[06/09/2012] News

La grossa grana della base militare coreana di Jeju e il World conservation congress Iucn

Molte associazioni e comitati di cittadini, capeggiati dall'"Emergency action committee to save Jeju Island" hanno chiesto all'"International union for the conservation of nature (Iucn)" di rimandare o annullare il suo "World conservation congress" iniziato ieri nell'isola sudcoreana e comunque di disapprovare alcuni progetti del governo di Seoul. Tra questi, c'è la costruzione di una grossa base navale proprio a Jeju e la caccia alle balene per fini "scientifici" autorizzata dalla Corea del sud e dal progetto di "recupero" dei Quattro Fiumi.

L'Iucn ha cercato di placare le proteste dichiarandosi ad un dialogo aperto con Ong e comitati durante il suo ed ha detto che «collabora con il Cometato organizzativo coreano per dialogare con tutti i gruppi e per trattare le loro preoccupazioni durante il meeting di Jeju», ma gli 8.000 delegati, che fino al 15 settembre parteciperanno al più importante appuntamento mondiale sulla salvaguardia della natura, probabilmente dovranno fare i conti per tutto il meeting con l'imbarazzante contraddizione  di essere ospitati in una delle più belle isole del mondo dove si vuole realizzare un progetto devastante a soli 250 metri da Tiger Island, una riserva della biosfera dell'Unesco. Gli ambientalisti hanno già documentato la presenza di uno spettacolare "giardino" di enormi coralli, esteso su  7,4 ettari, a meno di un miglio da dove fervono i distruttivi lavori per la base militare.

A ricordare tutto questo ai delegati del World conservation congress sarà il combattivo Emergency action committee to save Jeju Island che ha già tempestato l'Iucn di lettere e petizioni e che ha organizzato ed organizzerà numerose manifestazioni per rivelare cosa si cela dietro la facciata "green" del governo sudcoreano.  Secondo gli attivisti sudcoreani «La leadership Iucn rifiuta ancora di criticare la distruttiva base navale coreana, anche se i lavori di costruzione stanno uccidendo rari coralli molli, numerose specie in via di estinzione (incluse nella Lista Rossa Iucn), e distruggono i mezzi di sussistenza delle comunità indigene. Questa presa di posizione dell'Iucn è in contraddizione con la sua missione tradizionale: preservare l'ambiente naturale e un "mondo giusto"». La gigantesca base navale sudcoreana in costruzione vicino al villaggio di Gangjeong, definito il "gioiello" della Corea del sud è destinata a diventare un home-port per le navi da guerra sudcoreane e statunitensi dotate di missili, il tutto in un'area nevralgica a 300 miglia dalla Cina, ma soprattutto minaccia una delle ultime grandi barriere di coralli molli del pianeta ed altri tesori rarissimi tesori naturali. Le comunità di contadini e pescatori dell'isola e gli abitanti del villaggio Gangjeong stanno protestando da anni contro il progetto di base militare e a a Jeju la repressione della polizia sudcoreana contro i movimenti ambientalisti e civici e quotidiana e spesso brutale. «Tali attività rappresentano tutto quello a cui l'Iucn si è sempre opposta» scriveva in una lettera l'Emergency action committee to save Jeju Island, ma l'Iucn ha scelto di fare comunque il suo Congresso in un'isola dove lo scontro sull'ambiente è fortissimo.  La rabbia degli attivisti contro la leadership Iucn è esplosa quando il 22 agosto è arrivata una lettera ufficiale che informava gli abitanti dei villaggi indigeni che la loro richiesta di realizzare un piccolo stand Informativo al World conservation congress era stata respinta, mentre decine di stand venivano concessi ad aziende e ad altre Ong.  

Gli attivisti di Jeju pensano, probabilmente a ragione, che dietro questo atteggiamento dell'Iucn ci sia lo zampino del governo sudcoreano che ospita e finanzia il World conservation congress, sospetti aumentati dopo che la direttrice generale dell'Iucn, Julia Marton-Lefevre, ha elogiato le politiche ambientali di Seoul, compresa la Valutazione di impatto ambientale per la base navale militare e il famigerato progetto "Four Rivers Restoration" che prevede lo spostamento, la cementificazione e la canalizzazione di quattro fiumi, la costruzione di dighe ed estesi dragaggi per favorire il business. I primi lavori del progetto hanno avuto effetti devastanti: in quattro anni la popolazione di uccelli migratori, compresa la gru dal collo bianco (Grus vipio) in molte aree si è ridotta di due terzi e i fiumi "bonificati" s sono riempiti di alghe e liquami. Il recente summit della Convenzione di Ramsar di luglio a Bucarest ha assegnato a questo devastante progetto Four Rivers il "Grey Globe Award", classificandolo tra i cinque peggiori progetti realizzati nelle zone umide in tutto il mondo.  Gli ambientalisti sudcoreani accusano sia la Marton-Lefevre che il presidente dell'Iucn Ashok Khosla di non aver mai condannato questi attacchi alla natura e nemmeno  «I pestaggi della polizia e gli arresti dei manifestanti indigeni del villaggio di Gangjeong che stanno cercando, ogni giorno, di proteggere i tesori della natura dalla distruzione»,  che poi dovrebbe essere  quello che fa l'Iucn.

