[05/06/2012] News

L'Edf non ha ricevuto aiuti di Stato dalla Francia

L'Edf non ha beneficiato di un aiuto di stato perché la Francia ha agito in qualità di azionista. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea - con sentenza di oggi - che ha respinto la richiesta della Commissione europea di annullamento della sentenza del Tribunale europeo.

Electricité de France (Edf) produce, trasporta e distribuisce elettricità su tutto il territorio francese.  Si tratta di un'impresa pubblica interamente detenuta dallo Stato, che è stata incaricata di eseguire a proprie spese, nell'ambito di una concessione unica chiamata "rete di alimentazione generale" (Rag), tutti i lavori di manutenzione e di rinnovamento necessari a mantenere in buono stato il funzionamento delle opere della concessione.

Nella prospettiva dell'apertura del mercato dell'elettricità, lo Stato francese ha modificato la propria legislazione, nel 1997, per chiarificare lo statuto patrimoniale dell'impresa e ristrutturare il bilancio contabile di Edf.

Nel 2003 la Commissione ha adottato una decisione con cui ha accertato che lo Stato francese ha rinunciato a un credito fiscale (valutato in euro 888,89 milioni), corrispondente all'imposta sulle società dovuta dall'Edf. La Commissione ha ritenuto che tale rinuncia abbia prodotto l'effetto di rafforzare la posizione concorrenziale nei confronti dei concorrenti e che abbia costituito un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune. Ha quindi determinato l'importo totale dell'aiuto da restituire da parte dell'Edf (1,217 miliardi di euro, interessi inclusi) e l'Edf ha rimborsato la somma allo Stato francese. Ma l'Edf - fra l'altro sostenuta dalla Francia - ha richiesto al Tribunale l'annullamento parziale della decisione. Nel 2009, il Tribunale ne ha effettivamente disposto l'annullamento, ritenendo che la Commissione ha illegittimamente rifiutato, in considerazione della natura fiscale della misura adottata, di esaminare se lo Stato francese si fosse comportato come un "investitore privato operante in economia di mercato".

Il criterio dell'investitore privato è volto ad accertare se la partecipazione o l'intervento pubblico nel capitale dell'impresa beneficiaria persegua un interesse economico che possa essere parimenti perseguito da un investitore privato e sia dunque effettuato dallo Stato quale operatore economico, al pari di un operatore privato.

La questione sta nel capire se uno Stato membro, che sia creditore fiscale di un'impresa pubblica e, al tempo stesso, suo unico azionista, possa invocare l'applicazione del criterio dell'investitore privato (qualora proceda a un aumento di capitale di detta impresa, rinunciando al credito fiscale) oppure se occorra discostarsi da tale criterio (come ha fatto la Commissione), in considerazione della natura fiscale del credito cioè dal fatto che lo Stato, rinunciando al credito, fa uso delle proprie prerogative di autorità pubblica.

Il diritto dell'Unione in materia di aiuti di Stato non opera distinzioni a seconda dei motivi o degli obiettivi degli interventi statali, definendoli in funzione dei loro effetti. Perché l'intento del legislatore europeo è quello di evitare che aiuti concessi sotto qualsivoglia forma, per mezzo di risorse statali, falsino, in funzione dei loro effetti, la concorrenza, consentendo all'impresa pubblica beneficiaria di disporre di una situazione finanziaria più favorevole rispetto a quella dei suoi concorrenti. Ma se l'impresa pubblica beneficiaria ottiene lo stesso vantaggio per mezzo di risorse statali in normali condizioni di mercato le condizioni per parlare di aiuto di Stato vengono meno.

Dunque, con l'applicabilità del criterio dell'investitore privato lo Stato concede nella sua qualità di azionista e non nella sua qualità di potere pubblico, un vantaggio economico a un'impresa a esso appartenente.

Inoltre, la situazione finanziaria dell'impresa pubblica beneficiaria dipende non dalla forma della messa a disposizione di tale vantaggio, indipendentemente dalla natura, ma dall'entità dell'aiuto. Se ciò è vero sarà anche possibile applicare il criterio dell'investitore privato nel caso in cui siano stati impiegati mezzi di natura fiscale.

Certo è che quando uno Stato membro invoca l'applicabilità del criterio dell'investitore privato, deve dimostrare, inequivocabilmente e sulla base di elementi oggettivi e verificabili, di aver agito nella sua qualità di azionista. In particolare, tali elementi devono dimostrare che lo Stato ha preso, la decisione di procedere a un investimento nell'impresa pubblica controllata.

E qualora lo Stato produca tali elementi, spetta alla Commissione procedere a una valutazione globale, tenendo conto di tutti gli elementi che le consentano di accertare se la misura sia riconducibile alla qualità di azionista o a quella di potere pubblico dello Stato.

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