[31/07/2012] News

Gli emendamenti delle Regioni al Decreto in materia ambientale. Problemi per rifiuti ed acqua

Si è svolta oggi un'audizione alla in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera di una delegazione della Conferenza delle Regioni, riguardante l'esame della proposta di legge "Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, e altre disposizioni in materia ambientale". La delegazione della Conferenza era guidata dall' assessore all'Ambiente della Regione Lazio, Marco Mattei (Nella foto) che ha consegnato il documento emendativo al Decreto Legislativo, approvato dalla Conferenza delle Regioni il 25 Luglio.

La questione più rilevante sollevata dalle Regioni riguarda «La possibilità (articolo 6) nel servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani di procedere all'aggregazione delle aziende a totale capitale pubblico operanti a livello di ambito al fine di costituire autorità d'ambito. Tale previsione desta forti preoccupazioni in quanto destinata a precostituire una aspettativa nelle aziende attualmente titolari delle gestioni di vedersi contemporaneamente confermate le predette funzioni gestori e in deroga alle previsioni della normativa generale sui servizi pubblici locali appena varata e attribuite anche le funzioni di organizzazione e controllo del servizio dalle stesse gestito».

Altra questione sollevata dalle Regioni è «La previsione (articolo 3) di introdurre la definizione di "digestato da non rifiuto" senza dettare una disciplina specifica, ma limitandosi a rinviare, per l'utilizzo del medesimo, alla vigente normativa per gli ammendanti».

Le Regioni propongono inoltre due emendamenti, tra loro collegati, «In materia di concessioni di derivazioni di acqua ed inerenti il parere dell'Autorità di bacino sulla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico. Tali emendamenti, anch'essi già promossi dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome in sede di Conferenza Unificata sul d.l. 5/2012, sono ritenuti indispensabili per rispondere alle istanze e ai principi di semplificazione e snellimento dell'azione amministrativa».

Ecco il testo integrale delle proposte di emendamenti avanzato dalla Conferenza delle Regioni: Nell'ultimo periodo si assiste alla frenetica emanazione di disposizioni legislative che incidono sulla disciplina ambientale ed in particolare a modificazioni non sempre omogenee, spesso anche contraddittorie, alle norme sulla gestione dei rifiuti.

Le Regioni hanno più volte sottolineato la necessità di introdurre alcune modificazioni ragionate alla Parte IV del decreto legislativo 152/2006; tuttavia i suggerimenti forniti non sono stati tenuti in alcun conto. Con riferimento poi ai decreti legge di recente emanati i pareri resi dalle Regioni e Province Autonome in sede di Conferenza Unificata e le conseguenti richieste di modifica non hanno avuto alcun esito, pur rappresentando questioni di rilevante importanza per una efficace ed efficiente gestione dei rifiuti.

Si intende ora, in occasione dell'esame presso la competente Commissione parlamentare del disegno di legge AC4240-B, presentare nuovamente le richieste che si ritengono indifferibili, unitamente alle osservazioni e agli emendamenti al testo della norma al fine di ottenere un intervento normativo esaustivo e coerente. La modifiche contenute nel suddetto disegno di legge costituiscono infatti interventi di tutto rilievo che richiedono un raccordo con i soggetti istituzionali, come le Regioni, che operano sul territorio e che sono chiamati ad effettuare scelte programmatiche e di pianificazione che sono incise dalla disciplina predetta.

Qui di seguito si illustrano le questioni ritenute di maggior interesse per le Regioni, mentre si rinvia al successivo prospetto per le indicazioni di dettaglio e per la formalizzazione degli emendamenti al testo.

