[06/09/2012] News

Documento del governo sull’Ilva: «Equilibrio tra continuità produttiva e sostenibilità ambientale»

Vendola a Squinzi: «Abbiamo bisogno dell’industria, ma anche di ambientalizzarla»

In apertura dei lavori del Consiglio dei ministri di ieri, il ministro dello sviluppo economico, Corrado Passera, e quello dell'ambiente, Corrado Clini, hanno illustrato la situazione dell'Ilva di Taranto. In una nota il governo spiega che «la relazione ha messo in evidenza la tempestività dell'azione del Governo, intervenuto subito dopo la notizia del sequestro di una parte degli impianti, con la firma di un protocollo di intesa e lo stanziamento di risorse necessarie per favorire il superamento della cause che hanno generato l'intervento della magistratura». I Ministri hanno anche evidenziato che «le problematiche relative a Ilva coinvolgono diversi livelli istituzionali e devono dunque essere affrontate attraverso una strategia complessiva, in grado di assicurare un giusto e doveroso equilibrio tra continuità produttiva e sostenibilità ambientale».

La relazione di Passera e Clini ha sottolineato anche «la strategicità del polo produttivo di Taranto sull'economia regionale e nazionale, in particolare per quanto riguarda per l'approvvigionamento di comparti strategici per l'industria italiana (come quello degli elettrodomestici, della cantieristica, dell'auto e della meccanica) e l'impatto sull'occupazione (tra occupati diretti ed indotto, l'Ilva impiega più di 24 mila unità)».

Il governo ha anche affrontato il tema scottante del costo di una eventuale chiusura dell'impianto e in un comunicato sostiene che «complessivamente si determinerebbe un impatto negativo che è stato valutato attorno ad oltre 8 miliardi di euro annui, imputabile per circa 6 miliardi alla crescita delle importazioni, per 1,2 miliardi al sostegno al reddito e ai minori introiti per l'amministrazione pubblica e per circa 500 milioni in termini di minore capacità di spesa per il territorio direttamente interessato. Per questi motivi il Governo, con le altre istituzioni, si è impegnato per garantire la continuità produttiva con interventi volti ad assicurare un netto miglioramento nella sostenibilità ambientale e tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini».

Mario Monti ed i suoi ministri fanno l'esempio della recente riapertura, da parte di Clini, della procedura per il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) all'Ilva di Taranto, «con l'obiettivo di adeguare l'autorizzazione già concessa nell'agosto 2011 ai livelli emissivi raggiungibili con le migliori tecnologie disponibili, anche con riferimento alle criticità emerse nel corso dell'indagine della magistratura».

Il Consiglio dei ministri ha anche detto che è necessario  «Fare luce al più presto su eventuali colpe e inadempienze che, in passato, hanno comportato danni all'ambiente e alla salute del territorio tarantino».

Il 14 settembre Clini sarà a Taranto «Per fare il punto sullo stato dei lavori e per incontrare le associazioni che hanno richiesto di essere sentite e che potranno essere coinvolte in analogia a quanto avvenuto in passato in sede di conferenza dei servizi».

Le decisioni del governo non sono piaciute al presidente dei Verdi Angelo Bonelli che ha accusato il ministro Passera di continuare con «Il terrorismo mediatico per far sì che a Taranto resti tutto così com'è. Al ministro che oggi ha dichiarato che la chiusura dell'Ilva costerebbe otto miliardi chiediamo ancora una volta: quante vite umane vale una tonnellata di acciaio dell'Ilva?. Il governo, sulla questione Ilva, continua la lavorare per lasciare tutto così com'è senza affrontare il dramma ambientale e sanitario di una città dove si muore a causa dell'inquinamento. Anche la revisione dell'Aia, per il governo è semplicemente uno strumento per ottenere il dissequestro dei reparti a caldo dell'acciaieria».

