[09/07/2012] News

Il cambiamento climatico ha bloccato la crescita delle barriere coralline per 2.500 anni

Appello di 2.000 scienziati: «Salvare quel che resta delle nostre barriere coralline»

Al 12esimo International coral reef symposium - iniziato oggi a Cairns, in Australia - un team di ricercatori statunitensi, cinesi e francesi ha presentato uno studio, finanziato dalla Smithsonian Institution e dalla National science foundation Usa, dal quale emerge che un aumento delle temperature oceaniche verificatesi 4.000 anni fa ha  innescato un collasso dei sistemi delle barriere coralline nell'Oceano Pacifico Orientale che è durato per circa 2.500 anni.

Secondo lo studio "ENSO Drove 2500-Year Collapse of Eastern Pacific Coral Reefs", pubblicato anche su Science, «I nuclei del dei quadri della barriera corallina lungo un gradiente di risalita a Panama, dimostrano che gli ecosistemi delle barriere nel Pacifico tropicale orientale sono collassate per 2500 anni a partire da circa 4000 anni fa, il che rappresenta ben il 40% della loro storia, La causa principale di questo iato del reef su scala  millenaria è stata l'aumentata variabilità dell'El Niño-Southern Oscillation (Enso) e il suo accoppiamento con l'Intertropical convergence zone. Lo iato è stato un fenomeno a livello del Pacifico con una climatologia di fondo simile ai probabili scenari  per il prossimo secolo. Il cambiamento climatico globale probabilmente porterà le barriere coralline orientali del Pacifico verso un altro collasso regionale».

Il team internazionale ha studiato carote lunghe 17 piedi di stratificazioni coralline prelevate dai reef al largo delle costa di Panama ed ha scoperto che le barriere hanno smesso di crescere durante un periodo che ha coinciso con fortissime oscillazioni dell'Enso, compresi i periodi nei quali le temperature oceaniche sono aumentate in modo significativo. Secondo gli scienziati questi gap di crescita si sono verificati anche in altri sistemi di barriere lontane, come quelle del Giappone e dell'Australia.

Il principale autore dello studio, Lauren Toth, del Department of biological sciences del Florida institute of technology, spiega: «Siamo rimasti scioccati nello scoprire che mancavano i quadri di 2.500 anni di crescita del reef. Questo gap rappresenta il collasso degli ecosistemi della barriera per il 40% della loro storia totale. Perché le barriere del Pacifico siano collassate per così tanto tempo e su così larga scala geografica, devono aver sperimentato un grave disturbo climatico. Questo disturbo è stato un regime intensificato dell'Enso», cioè un catastrofico succedersi  di El Niño e La Niña estremi. 

Gli scienziati sottolineano che i risultati possono indicare la possibilità che simili eventi catastrofici avvengano nelle barriere coralline di tutto il mondo se le temperature dell'oceano aumenteranno in conseguenza del cambiamento climatico. Uno degli autori, Richard Aronson, professore di biologia al Florida institute of technology, evidenzia: «Dato che gli esseri umani continuano a pompare gas serra in atmosfera, il clima è ancora una volta sulla soglia di un nuovo regime, con gravissime conseguenze per gli ecosistemi delle barriere, se non si arriva ad un controllo del cambiamento climatico», ma lo studio fa  anche notare che «I sistemi corallini possono avere una capacità di resilenza e recupero se il cambiamento climatico sarà mitigato o invertito».

Purtroppo gli scenari del cambiamento climatico previsti per i prossimi 100 anni rispecchiano i modelli climatici che hanno portato al collasso delle barriere coralline nel Pacifico orientale 4000 anni fa. Le barriere coralline studiate al largo di Panama sono sull'orlo di un altro collasso: «I cambiamenti climatici potrebbero distruggere nuovamente gli ecosistemi delle barriere coralline, ma questa volta la causa principale sarebbe l'assalto umano all'ambiente e il collasso potrebbe essere di più lunga durata - ha ammonito Aronson -  Le problematiche locali, come l'inquinamento e pesca eccessiva, sono le principali forze distruttive e devono essere fermate, ma sono acuite dal cambiamento climatico, che in questo momento è la più grande minaccia per le barriere coralline».

Dai 2.000 scienziati di 80 Paesi che partecipano all'International coral reef symposium è partito un appello per "Salvare quel che resta delle nostre barriere coralline": «Con le barriere coralline di tutto il mondo in rapido declino, è imperativo che facciamo ogni sforzo per salvare quel che resta».

Il "Consensus Statement on Climate Change and Coral Reefs" di Cairns, chiede «Uno sforzo a livello mondiale per superare le crescenti minacce agli ecosistemi corallini e al sostentamento di milioni di persone che da essi dipendono. In particolare, sollecita «Misure volte a scongiurare i danni crescenti causati dall'aumento delle temperature dei mari, dall'acidificazione degli oceani, dalla pesca eccessiva e dall'inquinamento di origine terrestre».

Terry Hughes, convener del simposio e direttore dell'Arc centre of excellence for coral reef studies, ha detto: «Quando si tratta di barriere coralline, prevenire è meglio che curare. Se guardiamo ad una Grande barriera corallina che si migliore di quella odierna, in futuro continuerà a sostenere una fiorente industria del turismo. Purtroppo, nel Queensland, la corsa ad estrarre più combustibili fossili della terra il più velocemente possibile,  che ha la precedenza sul passaggio a le fonti di energia alternative, ha messo le preoccupazioni ambientali di gran lunga in secondo pian.

 L'Australia ha bisogno di migliorare la governance della Grande Barriera Corallina, in particolare lo sviluppo ed il deflusso costieri, per evitare che venga iscritta dall'Unesco nella Lista del patrimonio mondiale in pericolo. Mentre sono stati fatti molti progressi nella creazione di riserve marine intorno alla linea costiera dell'Australia, i parchi marini non prevengono  l'inquinamento da terra, o di riducono l'impatto del traffico marittimo e la crescita ei porti, o riducono le emissioni di gas serra, Il mondo ha una finestra di opportunità  per agire sui cambiamenti climatici, ma si sta rapidamente chiudendo».

Ma intanto l'appello che viene dal meeting australiano indica molte positive azioni locali che possono essere adottate: «Ricostituire gli stock ittici a ripristinare le funzioni fondamentali degli ecosistemi: ridurre il deflusso e gli inquinanti da terra; ridurre la distruzione degli habitat di mangrovie, piante ed alghe marine e barriere coralline; proteggere gli ecosistemi fondamentali creando aree marine protette; ricostruire le popolazioni di megafauna come dugonghi e tartarughe; promuovere il turismo del reef e la pesca sostenibile, piuttosto che le industrie distruttive; utilizzare l'acquacoltura, senza aumentare l'inquinamento e la contaminazione, per ridurre la pressione sugli stock selvatici».

 

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