La questione più rilevante è senza dubbio quella introdotta dall'articolo 6 e inerente la possibilità, per quanto concerne il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, di procedere all'aggregazione delle aziende a totale capitale pubblico operanti a livello di ambito al fine di costituire autorità d'ambito e ottenere in tal modo affidamenti in deroga all'articolo 4 del decreto legge 138/2011. Tale previsione desta forti preoccupazioni in quanto destinata a precostituire una aspettativa nelle aziende attualmente titolari delle gestioni di vedersi contemporaneamente confermate le predette funzioni gestorie in deroga alle previsioni della normativa generale sui servizi pubblici locali appena varata e - quel che è peggio - attribuite anche le funzioni di organizzazione e controllo del servizio dalle stesse gestito. Quanto sopra contrasta con i principi della materia che, per come disciplinata sia dal vigente d.lgs. 152/2006 sia dalla sopra richiamata normativa sui servizi pubblici locali, si fonda invece sulla netta distinzione tra la funzione "pubblica" di organizzazione e controllo del servizio (da attribuirsi agli enti locali ricadenti negli ambiti territoriali ottimali definiti dalle Regioni) e la funzione "imprenditoriale" di erogazione materiale del servizio (da attribuirsi invece o mediante procedure competitive ad evidenza pubblica o mediante affidamento a società a capitale interamente pubblico che abbiano i requisiti richiesti dall'ordinamento europeo per la gestione cosiddetta "in house" e solo se il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento è pari o inferiore alla somma complessiva di 200.000 euro annui). Tale distinzione, che ha improntato sin dalle origini (d.lgs. 22/1997) la riforma del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, trova la sua ragion d'essere nella necessità di evitare, a beneficio degli utenti del servizio e dell'intera collettività, le distorsioni e le inefficienze tipiche del c.d. "controllato-controllore", che al contrario la norma in esame tende a reintrodurre. È bene ricordare inoltre che è tuttora pendente il termine (previsto dall'articolo 2, comma 186 bis della legge 191/2009 e prorogato al 31 dicembre 2012) entro il quale le Regioni sono chiamate a riattribuire le funzioni già esercitate dalle Autorità d'ambito (quelle stesse cui si fa riferimento nell'articolo in questione), di cui è espressamente prevista la soppressione a far data dall'entrata in vigore della legge regionale.

Le aspettative che l'articolo 6 del disegno di legge AC 4240-B crea nelle società di gestione è dunque cosìappetibile (organizzare, pianificare, gestire e autocontrollarsi) che potrebbe verosimilmente mettere in discussione le legislazioni regionali appena approvate in attuazione della sopra richiamata l.r. 191/2009 e sicuramente costituire un ulteriore elemento di freno all'approvazione dei disegni di legge tutt'ora pendenti presso i Consigli regionali.

Altra questione rilevante è costituita dalla previsione dell'articolo 3 laddove introduce la definizione di "digestato da non rifiuto" senza dettare una disciplina specifica, ma limitandosi a fare rinvio, per l'utilizzo del medesimo, alla vigente normativa per gli ammendanti. Il semplice inserimento della definizione di "digestato da non rifiuto" all'articolo 183, comma 1, lett. ff) del d.lgs.152/2006 non comporta di per sé l'esclusione dalla nozione di rifiuto del digestato ottenuto dalla digestione di prodotti o di sottoprodotti di cui all'articolo 184 bis, lasciando quindi insoluta la problematica relativa alla classificazione del digestato come rifiuto o meno. Dall'esame della nuova definizione non si comprende infatti se occorra essere autorizzati ai sensi della disciplina sui fertilizzanti (d.lgs. 75/2010) oppure dimostrare esclusivamente il possesso dei requisiti tecnici.

Non risulta inoltre opportuno nemmeno l'inserimento dell'emendamento all'articolo 185 del più volte citato d.lgs. 152/2006, in quanto tale articolo, che detta la disciplina delle esclusioni dalla normativa sui rifiuti, è la trasposizione letterale della disciplina comunitaria in materia e lo stesso è attualmente oggetto di richiesta di chiarimenti al Ministero dell'Ambiente a causa della formulazione, apparentemente contraddittoria, dei commi 1, lettera f) e 2, lettera b) proprio riguardo alle materie fecali utilizzate in impianti di produzione di biogas. Poiché ciò può indurre gli operatori del settore a sostenere tesi interpretative diversificate che si pongono ascavalco tra la normativa sui rifiuti, quella dei reflui e/o la disciplina dell'uso di ammendanti e fertilizzanti, le Regioni propongono da tempo (vedasi il parere espresso dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome in sede di conversione del decreto legge 5/2012) un emendamento che prevede l'introduzione di un ulteriore comma all'articolo 184 bis (nozione di sottoprodotto) e risponde all'esigenza di fare assoluta chiarezza con riferimento a fattispecie che, per le condizioni ivi previste, possono escludersi dalla nozione di rifiuto e trovare nella normativa attuativa dell'articolo 112 del d.lgs. 152/2006 più idonea disciplina.

