dovevano essere evitati, ma per la dimostrazione di una disperazione senza prospettive che si fa infiltrare da provocatori e che giunge ad insultare e scacciare l'esponente del Pd Stefano Fassina (Nella foto), andato a portare solidarietà sua e quella del suo partito ai lavoratori in lotta. Si può pensare q uello che si vuole del Pd, ma aggredire o lasciar aggredire un esponente di un partito che  in Sardegna è all'opposizione e che ha colpe minori di altri nel disastro industriale sardo, è sintomo di un ribellismo sterile che ha poco a che vedere con la lotta per il lavoro. I minatori inglesi e gallesi in lotta contro il governo  conservatore di Margareth Thatcher  non avrebbero mai cacciato un esponente del Partito laburista e gli operai in lotta per difendere le tante fabbriche italiane chiuse da una politica industriale folle e dall'ineluttabile convinzione politica della terziarizzazione dell'Italia, non si sarebbero mai sognati di nascondersi  dietro un passamontagna da Comandante Zero sotto un casco con i simboli della Cgil.

L'impressione è che siamo passati dalla lotta di classe alla disperazione di classe, ad un gruppo di aristocrazia operaia di una delle regioni più povere d'Italia e d'Europa che si è lentamente risvegliata da un coma pilotato dalla globalizzazione capitalista, amorevolmente sostenuta dai governi italiani e temperata da compresse fredde e pannicelli caldi, un po' di omeopatia con una crisi della chimica, dell'alluminio e del carbone sempre rimandata al governo successivo. Ora il cerino si è consumato e  sta scottando le dita, il presente e il futuro degli operai e delle loro famiglie che gridano la rabbia ed il dolore di una terra abbandonata, che non vedono il futuro oltre la lotta e la lotta allora diventa momento di affermazione non di un'identità, che è anche speranza e riconoscimento, ma della semplice esistenza davanti ad un mondo che non riconosce più il diritto al lavoro.

Qualcuno ha detto giustamente che la proposta di "miniera verde" dei lavoratori del Sulcis, il progetto del Carbon capture storage, è una follia economica ed ambientale e che sarebbe meglio  dividere il colossale finanziamento necessario tra gli operai per consentire loro di vivere bene per il resto della loro vita e magari mettere su imprese per risanare e valorizzare quel territorio, noi aggiungiamo che è abbastanza strano che si cacci Fassina e si dica molto poco contro una Regione come la Sardegna che di questa catastrofe del lavoro e dell'ambiente porta almeno la stessa responsabilità del governo nazionale. Ma il rumore dei caschi sbattuti per terra a Cagliari davanti alla Regione o a Roma davanti al Consiglio dei ministri sono il tambureggiare cupo di una sconfitta operaia e politica e il solo orgoglio dei lavoratori sardi "disposti a tutto" non può mascherarla. Vinyls, Alcoa, Carbonsulcis... sono il triste rosario dell'incapacità di una sinistra smarrita di governare il cambiamento mentre si disfaceva sconsideratamente dei suoi riferimenti sociali e culturali per diventare interclassista, per conquistare il centro.

Guardando i lavoratori sardi che tentano di ritagliarsi uno spazio di visibilità in televisione vengono alla mente i cantori della sparizione della classe operaia, i teorici della società della classe media che oggi tacciono di fronte alla proletarizzazione di impiegati e  intellettuali ed ai lavoratori disoccupati che diventano sottoproletariato. Ma viene anche da chiedersi quanti di questi lavoratori abbiano votato a destra, ammaliati dalle promesse di deregulation urbanistica che avrebbe consentito loro di costruire l'ennesima casa sulla costa, quanti di loro abbiano votato per il parlamentare che prometteva lavoro e assunzioni clientelari o assicurava progetti di rilancio mirabolanti.  

Lo spazio della lotta sembra altrove e sempre più angusto, e di questo bisognerà prenderne atto e tenerne conto, e la lotta arriva sempre alla fine, quando la situazione precipita, quando le promesse e le rassicurazioni, le mediazioni istituzionali e gli euro europei dimostrano di non poter cambiare ciò che il mercato impone, quel che l'economia globale ha deciso da altre parti, ignara e disinteressata del destino dei lavoratori sardi, della Fiat e delle mille fabbriche in crisi di un Paese che credeva che gli operai su fossero estinti perché la televisione non ne parlava più.

Ma il cono d'ombra che ha avvolto il lavoro in Italia è anche il frutto di un abbaglio politico che la sinistra dovrà ancora pagare duramente per molto, di un auto-inganno lessicale che sentiamo ancora ripetere: «Siamo dalla parte dei più deboli». Ma la sinistra, socialdemocratica o comunista o come diavolo la si voglia chiamare oggi, no è e non può essere dalla parte dei più deboli, è "la parte dei deboli", è nata per organizzarli in partiti e sindacati, per renderli forti e liberi, per cambiare la società, per portare il lavoro al centro di una società più giusta, solidale e premurosa, per rendere la disperazione consapevolezza, per "addomesticare" il presente e costruire un futuro sicuro dove i diritti di base, a partire dal lavoro, dall'istruzione e dalla salute (e quindi dall'ambiente) non possano essere messi in discussione.  Per costruire una società dove i rappresentanti dei lavoratori governino cercando di realizzare le loro istanze, i loro bisogni ed i loro sogni.           

Gli operai sardi si sono trovati spinti tra i più deboli, si sono ritrovati con troppi nemici che respingono ogni colpa, si sono ritrovati con amici caritatevoli e non con compagni di vita, di viaggio e di lotta.  La loro disperazione, il loro speculare attaccarsi ad ogni promessa, è il frutto di questo vuoto, dell'eclissi della solidarietà di un Paese piegato dall'illusione della facile ricchezza che ora scopre quanto sia importante avere da vivere ma non riesce ad alzare lo sguardo dalle sue "disgrazie" private. Ma che è anche l'esatto contrario della lotta per vivere meglio tutti che dovrebbe essere l'orizzonte della sinistra.

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