[16/08/2012] News

La sostenibilità procede insieme alla ricerca e alla formazione: il monito di Napolitano

Una caratteristica del pensiero dogmatico, forse la principale, è che non sono previsti dubbi. Non ci sono incertezze o coni d'ombra: la risposta è sempre netta, facile, ed immutabile in ogni situazione. Così, se la spesa pubblica presenta conti troppo salati, che in tempo di crisi la comunità non può più permettersi, l'importante è tagliare. Per molti non sembra essere troppo importante cosa, o dove. D'altronde, il particolare contesto nel quale si va ad operare è oltremodo importante per non essere tenuto in debita considerazione. Se la tenuta sociale non è al limite poco ci manca, e ogni scivolone potrebbe costare caro.

Il presidente della Repubblica, dopo aver dato il via libera definitivo nei giorni scorsi alla spending review del governo, ci tiene a far sapere il suo parere sul provvedimento (dopo, ma è meglio di niente): «In sede di revisione del complesso della spesa pubblica - scrive Giorgio Napolitano nella nota - si effettuino scelte equilibrate, sostenibili socialmente». Proprio quando in Italia si parla di sostenibilità (se se ne parla) essenzialmente per vie distorte, quelle che presumono una contrapposizione tra l'ambiente e il diritto al lavoro - e da questo punto di vista osservano la vicenda dell'Ilva di Taranto - il presidente Napolitano mette a fuoco un'altra forma di sostenibilità, quella sociale.

Se qualcosa è possibile imparare da come è stata gestita l'evolversi dell'Ilva (e cioè malissimo), è proprio che sostenibilità sociale, ecologica ed economica possono solo procedere insieme, o rimanere insieme al palo. Lungi dall'essere contrapposte tra loro, queste tre facce di un unico prisma vanno osservate insieme: senza sostenibilità economica non c'è possibilità o volontà di fare investimenti per migliorare quella sociale, senza la quale quella ecologica passa inderogabilmente in secondo piano, peggiorando a sua volta la sostenibilità economica e soprattutto sociale. È solo un modo possibile di procedere nel ragionamento, ma non ci smuove dalla classica immagine del cane che cerca stupidamente di mordersi la coda.

La sfida della complessità impone alla politica di affrontare insieme le molteplici sfaccettature di quest'unico nodo, o continueremo a farci trascinare dagli eventi. D'altra parte, è il contesto stesso in cui viviamo a richiedere risposte ponderate, ma urgenti. L'ultima in ordine di tempo a cercare di inquadrarne la gravità è la Cgia di Mestre: lo studio dell'associazione sottolinea che, se negli ultimi dieci anni gli italiani hanno dovuto far fronte ad un costo della vita in aumento del 24%, le «tariffe pubbliche hanno subito aumenti vertiginosi». Acqua, gas, raccolta rifiuti, biglietti ferroviari, pedaggi autostradali: gli aumenti oscillano attorno al 50%. «Questa impennata dei prezzi - nota Giuseppe Bortolussi, il segretario Cgia di Mestre - va ricondotta al costo sempre più crescente registrato dalle materie prime, in particolar modo dal gas e dal petrolio, all'incidenza delle tasse e dei cosiddetti oneri impropri, che gonfiano enormemente le nostre bollette, e ai modestissimi risultati ottenuti con le liberalizzazioni che non hanno portato alcun vantaggio nei trasporti».

Proprio il crescente costo delle materie prime offre un punto di privilegiato dal quale osservare l'intreccio della sostenibilità. Per sperare di costruire una soluzione al problema è necessario procedere su tutti e tre i fronti della sostenibilità: indirizzare la macchina economica verso un minore e più efficiente consumo di risorse, puntare sulle energie rinnovabili come sullo sfruttamento dei giacimenti urbani di materie prime seconde tramite il potenziamento del riciclo... sono tutti aspetti di una possibile risposta, quella della conversione ecologica dell'economia, verso un nuovo paradigma che offra posti di lavoro, una più equa distribuzione delle risorse ed una tutela del capitale umano e naturale esistente.

Anche per questo non è meno preziosa la seconda parte del monito di Napolitano, che chiede scelte «coerenti con la necessaria priorità degli investimenti per l'innovazione, la ricerca e la formazione», elementi fondamentali perché il cambiamento di rotta auspicato diventi una realtà percorribile. Su questo punto, e dopo un furioso dibattito, al momento la prospettiva peggiore sembra allontanata (i tagli agli enti di ricerca sono soppressi per il 2012, e affidati al Miur per il biennio successivo), ma l'improvvisazione può andar bene in tempo di ferie agostane: senza una prospettiva politica di lungo periodo non si può sperare di andare da nessuna parte.

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