[02/08/2012] News

I programmi di reintroduzione dei leoni in Africa? «Un mito della conservazione»

I leoni allevati in cattivitą e la loro progenie non sono adatti alla sopravvivenza ed al rilascio

Più di un secolo fa in Africa vivevano forse più di 200.000 leoni selvatici. Ora si pensa che siano 30.000, classificati come "vulnerabili" dall'Iucn ed eradicati da più dell'80% del loro areale naturale. Il leone è ormai sulla buona strada per condividere la sorte del suo lontano cugino, la tigre che rischia l'estinzione. Per questo qualcuno ha pensato di reintrodurre in natura leoni allevati in cattività. Ma un nuovo rapporto pubblicato da "Oryx" conclude che le operazioni commerciali di "wildlife encounter" che promuovono la reintroduzione dei leoni in cattività in Africa, «fanno ben poco per favorire la conservazione dei leoni africani allo stato selvatico».

Il rapporto "'Walking with lions: Why there is no role for captive-origin lions (Panthera leo) in species restoration" è stato scritto da un team selezionato di biologi che si occupano di felini selvatici, provenienti dall'Ong Panthera e dal Cat Specialist Group dell'International union for the conservation of nature (Iucn) e da ricercatori universitari, e dimostra che il rilascio in natura di leoni allevati in cattività non ha successo e che «i programmi commerciali di reintroduzione di leoni in cattività operano in gran parte sotto un "'mito della conservazione"».

Negli ultimi 20 anni le operazioni di rilascio di leoni in natura sono aumentate rapidamente, in particolare nell'Africa australe, pubblicizzate come incontri con la fauna selvatica, questi programmi si sono rivelati alla fine un'operazione turistica, con leoni praticamente addomesticati che ricevono cibo e cure dagli uomini. Mentre i ricercatori fanno notare che «per il pubblico pagante, l'obiettivo dichiarato è l'eventuale rilascio nell'ambiente naturale dei leoni».

Il rapporto pubblicato su Oryx valuta il potenziale di questi programmi per favorire la salvaguardia dei leoni selvatici e esamina il ruolo e l'idoneità dei leoni in cattività per il rilascio, ma conclude che «i leoni allevati in cattività sono semplicemente inutili per i progetti di reintroduzione». Il rapporto è inesorabile: dimostra che «i leoni allevati in cattività e la loro progenie non sono adatti alla  sopravvivenza ed al rilascio  rispetto ai loro omologhi nati allo stato selvatico».

L'alternativa c'è e funziona: «Per più di due decenni, i leoni selvatici sono stati traslocati e rigorosamente monitorate in oltre 40 parchi di tutta l'Africa australe con alte percentuali di successo. Più di 500 i leoni selvatici sono state ristabiliti attraverso questo processo». 

Luke Hunter, autore del report e presidente Panthera, spiega: «Il fatto è semplice, i programmi del tipo "lion encounter" fanno poco per contribuire alla conservazione leoni selvatici. Abbiamo dimostrato che ogni sforzo sincero per ristabilire leoni semplicemente non ha ragione di ricorrere agli animali in cattività: i leoni selvatici sono già. molto meglio attrezzati per essere selvaggi, il rilascio di animali in cattività aumenta inutilmente i costi, i rischi di fallimento e il pericolo, sia per i leoni che per gli esseri umani».

Il rapporto sostiene inoltre che i soldi spesi per i leoni in cattività dirottano risorse essenziali ed attenzione dai  progetti che hanno un impatto reale sul declino delle popolazioni selvatiche di leoni. Paula White, direttrice dello Zambia lion project dell'università della California, evidenzia che «Queste operazioni portano il pubblico a trascorrere del tempo con i leoni docili, sostenendo che esso contribuisce significativamente alla conservazione del leone. Immaginate se che i finanziamenti e l'interesse sincero e lo stesso  contributo della gente venisse  dedicato ad affrontare le vere ragioni per le quali i leoni selvaggi sono in declino e minacciati. Spendere soldi per far accoppiare i leoni dietro i recinti non li sta aiutando».

Anche un esperto che non ha partecipato allo studio, Matthew Becker, responsabile dello Zambian carnivore programme, fa notare: «Certo che interagisce con i leoni docili è un'esperienza unica, ma non è conservazione. Ade esempio, in Zambia abbiamo i programmi "Walking with Lions" che richiedono un flusso continuo di giovani leoni importati, che vivono i loro giorni in cattività, perché non sono adatti per il rilascio. Lo Zambia non ha bisogno di leoni allevati in cattività, ma invece di una maggiore protezione delle sue popolazioni selvatiche e degli ecosistemi. Aiutare i leoni sostenendo i classici safari a piedi che si fanno nelle nostre magnifiche aree protette,  questo è vero e proprio il cammino con i leoni».

 

Torna all'archivio