[01/06/2012] News

La geoingegneria sbiancherą il cielo? Con l'aerosol artificiale addio al cielo blu

Geological Research Letters, la rivista della American geophysical union, pubblica oggi la ricerca "Geoengineering: Whiter Skies?" che mette in evidenza un altro e preoccupante aspetto della geoingegneria che vorrebbe "salvare" il pianeta e rischia di mutarne l'aspetto, perfino quello del cielo. Un'idea per combattere il global warming è quella di aumentare la quantità di aerosol nell'atmosfera, disperdendo l'energia solare in arrivo dalla superficie della Terra.

Secondo Ben Kravitz, Douglas G MacMartin e Ken Caldeira, i tre scienziati californiani che hanno condotto lo studio, «Un effetto collaterale della proposta della geoingegneria di solfati stratosferici è lo sbiancamento durante il giorno e gli ultimi bagliori al tramonto, come si vede dopo grandi eruzioni vulcaniche. L'aerosol di solfati nella stratosfera aumenterebbe la luce diffusa ricevuta dalla superficie, ma con una non uniforme distribuzione spettrale».

Il team statunitense ha utilizzato un "radiative transfer model" per calcolare l'irradianza spettrale per le distribuzioni e dimensioni ideali di aerosol di solfati ed è giunto alla conclusione che «Una riduzione del 2% in irradianza totale, approssimativamente sufficiente a compensare il riscaldamento antropico di un raddoppio delle concentrazioni di CO2, illumina il cielo (aumento della luce diffusa) da 3 a 5 volte, a seconda della distribuzione dimensionale dell'aerosol. L'incremento relativo è otticamente minore quando nelle nostre simulazioni hanno incluso cirri sottili».

Il modello a cui si rifà la geoingegneria per contrastare l'effetto delle emissioni di CO2 prodotte dalla combustione di carbone, petrolio e gas sono le grandi eruzioni vulcaniche che hanno più volte raffreddato il pianeta immettendo una grande quantità di piccole particelle nella stratosfera, ma queste particelle ricadono entro un paio d'anni e il pianeta si riscalda nuovamente. L'idea della geoingegneria "solare" è quella di rifornire costantemente uno strato di piccole particelle nella stratosfera, imitando una "scia vulcanica" e respingendo così la luce solare verso lo spazio.

I modelli degli scienziati prevedono che il cielo resterà ancora blu, o meglio celestino,una tonalità molto più chiara di quello che la maggior parte delle persone sono abituate a vedere attualmente. La ricerca dimostra che con la geoignegneria atmosferica ovunque i cieli del pianeta potrebbero somigliare a quelli di molte aree urbane, dove il cielo appare spesso opaco e bianco.

«Questi risultati forniscono alla gente una cosa da prendere in considerazione prima di decidere se vogliamo davvero andare su questa strada - sottolinea Kravitz, del Department of global ecology della Carnegie institution for science - Anche se il nostro studio non ha affrontato il potenziale impatto psicologico di questi cambiamenti nel cielo, che pure sono importanti da considerare».

Ma lo studio evidenzia anche più ampie implicazioni ambientali, dato che le piante crescono in modo più efficiente in condizioni di luce diffusa, l'attività fotosintetica globale potrebbe aumentare, assorbendo più CO2 dall'atmosfera ma d'altra parte, «L'efficacia dell' energia solare potrebbe essere diminuita, dato che meno luce solare raggiungerebbe i generatori elettrici solari».

«Spero che non dobbiamo arrivare al punto in cui le persone sentono il bisogno di spruzzare aerosol nel cielo per compensare il rampante global warming - dice Caldeira - Questo è uno studio per il quale non desideriamo che venga data ragione alle nostre previsioni da una cappa globale di aerosol stratosferico nel mondo reale».

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