Ma perché questo silenzio della leadership Iucn? Secondo l'Emergency action committee to save Jeju Island  si tratterebbe più di una questione finanziaria e politica che di conservazione della natura o di giustizia sociale: «Una grande percentuale dei costi di tale convenzione Wcc a Jeju è coperta dalle stesse persone che costruiscono la base militare. Si tratta del governo coreano e di diverse gigantesche corporation globali,  in particolare la Samsung. Avendo accettato il finanziamento, è difficile criticare i finanziatori». 

L'Iucn è sotto accusa anche per aver concesso al governo sudcoreano, attraverso il "Korean organizing committee of the 2012 Wcc", presieduto dall'ex primo ministro Lee Hongkoo, uno dei più accesi supporter della base militare, di approvare o meno la presenza al Wcc Iucn delle organizzazioni della Corea del sud che vogliono presentare punti di vista alternativi e se concedere o meno di intervenire nei vari meeting e forum del Congresso, anche quando sono invitati a farlo dalle altre organizzazioni o dalla stessa Iucn. Comunque, in nessuno degli incontri principali è previsto che si parli della base navale di Gangjeong o del fallimentare progetto dei Quattro Fiumi.

Gli ambientalisti sudcoreani chiedono una nuova Valutazione di impatto ambientale che tenga conto della presenza delle barriere di coralli molli e della presenza di una popolazione locale di tursiopi del Pacifico, la fine del progetto dei Quattro Fiumi e il ripristino delle zone umide pre-esistenti per salvare l'avifauna migratrice e i rari  anfibi rari che vivono nell'area.  

Il governo sudcoreano ha detto che non permetterà nessuna dimostrazione o picchetti di protesta all'interno di una "zona rossa" di 2 Km intorno al Congresso Iucn. Ma il veto potrebbe essere aggirato: diversi gruppi di membri dell'Iucn hanno (a bassa voce) invitato i leader delle Ong locali a partecipare ad alcuni seminari per raccontare la storia Gangjeong. 

In un ultima lettera l'Emergency action committee to save Jeju Island Infine, chiede che «Tutti i membri dell'Iucn approfittino di questo momento per valutare ciò che sta accadendo a Jeju e di avviare un processo di auto-esame istituzionale, mettendolo in discussione e ri-organizzandolo. Nessuno di noi può permettersi di perdere la leadership morale ed etico di una delle più grandi organizzazioni del mondo. Dobbiamo fare tutto quel che è necessario per assicurare che l'Iucn faccia rivivere il suo mandato storico di mettere la natura al primo posto e di proteggere la giustizia sociale». 

La direttrice dell'Iucn ha risposto con una lettera aperta agli attivisti di Save Jeju Island nella quale ammette che «L'Iucn ha costantemente sostenuto la richiesta del comitato del villaggio di Gangjeong di avere un stand al Congresso. Purtroppo la nostra raccomandazione non è stata approvata dai nostri on-site partners». Comunque secondo la Marton-Lefèvre «I membri del Comitato di villaggio e anzi chiunque sia interessato a qualsiasi problema di salvaguardia nella Repubblica di Corea o altrove, sono invitati a registrarsi ed a partecipare agli eventi dei Forum del nostro Congresso, per condividere informazioni e partecipare a un dibattito costruttivo. Capisco che ci saranno diversi eventi del Congresso in cui le preoccupazioni riguardanti il progetto della base navale di Jeju non potranno essere discusse, ma i delegati interessati possono visitare il sito di Gangjeong, vedere l'area  e partecipare a uno degli eventi organizzati lì dal Comitato di villaggio. Altre questioni attinenti alla tutela coreana, tra le quali  il progetto Quattro Fiumi e la bonifica delle zone umide e di marea saranno affrontate anche al Congresso, insieme a centinaia di altri temi ambientali di tutti gli angoli del mondo». L'Iucn ha incaricato i suoi 31 membri sudcoreani di occuparsi dei problemi sollevati dagli ambientalisti e di presentare una relazione al Congresso. La Marton-Lefèvre  sottolinea che «L'Iucn è una democrazia aperta» ma che ha regole precise che riguardano i suoi aderenti, poi risponde al comitato di Save Jeju Island: «Come osservato in precedenti dichiarazioni né io, né l'Iucn abbiamo mai sostenuto o lodato i progetti dei Quattro Fiumi o della base navale di Jeju, quelle che mostrano questo sono o citazioni e traduzioni non corrette tratte dai media coreani. L'Iucn si è offerta di condurre conservation assessments sia per il Four Rivers project che per la base navale di Jeju, ma non ci è stato chiesto di farlo in entrambi i casi. L'Iucn non prende una posizione su qualsiasi progetto o problema senza una solida base scientifica per poterlo fare farlo e lo stesso vale per questi casi. Tutti sono liberi di commentare pubblicamente questi ed altri temi sui nostri siti di social media, così come promosso fortemente in tutti i nostri siti web e di comunicazione. Nel corso degli ultimi 3 anni abbiamo avuto un'ottima collaborazione con i nostri numerosi partner coreani per la preparazione del Congresso. L'Iucn vuole portare tutte le parti ad affrontare insieme i problemi della conservazione fondati su riscontri scientifici, evitando il dogma politico, e in uno spirito di collaborazione e di costruttivo dibattito».

Ma fino ad ora questo dibattito a Jeju è stato scandito dalle manganellate (molto poco scientifiche) della polizia sudcoreana contro gli ambientalisti e la popolazione. 

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