[04/09/2012] News toscana

Taranto, Piombino, Italia: la siderurgia senza una politica industriale

Su Taranto grava il problema delle emissioni fuori dalla norma, malattie accertate e morti dovute all'enorme inquinamento con il conseguente pericolo della chiusura degli impianti. A Piombino, il fallimento dell'azienda e la chiusura degli impianti è quasi certa.

A Taranto gli impianti si possono ambientalizzare o almeno far rientrare le emissioni nelle norme di accettabilità. Gli strumenti e le tecnologie non mancano, è solo un problema di costi. Si possono schermare e anche coprire i carbonili e i parchi minerali, adottare cappe di aspirazione sullo sfornamento della cokeria, interventi per prevenire e controllare le perdite da questo impianto, nuove cappe di aspirazioni all'acciaieria per captare i fumi del cosiddetto fenomeno "slopping", ridurre drasticamente le emissioni dell'agglomerato ecc.

A Piombino, cittadini, comitati e associazioni ambientaliste sono riuscite negli anni passati a smuovere le istituzioni e ottenere notevoli miglioramenti della qualità dell'aria, ottenendo modifiche impiantiste significative. Inoltre, la parte più vecchia e inquinante della cokeria è stata fatta chiudere con un atto d'imperio da parte del sindaco a cui va riconosciuto un pò di coraggio rispetto ad altri amministratori.

La concentrazione di Benzo(a)Pirene è diminuita di 40 volte dal 1999 ad oggi (da oltre 20 nanogrammi per metro cubo a 0,7). Rimangono ancora irrisolti numerosi problemi non tutto è pienamente soddisfacente e funzionante ma quest'esperienza dimostra che è possibile raggiungere dei grossi risultati, con investimenti economicamente compatibili.

Il problema di fondo, di un comune vizio di origine, in questi mesi convulsi, non è affatto affrontato. Perché la siderurgia italiana si trova ad affrontare queste crisi che possono portare al suo tracollo, perché in questi ultimi decenni non c'è stata un'evoluzione di processo e di prodotto?

Se facciamo la fotografia della situazione attuale, vediamo che in Italia ci sono numerose piccole aziende incapaci di investire in ricerca e sviluppo e più grandi stabilimenti in forte crisi. Si salvano delle eccellenze altamente innovative, ambientalizzate e tecnologicamente avanzate come la Arvedi, che comunque resta un'azienda ancora troppo piccola e poco diversificata per reggere nel futuro tutte le turbolenze dei mercati, dominati da grandissime società.

La siderurgia italiana soffre di arretratezza e negli ultimi decenni ha avuto un'enorme involuzione. Ritengo che con la privatizzazione della Finsider si siano create le condizioni per la crisi di gran parte degli stabilimenti.

Parallelamente in altri paesi europei la privatizzazione della siderurgia pubblica è stata l'occasione di evoluzione e rilancio. Negli stessi anni in cui in Italia si regalavano a privati pezzi di Finsider, senza nessuna logica industriale, ad esempio, in Austria si privatizzava senza smembrare, anzi attirando nel gruppo pubblico i vari privati che erano soprattutto gli utilizzatori per le seconde lavorazioni e questi hanno investito e ricapitalizzato l'azienda Voestalpine. Lo stato è rimasto ancora tanti anni all'interno della società per indirizzare alla modernizzazione e all'acquisizione di parti della filiera produttiva e commerciale. Insomma in Austria c'era un'idea di politica industriale, in Italia ha prevalso la logica spartitoria clientelare condita con l'ideologia liberista dello stato che si doveva ritirare dalla produzione e lasciar fare al mercato.

Così adesso La Voestalpine è un'azienda leader in Europa, fortemente in attivo, estremamente diversificata, una holding in cui la produzione primaria è una parte piccola del tutto. Per dare un'idea, nella produzione primaria relativamente piccola, con poco più di 7 milioni di tonnellate ci lavorano circa 7.000 addetti ma il gruppo occupa quasi 50.000 addetti in 360 società di produzione, vendita e servizi in oltre 60 paesi in tutto il mondo.

