[10/08/2012] News

Le radiazioni ultraviolette B danneggiano gli ecosistemi marini

Il problema del buco nell'ozono "dimenticato"

E' noto che l'emissione di clorofluorocarburi ha eroso lo strato di ozono, aumentando la radiazione ultravioletta B incidente a livelli che influenzano gli esseri viventi, ma fino ad ora il  ruolo delle radiazioni ultraviolette Uvb (280-315 nm), che restano ancora elevate, come una possibile causa del deterioramento globale generalizzato degli ecosistemi marini non è stato ancora pienamente quantificato. Ci prova a farlo lo studio  "Impact of elevated UVB radiation on marine biota: a meta-analysis"  che valuta la sensibilità dei taxa marini rispetto ai raggi Uvb.

Il team di ricercatori cileni, australiani e spagnoli presenta su Global Ecology and Biogeography analisi che si basano su 1.784 valutazioni sperimentali degli impatti degli  Uvb eseguite con radiazioni naturali  su  organismi di diverse aree geografiche, così come con radiazioni artificiali ed organismi in coltura in molti laboratori di  tutto il mondo.

I ricercatori hanno prima analizzato gli studi pubblicati sulla valutazione sperimentale degli effetti degli Uvb sul biota marino, poi hanno condotto una meta-analisi è stata condotta con  i data set  ottenuti per valutare le risposte degli organismi  e dei processi marini a livelli avanzati e ridotti di Uvb.

Con maggiori radiazioni Uvb si osserva un forte aumento dei tassi di mortalità tra taxa marini. Secondo il team di ricerca, il rapporto generale tra le variazioni delle dosi di Uvb e la mortalità degli organismi «Può aiutare a valutare gli effetti delle variazioni della radiazione incidente Uvb  (passate, presenti  o future) sugli organismi marini».

Moira Llabres della Facultad de ciencias biológicas della Pontificia universidad católica del Cile, sottolinea che è la prima volta che è stato calcolato l'effetto degli Uvb sulla salute degli ecosistemi marini: «Nel nostro studio, la mortalità è la risposta biologica che ha mostrato la maggiore sensibilità alle radiazioni Uvb. La radiazione ultravioletta B ha causato un forte aumento dei decessi tra piante e animali marini. E' noto che le radiazioni Uvb mettono in pericolo la fotosintesi, l'assorbimento dei nutrienti, la crescita e tassi di riproduzione in alcune specie, ma questo pensiamo che sia il primo tentativo di quantificare il danno che fanno per gli ecosistemi marini. Gli organismi più colpiti sono i protisti, e alghe, i coralli, i crostacei e larve e uova di pesci. I raggi Uvb rappresentano una grande minaccia per la vita del mare, perché incidono sugli ecosistemi marini dal basso verso l'alto della catena alimentare».

L'attenzione sugli oceani di molti scienziati si è concentrata sugli effetti del global warming, dell'acidificazione e sull'l'eutrofizzazione, ma la Llabres ha detto a Bbc Nature che  «L'evidenza suggerisce che le radiazioni Uvb, che sono aumentate a causa dei danni allo strato di ozono, possono essere un importante e trascurato fattore alla base del declino: l'abbondanza del il krill tra il 1970 e il 2003 è diminuita di 60 volte nell'Oceano meridionale, mentre la radiazione Uvb sono  aumentate  notevolmente durante questo intervallo di tempo. Il declino dei coralli in zone tropicali e subtropicali è coerente con i livelli aumentati di Uvb, quindi l'incremento della temperatura dell'acqua non può essere l'unica causa di questo declino. Anche le alghe sono sensibili ai raggi Uvb, il che è significativo perché sono "produttori primari del mare". Non credo sia difficile distinguere gli effetti delle radiazioni Uvb da quelli dell'acidificazione e dell'eutrofizzazione, ma tutti questi fenomeni sono strettamente correlati e molto probabilmente agisco insieme attraverso sinergie».

Gli scienziati pensano che il buco nello strato di ozono sia stato accantonato troppo presto dall'agenda ambientale internazionale, dopo il successo del Protocollo di Montreal, l'accordo del 1987 per l'eliminazione graduale delle sostanze che danneggiano lo strato di ozono, come i clorofluorocarburi (Cfc).

La Llabres sostiene che «Il protocollo di Montreal è riuscito a evitare un ulteriore deterioramento dello strato di ozono ed ha stabilito le basi per il suo recupero, ma questa ripresa non è ancora avvenuta. Questa idea è sbagliata è sorprendente, date le prove che alti livelli di Uv continuano ad avere effetti sulla salute umana, come il cancro della pelle e i danni oculari».

Secondo i dati della Nasa, nel 2011 c'è stato il record di diminuzione dell'ozono sopra l'Artico e il buco sopra l'Antartide ha raggiunto il suo massimo solo nel 2006. Nonostante il bando dei Cfc  ci vorranno decenni prima che l'ozono torni ai suoi livelli precedenti, anche perché gran parte dei Cfc rimarranno nell'atmosfera per mezzo secolo, quindi i danni potrebbero non essere evidenti per molto tempo dopo il loro rilascio

La Llabre conclude: «Credo che ulteriori indagini dovrebbero concentrarsi sugli effetti degli Uvb sugli ecosistemi marini perché in realtà livelli elevati di radiazione Uv continuano a raggiungere la biosfera.  Sarà fondamentale sapere come le radiazioni Uvb influiscono sulla predazione tra gli organismi nelle comunità marine».

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