[14/08/2012] News

Le metropoli asiatiche verso il crack da rapido sviluppo economico

Inondazioni a ripetizione, cossali blackout elettrici, ingorghi di traffico inestricabili...  molte delle più grandi metropoli asiatiche sembrano prigioniere del loro stesso sviluppo economico, incapaci di "domarlo" perché incalzate dalla ingestibile migrazione dalle aree rurali e dalle condizioni meteorologiche estreme che stanno diventando sempre più la normalità.

Le inondazioni In Cina e nelle Filippine e Manila ed il blackout indiano hanno fatto riemergere la mancanza di una reale pianificazione strategica, di investimenti nelle infrastrutture di base e soprattutto una mancanza di volontà politica che ha trasformato le metropoli sovraffollate dell'Asia in organismi altamente vulnerabili alle pressioni dei cambiamenti climatici. Nell'ultimo anno la capitale tailandese Bangkok e quella filippina Manila sono state colpite dalle alluvioni più devastanti degli ultimi decenni, mentre l'India ha recentemente subito al mondo peggior blackout della sua storia causato da una crescente domanda di elettricità che fa i conti con una rete di distribuzione vetusta e caotica.

Situazioni che sembrano destinate ad aumentare con il crescente benessere in Asia, dove milioni di persone ogni anno escono  dalla povertà, ma anche dove la prevenzione e le risposte alle catastrofi sono ancora quelle da terzo mondo. Sun Sheng Han, un urbanista che lavora all'università australiana di Melbourne,  spiega all'Afp: «Se parliamo di fognature, strade o forniture di energia elettrica Molte città asiatiche sono in ritardo nel fornire infrastrutture. Al centro del problema c'è una mancanza di visione in una regione dove le politiche di sviluppo urbano riflettono una miscela di "obiettivi politici e le ambizioni economiche

A Bangkok, anni di brutale emungimento delle falde idriche sotterranee per soddisfare le crescenti esigenze delle sue fabbriche e dei 12 milioni di abitanti hanno richiesto un prezzo ambientale molto pesante, eppure, nonostante i continui avvertimenti, la città, costruita su paludi dove affonda lentamente, entro 50 anni rischia di sprofondare sotto il  livello del mare ed il suo boom edilizio non mostra alcun segno di cedimento, anzi, torri di appartamenti stanno spuntando come funghi nelle periferie cittadine. Una rapida urbanizzazione guidata dalla speculazione, che ostruisce i corsi d'acqua naturali e la scarsa manutenzione dei sistemi di drenaggio sono tra i come fattori principali delle inondazioni mortali che hanno colpito la capitale filippina Manila in questo mese. Alla periferia di Manila, importantissime  aree forestali sono state distrutte per far posto a insediamenti residenziali e ristoranti delle classi medio-alte. Intanto aumentano le superfici delle baraccopoli e le case di fortune vengono spesse costruite lungo le rive dei fiumi, fogne a cielo aperto, canali di scolo, dove i rifiuti si accumulano ed ostacolano il flusso delle acque.

Ma forse è l'India ad aver dimostrato la più preoccupante fragilità "da sviluppo", il blackout che per due giorni a luglio ha lasciato più di 600 milioni di persone e metà del paese senza elettricità è il segno che la domanda ha sopraffatto le rete di distribuzione. Una situazione che può solo peggiorare:  in India solo il 30% ella sua popolazione 1,2 miliardi di popolazione vive nelle città, una percentuale molto inferiore di quella della Cina, dove il 50,6% della popolazione è ormai urbana e del 70 - 80% dei Paesi più sviluppati, un trend verso il quale vanno inesorabilmente i Paesi asiatici emergenti. Entro il 2030 l'India rurale che conosciamo non ci sarà praticamente più: la sua popolazione urbana crescerà dagli attuali 377 milioni a  606 milioni.

Questo significa milioni di condizionatori, forni a microonde, lavatrici e altri elettrodomestici, simboli ambiti del benessere urbano e dell'ingresso nella classe media, che metteranno ad ulteriore prova il sistema energetico dell'India che non sembra pronto ad affrontare questo rapidissimo cambiamento demografico, economica  e sociale. Inoltre, secondo il McKinsey Global Institute, l'India per tenere il passo della crescita urbana avrebbe bisogno di realizzare 350 - 400 km di nuove metropolitane e ferrovie cittadine e 19.000 -25.000 km di strade all'anno.

Un'altra immensa metropoli indiana, Mumbai, brulica di 20.000 abitanti per chilometro quadrato che ne fanno una delle città più densamente popolate del mondo. I suoi treni suburbani trasportano sette milioni di passeggeri al giorno ed ogni anno più di 3.000 persone vengono uccise sulla rete ferroviaria, spesso perché cadono dalle porte aperte dei treni o perché vengono investiti mentre attraversano i binari che corrono all'interno di enormi baraccopoli. I treni suburbani sono così affollati che durante l'ora di punta è difficile respirare.

Anche Dacca, la capitale del Bangladesh, si trova ad affrontare gravissimi problemi infrastrutturali. Nel 2009 il governo verno aveva promesso l'avvio di una serie di ambiziosi progetti ferroviari, di servizi di autobus e costruzione di strade, ma la maggior parte sono ancora in fase di progettazione.

Shamsul Haq, della  Bangladesh university of engineering and technology, considerate il Massimo esperto di trasporti del Bangladesh, non sembra essere ottimista: «Dacca è già una città moribonda. Sta morendo velocemente e non vedo nessuna speranza su come si possa salvare».

Gli ingorghi stradali non sono certo un problema solo di Dacca e già in molte città si sta assistendo a quanto è accaduto e sta accadendo in Europa e negli Usa: le famiglie delle classi più agiate abbandonano le metropoli per trasferirsi in pù vivibili centri suburbani di nuova edificazione.

Per la capitale indonesiana Jakarta, in fondo alla classifica di  23 città stilata nel 2011 da Frost & Sullivan con un'indagine globale sulla soddisfazione dei pendolari, gli esperti prevedono che la sua rete obsoleta di autobus e la mancanza di una rete ferroviaria ne provocheranno la paralisi del traffico entro il 2014. Un famoso scrittore indonesiano, Dian Agustino, ha detto all'Afp: «Se nei prossimi cinque anni la situazione non cambia, mi trasferirò  a Bali per fare una vita più pacifica».

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