[08/06/2012] News

Disaccoppiamento addio: la produzione di rifiuti (in aumento nel 2010) resta stabile al di là del Pil

Dal 2006 al 2010 la produzione di rifiuti urbani in Italia è stabile. Il trend infatti è di poco superiore ai 32 milioni di tonnellate. E questo nonostante il Pil sia andato in altalena con il picco all'ingiù nel 2008 (-1%) e nel 2009 (-5%) e le ripresine del 2006 (+1,9), del 2007 (+1,9) e quella del 2010 (+1.3). Una fotografia che manda abbastanza in soffitta la teoria del disaccoppiamento, ovvero che a riduzione di Pil si sarebbe dovuto registrare un'altrettanta proporzionata riduzione della produzione di rifiuti.

Invece accade, e i dati sono stati forniti oggi dall'Ispra che ha presentato il Rapporto Rifiuti Urbani 2012, che se aumenta il Pil aumentano i rifiuti urbani, come nel 2010 «la produzione di rifiuti - scrive l'Istituto - ha raggiunto i 32,5 milioni di tonnellate, 1,1% in più rispetto all'anno precedente. In controtendenza, quindi, rispetto alla leggera contrazione registrata nel corso degli anni passati», ma siccome l'anno precedente (il 2009) il Pil era crollato di 5 punti, si sarebbe dovuto comunque vedere uno scostamento che invece non c'è stato. Nel 2008 i milioni di tonnellate prodotti erano 32,467; nel 2009 32, 110; nel 2010 32,479 (vedi tabella). 

Questo non vuol dire che sia sbagliata l'idea di percorrere la via del disaccoppiamento, ovvero che sia sbagliato cercare di fare di più, o uguale, con l'uso di meno risorse. Tuttavia è bene aver chiaro che la pratica è assai diversa della teoria e che i rifiuti prodotti e quindi il tentativo di ridurli va affrontato - come scrivevamo ieri - con uno studio attento dei flussi di materiali prodotti e immessi sul mercato e non a partire dalla "registrazione" del passaggio di questi in rifiuti. Perché è del tutto normale e non una notizia eclatante che aumentando la produzione di rifiuti aumenti anche la raccolta differenziata. E' una questione matematica. Certo, si potrebbe obiettare che può anche accadere che aumenti i rifiuti e diminuiscano quelli raccolti, ma questo sarebbe la conseguenza dipendente da altre variabili, tipo che non si crede più nella raccolta differenziata o che si è bloccata per motivi di forza maggiore.

Altro aspetto che emerge dal rapporto Ispra (elaborato con dati aggiornati al 2010), è la difficoltà di ridurre i propri rifiuti nonostante situazioni gravi di gestione come quelle conosciute in Campania. In Italia- spiega l'Ispra -, sono le Regioni del Centro a registrare l'aumento più significativo (+1,9%), seguite da quelle settentrionali (+1,3%) e meridionali (+0,4%). Ogni abitante delle regioni centrali della Penisola ha prodotto nel 2010 ben 9 kg di rifiuti in più rispetto all'anno precedente; sono stati 3, invece, i kg in più di ogni italiano del Nord, contro i 2 kg del Sud.

Con una media nazionale di 4 kg di rifiuti urbani pro capite in più. L'Emilia Romagna, con 677 kg di rifiuti prodotti pro capite, è la Regione con la maggior produzione; seguono la Toscana (con 670 kg per abitante), la Val D'Aosta (623 kg), la Liguria (613 kg) e il Lazio (599 kg). Me se producono sempre meno, invece, i molisani, con 413 kg a testa di rifiuti e un calo di 13 kg rispetto al 2009, la Campania «da tempo tra le regioni italiane più in difficoltà per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani, ne produce sempre di più: sono 478 i kg prodotti da ogni cittadino nel 2010, 11 in più rispetto al 2009».

