[08/08/2012] News

Giusto caratterizzare l'Expo sul tema dell'acqua, ma per agire non aspettiamo il 2015

Massimo Gaggi sulle pagine del Corriere della Sera lancia una proposta interessante: perché non caratterizzare l'Expo 2015 sul tema della risorsa idrica, considerato che al grande evento che si svolgerà a Milano, si parlerà tra l'altro di sviluppo sostenibile e alimentazione, argomenti interconnessi a quello dell'acqua?

«Potrebbe essere il luogo giusto dove provare a far coagulare gli interessi di governi e imprese senza la burocrazia di un vertice mondiale e la pressione di un'opinione pubblica che, una volta accesi i riflettori, vuole risultati ad ogni costo» dice Gaggi. Il riferimento è ai ripetuti fallimenti del Forum Mondiale dell'Acqua che si tiene ogni 3 anni dal 1997, in cui i governi di tutti i paesi (compreso lo Stato pontificio) e le multinazionali provano a dare risposte (non riuscendoci) su come garantire alla popolazione mondiale l'accesso all'acqua potabile. L'ultimo World Water Forum che si è tenuto nel mese di marzo a Marsiglia, è stato poco partecipato (quasi un flop) e sono stati presi i soliti impegni generici il che equivale a nessun impegno.

Invece il Fame (Forum alternativo mondiale sull'acqua) organizzato dal movimento che da anni si batte per un altro modello di governo della risorsa idrica, è stato un grande successo che si è chiuso con l'approvazione di una dichiarazione finale che ribadisce la volontà del movimento di arrestare la privatizzazione e la finanziarizzazione dell'acqua e ottenere il pieno riconoscimento dell'acqua come diritto e con un appello  alle Nazioni Unite, per riportare il dibattito politico sulle risorse idriche in seno istituzionale. organizzando un forum la cui legittimità è riconosciuta da tutti per l'ottobre del 2014.

Come noto i movimenti e le associazioni del Fame contestano il World Water Forum perché organizzato dal Consiglio mondiale dell'acqua, istituzione ritenuta in mano alle multinazionali del servizio idrico. Però per dare cogenza alla risoluzione Onu sul "diritto all'acqua" del luglio 2010 (ottenuta con grandi meriti del movimento) e tradurla in fatti concreti, questi "due mondi" non possono rimanere separati e devono trovare dei canali di confronto senza i quali non si faranno passi in avanti verso la sostenibilità del governo dell'acqua.

Sappiamo che secondo la "vision" attuale non è possibile far coincidere gli interessi di Veolia con quelli delle comunità rurali del Sud America (per fare un esempio) ma è la politica globale, che ha dimenticato o non ha mai voluto ammettere che la crisi economica e prima una crisi ecologica e sociale, e che ha dato troppo potere alle multinazionali dell'acqua, che deve cambiare paradigma perché i numeri sono gli stessi per tutti. Secondo i dati dell'Unesco, 884 milioni di persone (circa il 13% della popolazione mondiale), non hanno accesso a una fonte di acqua potabile, mentre sono 2,6 miliardi (circa il 39% del totale) a non avere accesso a servizi igienici adeguati. Secondo uno studio dell'Ocse presentato appunto a Marsiglia la domanda mondiale di acqua aumenterà del 55% al 2050 a causa della crescita demografica e crescente urbanizzazione. A cui sono da aggiungere una maggiore richiesta di cibo e maggior consumo di proteine animali nei Paesi in via di sviluppo, e una qualità della risorsa idrica che in origine non migliora nemmeno nei Paesi sviluppati.

Altra fonte stesso risultato: secondo un rapporto della Banca Mondiale entro il 2030, la domanda di acqua supererà l'approvvigionamento idrico del 40 per cento.

A fronte di questi dati è necessaria una presa di coscienza delle Nazioni Unite altrimenti queste criticità rimarranno irrisolte. L'occasione dell'Expo come palcoscenico internazionale per affrontare questi argomenti è valida anche perché nel 2015 ci sono scadenza importanti sul tema acqua. In primis c'è da verificare se uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, adottati dall'Onu nel 2000, che prevede il dimezzamento del  numero delle persone che non dispongono di acqua potabile entro il 2015 sarà centrato (i numeri di oggi fanno sorgere più di un dubbio). Poi per quanto riguarda l'Europa, il 2015 è la data di verifica per il raggiungimento degli obbiettivi di qualità per tutte le acque superficiali e sotterranee come previsto dalla Direttiva 2000/60. Il livello da raggiungere è quello di "buono" ma già oggi possiamo affermare, che almeno per l'Italia, l'obiettivo non sarà centrato per molti corpi idrici.

L'Europa aiutata dai continui rapporti sfornati dall'Aea sta lavorando molto sul fronte acqua e ha riconosciuto come il vecchio continente ed in particolare la sua parte meridionale sia già oggi messo duramente alla prova dalla siccità e carenza idrica dovute anche agli effetti dei cambiamenti climatici. E' necessario trovare strade di adattamento a questa criticità nuova per i Paesi sviluppati. Ridurre i consumi cambiando alcune abitudini, incrementare l'efficienza delle filiere produttive, investire nel settore idrico, facendo buona "economia" e creando posti di lavoro, rendere sostenibili i settori produttivi attraverso minor prelievo di risorse primarie e minori scarichi di sostanze inquinanti nell'ambiente (raggiungere il disaccoppiamento tra produzione e impatti ambientali), usare in modo appropriato la leva tariffaria attribuendo il giusto valore all'acqua e contemplando anche il costo economico per l'ambiente, sono solo pochi spunti per avviare il governo dell'acqua verso la sostenibilità.  

La crisi dell'acqua che è anche crisi di cibo, e che scatena tensioni tra molti paesi essendo "arma" di ricatto, si affronta in modo globale ma agendo anche localmente trovando anche luoghi meno formali, e più operativi  di discussione come sostiene Gaggi. Ma è necessario agire subito, anche prima del 2015, perché ribadiamo (come è possibile vedere anche in questi giorni in Toscana) l'emergenza non è solo quella economica e gli Stati e la politica, in tutti i casi, non possono assecondare o piegarsi agli umori dei mercati ma devono anticipare le soluzioni.

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