[20/08/2012] News

Il “pasticciaccio” dell’Ilva: quando la sostenibilità non è programmata

Ferrante (Pd): «I chiarimenti dei giudici smorzino le polemiche. Prezioso il ruolo dei magistrati»

Il Tribunale del Risesame «ritiene che le modalità esecutive del sequestro, in concreto, non possano che essere individuate dagli stessi custodi-amministratori sulla base delle migliori tecnologie disponibili e attuate sotto la supervisione del pm procedente quale organo dell'esecuzione all'esclusivo fine dell'eliminazione della situazione di pericolo». È quanto si legge nelle motivazioni del Tribunale del Riesame sul ricorso dell'Ilva contro le decisioni del gip del 25 luglio scorso, che disponevano il sequestro di alcuni impianti dello stabilimento siderurgico tarantino. Le motivazioni sono state depositate stamani.

Di fatto, l'Ilva diventa garante del rispetto della legge per quanto riguarda le emissioni in forza delle «migliori tecnologie» disponibili. Nelle stesse motivazioni si legge però che le modalità di gestione dell'Ilva di Taranto sono state tali da produrre un "disastro doloso": «azioni ed omissioni aventi una elevata potenzialità distruttiva dell'ambiente [...] tale da provocare un effettivo pericolo per l'incolumità fisica di un numero indeterminato di persone».

Quanto scrive il Tribunale del Riesame è dunque uno degli ultimi passaggi di una vicenda nella quale la sostenibilità ambientale non è stata affatto considerata, programmata e pensata all'interno di una politica industriale nazionale. Quel che è venuto fuori, dopo anni di tanti silenzi, anche da parte della politica, è un pasticcio sia gestionale che ambientale, con una riconversione a produzioni di qualità mai progettata.

L'azienda non può che essere soddisfatta dalla decisione dei giudici. «Le motivazioni relative al provvedimento del Tribunale del Riesame di Taranto sul sequestro di alcune aree dell'Ilva, depositate oggi, chiariscono una volta per tutte che non c'è alcun obbligo di chiusura dello stabilimento»: è quanto ha  affermato il senatore del Partito Democratico Francesco Ferrante. «Una decisione equilibrata perché non prevede esplicitamente la facoltà d'uso dell'impianto. Questo - sottolinea Ferrante - non significa affatto che lo stesso debba chiudere, ad avviso dei magistrati, ma invece richiede ai custodi di procedere con tutti i passaggi necessari a risanare l'azienda».

«Ci auguriamo che i chiarimenti forniti dalle motivazioni dei giudici - conclude l'esponente Pd - che evidenziano un approccio positivo teso a bonificare un'area altamente compromessa, smorzino le polemiche di queste ultime settimane, si riconosca da una parte il prezioso ruolo dei magistrati che svolgendo le indagini stanno consentendo l'accertamento di reati e comportamenti inaccettabili troppo a lungo tollerati, e dall'altra Governo ed enti locali fissino i giusti paletti a difesa dell'ambiente e della salute per consentire la produzione di acciaio a Taranto e in Italia».

Ma se Ilva è convinta ad andare avanti per evitare la chiusura, quelle misure di contenimento degli impatti ambientali devono essere attivate da subito senza tentennamenti o rinvii. E devono diventare sistema (nel rispetto delle direttive europee), come succede in altri paesi europei dove viene prodotto l'acciaio senza provocare quei danni che nel corso degli anni sono stati inferti al territorio e alla popolazione tarantino.

Serve dunque un cambiamento, e serve subito. A dirlo, in assenza di un progetto di sviluppo sostenibile, è sempre il Tribunale del Riesame che nel frattempo ha "ricucito" la spaccatura con il Governo, pronto a chiedere l'intervento della Corte Costituzionale per un presunto conflitto di attribuzioni. «La scelta tra importanti e complesse scelte di politica aziendale volte, da un lato, all'eliminazione della fonte delle emissioni inquinanti (con la rimodulazione dei volumi di produzione e della forza occupazionale), dall'altro invece al mantenimento dell'attività produttiva dello stabilimento, soltanto dopo averla resa compatibile con l'ambiente e la salute dei cittadini e dei lavoratori, anche al prezzo di onerosissimi esborsi finanziari, si pone oramai in termini di ineludibilità e urgenza per il gestore, in considerazione della peculiare complessità del ciclo produttivo e degli impianti, che necessitano di un tempestivo intervento».

Non sarà un progetto di politica industriale, ma almeno è un punto di partenza per guardare alla sostenibilità ambientale e al contenimento degli impatti ambientali di questi settori di attività in una prospettiva a lungo termine.

 

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