Secondo Bonelli, «il definanziamento del Districtpark di Taranto è la prova provata che a Taranto non si vuole favorire una diversificazione dell'attività economiche della città continuando a investire tutto sull'acciaio e su una economia alla diossina. I fondi sottratti a questo progetto sarebbero destinati per la "Riconfigurazione della banchina del molo", ossia un progetto previsto nell'ambito del protocollo d'intesa sottoscritto da governo, Enti locali e Autorità portuale: si tratta di un doppio danno se si considera che i 35 milioni del Districtpark  verranno utilizzati per "sistemare" un'area del porto che è stata usata e sarà usata dall'Ilva. Al danno di un governo che non si occupa della salute dei cittadini e fa il tifo per l'azienda si aggiunge la beffa del definanziamento di uno dei pochi progetti di conversione economica attivati per Taranto. Una doppia beffa se si considera che nel Decreto legge in conversione, nonostante le ripetute smentite del ministro Clini, ci sono finanziamenti per l'azienda. L'articolo 1 comma 8 del decreto, infatti, prevede 70 milioni di contributi pubblici agli investimenti per l'ambientalizzazione delle imprese, compresa l'Ilva. Tra l'altro questi fondi che, oltre a Ilva, potrebbero andare anche alla raffineria dell'Eni, vengono sottratti alle risorse previste dall'art. 54 del Decreto Sviluppo che finanzia investimenti in rinnovabili ed efficienza energetica».

Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola ha invece risposto a quanto dichiarato ieri dal presidente  di Confindustria, Giorgio Squinzi, al programma La telefonata di Maurizio Belpietro di Mattino5. «Squinzi è un po' disinformato sulle vicende della siderurgia - ha detto Vendola - I cittadini invece si aspetterebbero un'assunzione di responsabilità da parte del sistema di impresa. Le questioni che occupano la magistratura penale tarantina sull'Ilva non hanno infatti a che fare con la tendenza della Regione Puglia a normare e fare leggi che vanno oltre limiti delle direttive comunitarie o delle norme nazionali. Avremmo piuttosto preferito che il presidente della Confindustria, con i suoi associati condividesse con noi un ragionamento, una riflessione su quanto sta accadendo a Taranto. Il problema infatti non è "la complicazione burocratica normativa del Paese" e neanche aver violato la normativa regionale. Il problema è che un giudice penale osserva, a prescindere dalla legislazione vigente, che quelle produzioni sono produzioni realizzate con modalità dannose per la salute. Su questo dovrebbe interrogarsi Squinzi. Se quelle emissioni sono dannose per la salute umana, secondo il giudice penale, bisogna intervenire per ambientalizzare oppure no? Ecco, noi ci saremmo aspettati una riflessione su questo. Vorrei dirlo chiaramente a Squinzi. Noi abbiamo bisogno dell'industria, ma anche di ambientalizzarla. Anzi, noi ci aspetteremmo che le stesse imprese si ambientalizzassero a prescindere dalla giustizia penale e dalla legislazione vigente. Solo così, con questa consapevolezza moderna e innovativa, si può proseguire insieme verso uno sviluppo che coniughi diritto alla salute e diritto al lavoro. Noi abbiamo fatto il nostro dovere, imponendo le leggi antidiossina, antibenzoapirene e anti-polveri sottili. Noi abbiamo fatto il nostro dovere di fronte ad un ritardo del legislatore nazionale e se il legislatore nazionale fosse stato più solerte nel capire che è giunto il tempo in cui la vita umana, la salute, la qualità dell'ambiente non possono essere agnelli sacrificati sull'altare del profitto, ma contenuti forti di un nuovo modello di sviluppo, probabilmente la magistratura non avrebbe operato nella maniera traumatica che conosciamo. La salute e l'ambiente sono beni assoluti e un sistema di impresa responsabile, prima di denunciare aggravi burocratici, deve chiarire come e quando intende eliminare i rischi per la salute umana».

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