Continuando l'esame del disegno di legge si evidenzia l'articolo 8 che introduce modificazioni all'articolo 205 del d.lgs. 152/2006 aventi ad oggetto "misure per incrementare la raccolta differenziata". In realtà lo scopo principale della norma è quello di prevedere un incremento del riutilizzo di beni e una riduzione della produzione dei rifiuti. Le Regioni, nell'ambito degli emendamenti presentati al predetto articolo, propongono preliminarmente di inquadrare correttamente tale attività.Nella medesima ottica propongono di incentivare il riutilizzo di beni usati ancora funzionanti consentendo di poter destinare aree all'interno dei centri di raccolta deputate al deposito di tali beni, senza che questi siano classificati come rifiuti. Richiedono infine di prevedere nuovamente, come stabiliva il decreto legislativo 22/1997, una semplificazione perle associazioni di volontariato e le Onlus che effettuano raccolta di rifiuti urbani non pericolosi per finanziare le proprie attività sociali.

Per quanto concerne l'articolo 9, si apprezza l'introduzione di una semplificazione per il trattamento tramite compostaggio aerobico o digestione anaerobica cosiddetto "di prossimità" dei rifiuti organici urbani biodegradabili prodotti da cucine e mense, da mercati e da giardini e parchi qualora non superino i quantitativi prefissati dalla medesima norma. Tale previsione tuttavia necessita di ulteriore semplificazione se si intende operare concretamente per la diffusione di tale pratica. A tal fine si richiede di prevedere una semplificazione anche per il trasporto in conto proprio di rifiuti organici da parte di utenze non domestiche ai sistemi di trattamento di cui all'articolo 9. Nello specifico si propone che i soggetti in questione non siano tenuti all'iscrizione all'Albo, ai sensi dell'articolo 212 comma 8, e non siano soggetti agli adempimenti previsti dall'articolo 193 del d.lgs. 152/2006. Per rendere operativo il compostaggio di prossimità sin dall'entrata in vigore della legge, poiché la norma prevede l'emanazione di un decreto ministeriale attuativo che individui le modalità di abilitazione del responsabile dei predetti impianti, si richiede infine di prevedere che fino alla emanazione del predetto decreto l'individuazione del responsabile sia effettuata dal titolare dell'impianto tra professionisti o, nel caso di enti pubblici, anche tra i propri dipendenti, in possesso delle necessarie competenze professionali in materia di rifiuti comprovati da titolo di studio e/o dal curriculum professionale.

Il disegno di legge prevede, all'articolo 16, comma 4, lettera d), una semplificazione per il trasporto dei rifiuti,anche pericolosi, prodotti dagli imprenditori agricoli. Al fine di incentivare la raccolta differenziata di tutti i rifiuti, si richiede di estendere la predetta semplificazione anche al trasporto in conto proprio dei rifiuti assimilati ai centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm) effettuato dalle altre utenze non domestiche. Si segnala che tale previsione non comporterebbe rischi per l'ambiente in quanto si tratta di trasporto elusivamente di rifiuti non pericolosi.

Si segnala infine la necessità di coordinare l'articolo 17 del disegno di legge avente ad oggetto i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche con lo schema di decreto interministeriale recante modifiche al decreto dell'8 marzo 2010, n. 65 per il quale le Regioni hanno provveduto a rendere il previsto parere in sede tecnica in data 5 giugno e di prossimo inserimento all'ordine del giorno della Conferenza Unificata.

