[05/07/2012] News

Nuovi dati Ispra sul territorio italiano: sempre pił fragile, con meno biodiversitą e pił cemento

Tra i moltissimi dati ambientali contenuti nell'Annuario Ispra 2011, presentato oggi a Roma, sono da sottolineare (in negativo) quelli riguardanti due aspetti strettamente correlati: il consumo di suolo e la biodiversità. Continua a crescere in Italia la superficie urbanizzata che copre più del 6% dell'intero territorio nazionale con un ritmo che ha ormai superato i 100 ettari al giorno.

I valori più elevati del "soil sealing" si registrano in Lombardia, Veneto e Campania con concentrazioni maggiori in corrispondenza delle aree urbane, sulle coste e lungo i principali assi stradali. Il fenomeno assume proporzioni più ampie nelle grandi aree di pianura poiché non si limita all'espansione della periferia urbana ma si diffonde anche nelle aree agricole, naturali e semi naturali con l'agricoltura intensiva che da origine al fenomeno della "compattazione dei suoli".

Nelle principali aree urbane, il consumo di suolo arriva ad estendersi anche per più della metà del territorio comunale: supera il 60% a Milano e Napoli, mentre a Roma la superficie impermeabile cresce oltre i 300 ettari all'anno.

Un territorio cementificato ed impermeabilizzato è anche più fragile. Sono state censite più di 486.000 frane che interessano un'area di oltre 20.700 km2, pari al 6,9% del territorio nazionale (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia)  con i comuni italiani interessati da frane che sono 5.708, pari al 70,5% del totale.  Nel 2011 sono stati rilevati 70 eventi franosi che hanno causato complessivamente 18 vittime. Un territorio invaso dal cemento è anche meno disponibile ad ospitare fauna e flora: per questo il consumo di suolo è anche una delle cause della perdita di biodiversità.

Nel dettaglio, oltre il 50% dei vertebrati (pesci d'acqua dolce, anfibi e rettili), il 15% delle piante superiori e il 40% di quelle inferiori rischia di essere perduta. La trasformazione e modificazione degli habitat naturali (per il 50,5% delle specie minacciate), l'uso di pesticidi e l'inquinamento delle acque (per il 32%) insieme a taglio dei boschi ed incendi (17,5%) sono, tra tutte le influenze antropiche indirette, le minacce più frequenti. Tra quelle dirette rientrano invece il bracconaggio e la pesca illegale (che minacciano il 21% delle specie a rischio).

Un dato positivo è rappresentato dalla risposta delle istituzioni nazionali: tra le varie forme di protezione del patrimonio naturale, il nostro Paese dispone di "Rete Natura 2000", costituita da Zps e Sic che, al netto delle sovrapposizioni, ammontano oggi a 2.564 siti, per una superficie complessiva di 6.316.664 ettari (pari al 21% del territorio nazionale). In totale sono 871 le aree protette che occupano una superficie a terra di oltre 3 milioni di ettari (10,5% del territorio nazionale), mentre le superfici a mare tutelate includono anche  27 Aree  Marine  Protette.

Altra emergenza che riguarda il Bel Paese è quella relativa alla qualità dell'aria in particolare per PM10,, PM2,5 ed Ozono(O3), anche se il 2010 (esclusivamente per il PM10) segna un valore positivo. Infatti, oltre la metà delle stazioni di monitoraggio presenti sul territorio (58%) registra valori al di sotto dei limiti. Per questo inquinante (PM10 primario) le sorgenti principali rimangono il settore civile (45%) e i trasporti ( 4%). A tal proposito il traffico veicolare, si stabilizza dal 2008 sugli 83 milioni di veicoli-km e tutto il settore dei trasporti (compreso quindi il ferroviario) nel 2010 è responsabile del 30,6% del consumo totale di energia finale e del 63,6% del consumo finale di petrolio.

Tra i dati forniti da Ispra, ancora da evidenziare quelli relativi all'erosione: in 7 anni (2000 - 2007), il 37% dei litorali ha subito variazioni dell'assetto delle linee di riva superiori a 10 metri e i tratti di costa in erosione (897 km) sono ancora superiori a quelli in progradazione (851 km). L'arretramento della linea di riva e la perdita di superficie costiera sono particolarmente evidenti e profonde in corrispondenza delle foci dei fiumi. Nel periodo di riferimento, sono andati persi 600.000 m2 di spiagge. Tra le cause il prelievo dei sedimenti fluviali e le opere idrauliche costruite sui corsi d'acqua ma anche l'incremento delle superficie boscate (dato positivo per altri versi) che limitano il rilascio di sedimenti verso valle.

Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, il 2010 è stato per l'Italia il diciannovesimo anno consecutivo con anomalia termica positiva e il suo valore è il diciottesimo della serie a partire dal 1961. Negli ultimi 14 anni i giorni estivi (con temperatura massima dell'aria maggiore di 25°C) e le notti tropicali (con temperatura minima maggiore di 20°C) sono stati sempre maggiori delle rispettive medie climatologiche. Dagli effetti alle cause: anche se si riducono del 3,5% le emissioni totali di gas ad effetto serra passando, tra il 1990 e il 2010, da  519,25 MtCO2eq a 501,32 MtCO2eq, il nostro Paese non riesce a centrare gli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto, secondo i quali l'Italia avrebbe dovuto portare le proprie emissioni a livelli del 6,5%, ossia a 483,26 MtCO2eq (2008-2012). Infine, per quanto riguarda i rifiuti urbani i dati sono riferiti al 2010 quindi già ampiamente noti e commentati (vedi link).

 

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