Così il Gruppo Voestalpine è un'azienda capace di investire nell'esercizio sociale 2011/12, 132 milioni di euro per ricerca e sviluppo, con attenzione all'aggiornamento professionale dei dipendenti, salute e sicurezza. Spende circa 32 milioni di a favore di specifici interventi per l'ambiente, più 212 milioni di euro, di spese correnti per il funzionamento e manutenzione dei sistemi di protezione ambientale. Nel complesso, il Gruppo ha speso, solo quest'anno, circa 244 milioni di euro per le misure direttamente associate a questioni ambientali (di cui circa 10 milioni per la riduzione della CO2).

Altre aziende siderurgiche europeee sono in grado di reggere le difficoltà della crisi ad esempio la ThyssenKrupp che produce, non solo acciaio di qualità, inossidabile, tecnologia e materiali innovativi per l'industria navale, chimica, mineraria, automobilistica e ferroviaria; ma anche ascensori, scale mobili e in uno stabilimento a Ferrara (Berco) trattori e macchine movimento terra.

Si nota che non è tanto la quantità della produzione, la grandezza dell'azienda che permette di stare sul mercato, ma l'estrema diversificazione, l'unitarietà della filiera produttiva, la ricerca, l'innovazione di prodotto e di processo.

In Italia La Finsider poteva percorrere una strada simile alla Voestalpine, anche partendo da posizioni di maggior favore, con stabilimenti sui porti e una siderurgia nazionale più sviluppata. Si sarebbero potuti associare i vari piccoli, medi produttori ed utilizzatori ed oggi avremmo potuto avere una siderurgia economicamente sana, innovativa e pulita.

Purtroppo nel 1992 il governo Amato ha messo in atto quella sciagurata privatizzazione con il sostegno di tutto il mondo politico che affermava che il privato avrebbe rilanciato l'economia. Si diceva anche allora che l'Europa ce lo chiede e che sarebbe bastato levare di mezzo i "boiardi di stato", le corruzioni e le clientele politiche, l'eccessivo potere dei sindacati, e le industrie avrebbero decollato. A Piombino si diceva che Lucchini avrebbe portato su questo territorio gli investitori del bresciano con nuovi impianti di seconde lavorazioni.

Abbiamo assistito invece al fallimento del neo-liberismo, ad aziende che non hanno investito in innovazione e in casi sporadici hanno investito in ambiente solo quando sono state costrette. I vari in-prenditori beneficiati dallo stato hanno munto gli impianti nei periodi di vacche grasse e ora il paese sta rapidamente impoverendosi.

Si può invece notare che la siderurgia europea (e non solo) ha una sola possibilità: fare "sistema" con i lavoratori, il territorio, le università e le altre aziende. Soprattutto è indispensabile che lo stato funzioni e la politica sia sana.

Quando un governo decide di regalare le proprie aziende in realtà decide che queste non hanno valore e le condanna al degrado ambientale e sociale, alla probabile chiusura.

Esiste una speranza e si chiama "politica industriale" ma di questo termine tutti si sciacquano la bocca ma nessuno propone qualcosa di concreto. Capisco che non sia semplice intervenire, in Germania esiste una potente struttura statale, il ministero del lavoro ha dodici sottosegretari con apparati di ricerca in ogni settore per capire le prospettive di mercato e d'innovazione.

Comunque credo che una prospettiva sia di fare in modo che le aziende siderurgiche mettano insieme le forze, si riannodino le filiere di produzione, si ricerchino alleanze o fusioni societarie per raggiungere una dimensione necessaria a fare investimenti in ricerca e innovazione. Sicuramente la soluzione non sta nel cercare di risolvere i problemi solo azienda per azienda.

Torna all'archivio