[24/08/2012] News

La Cina in Africa: «Non siamo neocolonialisti». Accuse alla nuova presenza Usa nel continente

La vera sfida č quella della corsa alle risorse

La Cina respinge con sdegno le crescenti accuse di neo-colonialismo che le vengono fatte per lo sfruttamento delle risorse dell'Africa, ma Pechino lo fa rispolverando vecchi argomenti propri del neo-colonialismo: le accuse sarebbero ingiuste perché starebbe realizzando importanti opere per contribuire allo sviluppo del continente e che andrebbero a beneficio dei popoli africani. Ma le critiche si basano proprio sullo stretto rapporto degli investitori cinesi con regimi che spesso non hanno niente di democratico e che non pensano certo sul benessere dei loro popoli. E' lo scambio tra risorse naturali e minerarie e l'appoggio incondizionato a regimi spesso formati da cricche cleptomani a far gridare al neo-colonialismo cinese e a dare fuoco alle polveri alle crescenti proteste nelle aree minerarie dove operano imprese cinesi in un regime praticamente extraterritoriale.

Ma Sun Zhenyu, presidente della Società cinese per gli studi sull'Organizzazione mondiale del commercio, intervenendo al secondo summit sugli investimenti stranieri all'estero, ha detto che «alcuni Paesi propagano voci secondo le quali la Cina conduce un saccheggio colonialista delle risorse dell'Africa o un cosiddetto "neocolonialismo". Si tratta di un'accusa ingiusta. Durante più di un secolo, le esportazioni africane di petrolio verso la Cina hanno rappresentato il 13% del totale del continente, mentre quelle destinate agli Stati Uniti ed all'Unione Europea si sono rispettiva mente collocate al 30% ed al 37%».

Poi Sun Zhenyu è passato ad enumerare i meriti infrastrutturali (come facevano i fascisti italiani in Libia, Somalia ed Abissinia e i colonialisti francesi, inglesi, portoghesi e spagnoli nel resto del continente) della Repubblica popolare cinese in Africa: «La Cina ha aiutato l'Africa a costruire più di 2.000 km di ferrovie,  3.000 km di strade, un centinaio di scuole ed una sessantina di ospedali».

Sun ha ammesso che «le imprese cinesi devono rispettare le leggi ed i regolamenti in vigore in Africa, perché delle pratiche irregolari avrebbero delle conseguenze negative e deteriorerebbero l'ambiente generale degli investimenti. Le imprese cinesi devono anche accordare un'attenzione particolare alla protezione dell'ambiente e trattare in maniera appropriata le relazioni con i lavoratori locali». Vengono subito in mente i molti cinesi continuamente coinvolti nei traffici illegali di avorio e di fauna e flora protetta e nei traffici di minerali preziosi, ma anche le rivolte anti-cinesi nelle miniere dello  Zambia e le accuse di inquinamento e di carso rispetto per l'ambiente rivolte sempre più spesso alle imprese minerarie ed alle industrie cinesi in Africa.

Detto questo, bisogna anche dire che la presenza cinese in Africa è sempre più forte e che il suo "neo-colonialismo" iper-pragmatico è fatto di un'altra pasta rispetto al neocolonialismo occidentale che punta a perpetuare il vecchio dominio, anche culturale.

Non è forse un caso che i cinesi guardino con preoccupazione alla ricomparsa in Africa di un altro Paese, gli Usa, che non ha mai avuto colonie sul continente (se si esclude lo strano caso del colonialismo di ritorno degli afroamericani in Liberia) ma che sta marcando nuovamente la sua presenza con un misto di attività politica ed interventi mirati (anche militari) che sembrano l'alternativa occidentale al neocolonialismo cinese.  

I cinesi hanno seguito (e continuano a discutere) con preoccupato interesse la recente visita in 11 africani a del segretario di Stato Usa Hillary Clinton che ha enunciato una strategia che si basa su quattro pilastri:  «Rafforzare le istituzioni democratiche, stimolare la crescita economica, incoraggiare il commercio e gli investimenti e promuovere lo sviluppo».

Le idee della Clinton hanno sollevato l'interesse di molti politici ed intellettuali africani, ma l'agenzia ufficiale cinese Xinhua riporta brani della lettera inviata al segretario di Stato Usa dal giornalista senegalese Adama Gaye che la accusa di non capire i problemi e di parlare di un'Africa che non esiste ancora: «Mi aspettavo che l'America esprimesse attraverso la vostra voce una comprensione autentica dei problemi del continente al fine di risolverli. Avete agito come un politicante».

Anche un altro senegalese, Doudou Ndiaye, un economista ambientale invitato gli africani a non fidarsi della Clinton perché «i suoi discorsi hanno l'obiettivo di far man bassa delle risorse africane. Volendo addormentare gli africani sullo sfruttamento delle loro risorse da parte della Cina, la signora Clinton si è tirata una pietra sul piede. Come il suo marito, l'ex presidente americano Bill Clinton, la segretaria no comprende l'Africa. Attaccando la Cina, primo partener economico dell'Africa, Hillary Clinton ha dimenticato che gli africani non credono più all'Africain Growth and Opportinuty Act (Agoa). Il suo prolungamento annunciato dalla signora Clinton prova che gli operatori economici africani si sono scrollati dalle spalle questo programma molto selettivo».

I cinesi scrivono su Xinhua che «a Dakar, la segretaria di Stato americana ha fatto un tour nel centro città per interrogare la popolazione sui partner sui quali conta. Senza esitare hanno risposto su Paesi asiatici come la Cina. Di fronte alle numerose contrarietà del Millenium Challenge Account (Mca), gli africani hanno scelto una partnership win-win con dei Paesi che, come sovrapprezzo, non si erigono a dare delle lezioni».

Possibile che i cinesi non capiscano che c'è una differenza tra l'ingerenza di stile occidentale e la complicità con regimi inguardabili? Possibile che non capiscano che del neocolonialismo del quale vengono accusati i fa parte anche questa propaganda e questo "acquisto" di intellettuali che sono il contraltare del colonialismo occidentale?  

Forse la Clinton non avrà conquistato i cuori ed i cervelli degli africani, ma Pechino sembra molto indietro su tre tematiche enunciate dagli Usa: lotta all'estremismo radicale islamico, contrasto ad epidemie come l'Aids e tecnologie per lo sviluppo, tutti sinonimi di progresso civile e sicurezza che affascinano ancora un continente arretrato ed insicuro. 

 

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