[30/05/2012] News

Alternative (interattive) al Pil. L'Ocse rilancia un Better Life Index a misura d'uomo

Ci ha pensato l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) a rilanciare il dibattito sugli indicatori per misurare il benessere di una nazione. Presentato recentemente a Parigi, dopo Pil (prodotto interno lordo), il Fli (felicità interna lorda) del Bhutan l'Ocse aggiorna la definizione del Bli (better life index, o Bil - benessere interno lordo).

Molti sono stati gli studi finora lanciati (il più celebre, quello della commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi, ma anche l'italico Progetto Bes, portato avanti dall'Istat), ma ancora il risultato di spodestare il Pil dal trono su cui siede non è stato raggiunto. La più grande difficoltà alla quale si va incontro cercando di portare avanti un'operazione di questo genere, probabilmente, sta nella resistenza da parte degli addetti ai lavori (ma anche e soprattutto ai profani) di lasciare da parte un indice - il Pil - che ha dalla sua una carica espressiva.

È infatti un indice relativamente semplice da calcolare, e soprattutto sintetico ed incisivo. Come sempre, il rischio più grande che si corre sintetizzando troppo è quello di lasciare per strada pezzi importanti del puzzle, e questo è esattamente quel che è successo col Pil.

Già Robert Kennedy - nel 1968 - ebbe il merito di mettere in evidenza che «Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il Pil comprende l'inquinamento dell'aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana [...] Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta»: si tratta infatti di un indice ideato per misurare esclusivamente le performance economiche di un'area politico-geografica (tra l'altro tramite una metodica semplicistica), e successivamente innalzato a supremo arbitro del benessere di un popolo, coerentemente col pervasivo diffondersi di criteri economicistici all'interno di ogni aspetto della nostra società, in un processo che va avanti ormai da qualche decennio.

Seguendo al traccia di indicatori-prototipo che l'hanno preceduto, l'alternativa rilanciata dall'Ocse risulta un indice complesso, composto da undici diverse sfaccettature: istruzione, ambiente, partecipazione civile e democratica, abitazione, reddito, lavoro, soddisfazione della propria vita, sicurezza, equilibrio tra lavoro e tempo libero, salute, qualità dei rapporti sociali. La novità dall'Ocse sta piuttosto nell'interattività dell'indice proposto, riconoscendo in parte l'impossibilità insita nella pretesa di far aderire qualsivoglia cittadino ad un unico e conforme modalità di valutare la qualità della propria vita.

Visitando il sito internet dell'iniziativa (http://www.oecdbetterlifeindex.org), è infatti possibile per chiunque "pesare" - secondo criteri personali - l'importanza di tutti e undici le facce del Bli (agendo su una scala che va da 0 a 5), ottenendo così una classifica ad hoc dei Paesi Ocse: «L'Ocse non ha assegnato un posto in classifica ai Paesi - si legge sul sito dell'Organizzazione - Piuttosto, il tuo Better Life Index è stato progettato per permettere a te, l'utente, di investigare su come ciascuno degli 11 temi possa contribuire al tuo benessere».

Non siamo di fronte ad una rivoluzione copernicana dunque, questo è chiaro, ma l'attenzione da parte dell'Organizzazione per le valutazioni personali dei cittadini e - soprattutto - verso la necessità più pressante di abbandonare il Pil (o, quantomeno, di affiancarvi altro) come strumento unico per pilotare quelle politiche economiche che uno Stato è ancora grado di portare avanti. Di questo infatti stiamo parlando.

Politiche economiche solide trovano fondamento su altrettanti dati statistici a disposizione, dai quali poter partire a lavorare; saranno poi altri indici statistici a cercare di misurare i passi in avanti (o indietro) sul programma stabilito. Come il linguaggio che adottiamo forma in modo decisivo la realtà che ci sta davanti, dunque, affidarsi ad un indice statistico piuttosto che ad un altro è determinante.

Senza abbandonarsi all'utopia di poter misurare con precisione qualcosa di così etereo e mutabile come il benessere di una persona (o di uno Stato), sviluppare una robusta ossatura di nuove banche dati sulle quali fare affidamento, risulta indispensabile. Come è infatti possibile, ad esempio, pensare di riorientare il nostro modello di sviluppo su binari sostenibili senza un'accurata conoscenza dei flussi di materia e di energia che attraversano il nostro ciclo economico? I passi da fare per colmare questa lacuna, purtroppo, sono ancora molti.

 

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