Le Regioni propongono inoltre due emendamenti, tra loro collegati, in materia di concessioni di derivazioni di acqua ed inerenti il parere dell'Autorità di bacino sulla compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o ideologico. Tali emendamenti, anch'essi già promossi dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome in sede di Conferenza Unificata sul d.l. 5/2012, sono ritenuti indispensabili per rispondere alle istanze e ai principi di semplificazione e snellimento dell'azione amministrativa ormai recepiti in ogni recente provvedimento di regolazione dei procedimenti di carattere complesso che vedono coinvolti una pluralità di interessi e di amministrazioni interessate, quali ad esempio quelli concernenti la Valutazione di impatto ambientale (VIA), lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) o l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili (d.lgs. 387/2003). La previsione dei pareri dell'Autorità di bacino, ed in particolare della nomina da parte del Ministro dell'ambiente di un commissario ad acta nel caso di mancata espressione del predetto parere nel termine di 60 o 90 giorni, rispettivamente per le piccole o le grandi derivazioni, risulta infatti palesemente in contrasto con le sopra richiamate istanze di semplificazione. Le valutazioni sulla compatibilità dell'utilizzazione dell'acqua richiesta con le previsioni del Piano di tutela delle acque ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico - oggi oggetto del parere dell'Autorità di Bacino - ben potranno essere compiute dall'Amministrazione procedente che, nel corso dell'istruttoria, ha proprio il compito di verificare la compatibilità dell'intervento proposto con le disposizioni normative e la sua coerenza con gli strumenti pianificatori vigenti, nel rispetto della disciplina che ogni Regione si è data per il rilascio delle derivazioni di acqua pubblica e nella quale trovano concreta applicazione i principi di semplificazione, razionalizzazione e snellimento dei relativi procedimenti amministrativi.

Le Regioni e Province autonome inoltre, constatato come le Autorità di bacino istituite ai sensi della legge 183/2009 siano tuttora in regime di prorogatio e ritenuto che l'approccio per distretti idrografici di cui alla direttiva Quadro 200/60/UE debba essere al più presto ed in concreto realizzato, sollecitano nuovamente la ripresa dei lavori per la revisione della Parte III del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152. Si intende infine prospettare una questione in materia di classificazione dei rifiuti, non trattata dal disegno di legge in esame, ma che si rende necessario affrontare al fine di superare l'annosa questione relativa al regime da applicare ai rifiuti derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani. E' infatti intenzione delle Regioni operare affinché il rifiuto urbano possa restare tale, ancorché trattato, fino alla fine del proprio ciclo di vita ovvero sino a quando non necessita per il suo utilizzo di ulteriori trattamenti, per consentire di operare una efficace programmazione e gestione dei medesimi all'interno della Regione in cui sono stati prodotti, così come previsto dai principi di prossimità e di autosufficienza enunciati dagli articoli 182 e 182 bis del d.lgs. 152/2006 ovvero la loro circolazione fuori dall'ambito di produzione solo a seguito di accordi istituzionali tra le Regioni. Come noto, il decreto legislativo 4/2008, nell'ambito della prima modifica organica introdotta al d.lgs. 152/2006, ha soppresso la lettera n) del comma 3 dell'articolo 184 che classificava come rifiuti speciali "i rifiuti derivanti dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani". A seguito di tale intervento e al fine di superare la situazione di incertezza venutasi successivamente a creare il Ministero dell'Ambiente nel giugno 2009 ha reso un parere volto a chiarire che tali rifiuti "sembrano" da ricondurre alla categoria dei "rifiuti urbani". Poiché tale parere, stante il dettato legislativo vigente, è stato contestato dagli operatori del settore ed è stato oggetto di contrasti giurisprudenziali, si rende necessario precisare con chiarezza e nell'ambito di un provvedimento di rango normativo che tale rifiuto resta soggetto al regime dei rifiuti urbani.

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