[10/09/2012] News

Cosa insegnano i 90 anni del Parco Nazionale d’Abruzzo

 

Sull'ambiente, con particolare riferimento alle politiche di tutela della biodiversità come del paesaggio, della cultura e delle tradizioni storiche del territori, si susseguono incontri internazionali - da Rio de Janeiro alla Corea del Sud - ma anche europei, sulla Convenzione alpina o a Pescara sull'Unione europea e le regioni, in cui si discute anche delle aree protette.

Il nostro Paese fatica non poco e non da poco a stare al passo con questi eventi chiamati a dare risposte credibili, efficaci e tempestive all'incalzare di una condizione ambientale sempre più grave.

Ed è specialmente sul fronte  delle aree protette - il tema all'odg anche in Corea del Sud - che noi registriamo un ritardo e uno stallo di cui troviamo chiara conferma anche in recenti documenti  dove i parchi o sono addirittura dimenticati o finiscono comunque in cantera di fondo.

Al di là quindi degli aspetti (diciamo così) ‘congiunturali', ossia derivanti dalla crisi economica-finanziaria, quel che si è ormai appannato, offuscato  negli ultimi anni - come abbiamo visto anche nella discussione sul ventennale della legge quadro - è il profilo culturale sulla base del quale negli anni si è costruito e definito il ruolo dei parchi, quei connotati che anche storicamente stanno alla  base delle sue finalità.

Ecco perché oggi la riflessione storica sui parchi non è un lusso e neppure un pretesto per sfuggire ai problemi concreti ma ha una sua attualità e ragione d'essere e non soltanto per gli addetti ai lavori. Il libro fresco di stampa ‘Parco Nazionale d'Abruzzo, novant'anni:1922-2012' a cura di Luigi Piccioni (Edizioni ETS) - uno dei più autorevoli storici italiani dell'ambiente - che segue ad un volume dedicato ad un convegno internazionale al parco della Sila e ad un ancor più importante libro dedicato a Renzo Videsott e alle vicende dell'altro parco storico del Gran Paradiso - coetaneo di quello d'Abruzzo- permette di cogliere appunto quella ‘attualità' delle  vicende storiche che hanno profondamente segnato anche le nostre aree protette. Una ‘attualità' che più attuale non potrebbe essere, perché ha a che fare con le ‘finalità', il ‘ruolo' dei parchi in rapporto all'ambiente, al territorio e alla sua storia. 

La molla principale all'Abruzzo come altrove fu il bosco con  le specie animali e particolarmente  le più pregiate (vedi l'orso). Un ambiente che negli  USA si mise a disposizione dei cittadini e del  turismo con i suoi alberghi, percorsi, centri visita e museali mentre in altre realtà europee si volevano riservare gli ambienti naturali unicamente alla scienza e non al turismo che poi si sarebbe chiamato ecosostenibile.

Ciò che con il tempo accomunò la nascita di riserve e  parchi è l'ingresso sia pure diversificato dei pubblici poteri a partire dagli USA, a cui seguirono poi altri paesi soprattutto europei. Parlamenti, governi, ministeri ed anche comuni e più tardi regioni intervennero con norme, risorse, personale come  in Abruzzo con il Corpo Forestale dello Stato.

Questa nuova presenza pubblica dovette  naturalmente misurarsi con gli interessi privati, sia che si trattasse  delle ferrovie (come negli  USA), sia che riguardassero terreni privati nei paesi abruzzesi dove la speculazione risultò sempre dietro l'angolo pronta a  farsi valere anche sul piano politico. Il definirsi dei caratteri di questa tutela e protezione perché si pervenisse ad un equilibrio  tra interessi ed esigenze diverse sarà - e non solo al Parco d'Abruzzo - tribolato, carico di tensioni e di scontri ma riuscirà ad affermarsi sanzionando due aspetti che restano oggi validi quanto e più di ieri, e cioè che indispensabile è che le istituzioni centrali e decentrate sappiano e vogliano farsene carico direttamente a cominciare dalle risorse, e in secondo luogo che questo intervento riguarda l'ambito pubblico quanto quello privato perché le aree protette e i parchi sono appunto un bene pubblico.

Le vicende del parco d'Abruzzo quali risultano dal libro grazie ai diversi contributi sia di studiosi stranieri che italiani che in quel parco hanno spesso operato e vissuto danno bene l'idea - e in questo vi è quella attualità di cui sopra - di come il ruolo del parco sarà tanto più efficace quanto più esso riuscirà a stabilire un coretto e positivo rapporto con le comunità locali e le loro legittime rappresentanze istituzionali. Quando questo rapporto si inasprisce, diventa conflittuale e non ci saranno vincitori ma solo sconfitti.

All'Abruzzo - come si può vedere dal libro grazie specialmente a taluni interventi: di Giuseppe Rossi, Carlo Alberto Graziani, Gianluigi Ceruti, Alberto D'Orazio, Corrado Guacci, Franco Pedrotti e ovviamente Luigi Piccioni - quando non si è riusciti a tenere la barra giusta anche l'esperienza estremamente importante e meritoria di Franco Tassi (direttore del parco nella sua stagione di decollo nazionale e alla vigilia del voto del parlamento che avrebbe varato finalmente la legge quadro 394 nel 91 che aveva visto crescere anche nel nostro paese una nuova presenza dell'ambientalismo), si incagliò malamente con un brutto esito finale. Un esito inevitabile non avendo Tassi saputo e voluto prendere atto non soltanto del ruolo fondamentale delle istituzioni ma anche del fatto che anche l'esperienza dell'Abruzzo entrava ora a far parte di un contesto nazionale in cui lui non poteva più pretendere di costituire il ‘modello' a cui ricondurre la nuova realtà che aveva già preso corpo in Italia con i parchi regionali e poi quelli nuovi nazionali.

Il libro ci ricorda queste vicende e in un certo senso ci ammonisce sulla urgenza di riuscire a ridare smalto e lustro al ruolo dei parchi, oggi in crisi.

*Gruppo San Rossore

 

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