I dati non tengono volutamente conto del flusso turistico che, in alcuni periodi dell'anno, incide in modo rilevante su vari comparti, tra cui anche quello dei rifiuti.
Altro aspetto di notevolissima importanza che emerge dal rapporto è la gestione del rifiuti, e qui ancora una volta c'è da mettersi le mani nei capelli. Dei suddetti 32,5 milioni di rifiuti prodotti nel 2010, i rifiuti urbani destinati in discarica ammontano a 15 milioni di tonnellate. Un'enormità, anche se l'Ispra sottolinea che, rispetto alla precedente indagine, c'è una riduzione del 3,4%, pari a 523 mila tonnellate.

«Il numero delle discariche per rifiuti non pericolosi che hanno smaltito RU, nel 2010, - si legge nel comunicato - è pari a 211, 18 in meno del 2009, confermando la tendenza già evidenziata nell'ultimo quinquennio; a chiudere sono soprattutto le discariche di piccole dimensioni a vantaggio di grandi impianti a servizio di aree geografiche più estese». Un dato questo - la chiusura delle piccole in favore delle grandi - che sposta nulla nel giudizio negativo sull'uso continuo delle discariche, e pochissimo dal punto di vista ambientale perché certamente le discariche grosse sono meglio gestite ma sempre discariche sono.

Dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 36/2003, che ha completamente ridisegnato il quadro impiantistico nazionale, recependo gli stringenti requisiti tecnici imposti dalla normativa europea, l'Ispta sostiene che Ghanno chiuso, in Italia 263 discariche, l'82% delle quali al Sud (215 unità), 37 al Nord e 11 al Centro». Chi pensa che il guaio dell'Italia sia l'incenerimento dei rifiuti che a loro dire penalizza la raccolta differenziata, l'Ispra indirettamente fornisce i numeri reali dello Stato del Paese: nel 2010, gli impianti di incenerimento operativi sono 50. La maggior parte è ubicata al Nord, ovvero dove è anche più alta la percentuale di raccolta differenziata (Veneto la regione più attiva con una percentuale del 58,7%, seguita da Trentino Alto Adige, 57,9% e Piemonte, 50,7%), e, in particolare, nelle regioni Lombardia ed Emilia Romagna con 13 e 8 impianti, rispettivamente. Nel Centro operano 13 impianti, 9 nel Sud. I rifiuti urbani inceneriti sono circa 5,2 milioni di tonnellate, pari al 16,1% circa del totale dei rifiuti urbani prodotti. Tra questi probabilmente ci sono anche quelli che vengono inceneriti nei cementifici, altra pratica a dir poco discutibile.

Ma ecco infine un altro dato che dovrebbe speriamo far tutti riflettere: «una limitata ripresa del mercato e dell'industria, nel 2010 ha determinato un aumento dell'immesso al consumo di imballaggi sul mercato nazionale del 3% rispetto al 2009 (pari a 322 mila tonnellate circa), per un totale di 11 milioni di tonnellate. Nel dettaglio, l'86% del recupero complessivo di tali rifiuti, corrispondente a oltre 7,3 milioni di tonnellate, è rappresentato dal recupero di materia; il restante 14%, più di 1 milione di tonnellate, costituisce il recupero energetico». Come noto sono solo gli imballaggi (vetro, plastiche, acciaio, allumino e poliaccoppiati come il tetra pack) che possono essere raccolti in modo differenziato, oltre alla carta e l'organico e siccome non spariscono dopo essere stati raccolti, ma subiscono un processo industriale per tornare "in vita", tale processo ha scarti anche questi non invisibili e anzi in percentuali rilevanti.

A questo rapporto poi manca purtroppo un pezzo: ovvero quanto del raccolto in modo differenziato divenuto nuovo prodotto viene intercettato dal mercato. Se ne vedrebbero delle belle (o delle brutte) anche se qualcosa si spera in positivo sta cambiando, o almeno c'è chi prova a farlo.

 

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