[30/05/2012] News toscana

Educazione alla salute, alla cittadinanza, alla pace, all'intercultura, all'ambiente

Giornata di studio mercoledì 6 giugno in Aula Magna della Facoltà di Agraria

La nostra collettività si sta sempre più urbanizzando, non solo in senso fisico ma anche come modi di pensare e di agire; è aumentata a dismisura la distanza geografica tra siti di produzione degli alimenti e consumatore. I bambini di oggi non conoscono la storia del loro cibo; scoprire da dove provengono i loro alimenti li rende più consapevoli e allarga i loro interessi. I ragazzi sono grandi consumatori e a essi si rivolge in maniera non disinteressata la grande massa di messaggi pubblicitari che quotidianamente inondano i mass media. Non a caso l'"epidemia di obesità" che ha colpito gli USA si sta estendendo a tutti i Paesi dell'occidente (e non solo, in Cina WHO stima un 4% di obesi nella popolazione adulta; in USA siamo al 46%) e riguarda anche i bambini. Fra i giovani i disturbi alimentari sono in crescita e tra le cause si individua un ruolo anche nella mancanza diffusa di un controllo familiare. Sono velocemente mutate le coordinate materiali, ambientali, sociali e culturali del nostro comportamento alimentare (così come sono cambiati gli stili di vita). E' (quasi) finito il mondo contadino che per secoli aveva caratterizzato il panorama sociale italiano e si è avuto un grande spostamento dalla campagna (serbatoio della tradizione e dei prodotti alimentari) alla città; siamo usciti dall'epoca della penuria di cibo e siamo entrati in quella dell'abbondanza; abbiamo ridotto l'attività fisica, persino nelle ore di svago; i prodotti di tutto il mondo sono entrati nella nostra alimentazione attraverso i supermercati (e gli spot pubblicitari). I nostri ragazzi non mangiano frutta e verdura (ma anche gli adulti non superano il 30% e come media siamo ben al di sotto dei 600 g al giorno consigliati dai nutrizionisti), ma questo perché spesso sono abbandonati a loro stessi ed hanno come compagni il frigorifero e il televisore. Il "cibo-spazzatura" ("junk food", per molti sinonimo di "fast food") non solo fa ingrassare, ma può portare anche a disturbi depressivi: una dieta sana è un ingrediente fondamentale per il corpo e per la psiche. Facile individuare le priorità: educazione ai consumi consapevoli, a cominciare dall'incentivare il consumo di ortofrutticoli. L'esempio della "first lady" Michelle Obama è contagioso.

Molte attività educative sono trasversali, stimolano la curiosità e possono suscitare entusiasmo: coltivare un orto in ambito scolastico permette di affrontare temi di scienze, storia, geografia, matematica, lingue straniere, arte, e via dicendo. Un modo di "fare scuola" che si è perso, quello del "saper fare", già preconizzato da Maria Montessori, e che è utile per sviluppare abilità manuali, conoscenze scientifiche, curiosità e pensiero logico interdipendente, in un contesto divertente. Del resto, la forma più naturale di apprendimento è basata sull'esperienza personale ("learning by doing"). I "baby ortolani" diventano curiosi, si arricchiscono di esperienze, conoscono valori sino allora sconosciuti, provano il piacere di vedere qualcosa che sotto la loro responsabilità sboccia, cresce e dona sapori, colori, benessere.

Solo la scuola può assolvere al grande compito di fornire ai giovani una cultura alimentare che li metta in grado di scegliere in maniera consapevole e di poter apprezzare i "valori" del cibo, a cominciare dalle sue valenze culturali (identitarie). Servirebbe sviluppare capacità critiche, tali da adottare stili alimentari più sobri e salutari, valutando le alternative al "sapore unico" e globalizzato di merendine e fast food.

Tra pochi giorni (20-22 Giugno) a Rio de Janeiro si terrà la conferenza RIO+20, a 20 anni di distanza dal vertice del 1992, primo summit sull'ambiente e lo sviluppo sostenibile della Terra. La sfida non è più solo quella di limitare gli effetti di alcune minacce ambientali (cambiamento climatico, perdita di biodiversità, desertificazione, esaurimento di risorse naturali), ma anche quella di promuovere nuove forme di sviluppo e di benessere sociale ed economico, legate ad un uso più efficiente ed equo delle risorse. Il World Future Council ha proposto l'istituzione della figura del "mediatore per le generazioni future": esse, pur essendo fondamentali per lo sviluppo sostenibile del futuro, non sono rappresentate nei processi decisionali. In tema di educazione ambientale, il coinvolgimento dei giovani è irrinunciabile. Esperienze dirette con piante e animali sono fondamentali per aumentare la sensibilità dei bambini nei confronti delle tematiche ambientali e favorire atteggiamenti conseguenti.

L'educazione ambientale come leva strategica per le politiche dello sviluppo sostenibile, oggi intesa come "educazione alla cittadinanza consapevole", ma anche "educazione al futuro", in un contesto che comprende anche il diritto all'apprendimento per tutta la vita. Educare all'ambiente e per l'ambiente è dunque un investimento per consentire la sopravvivenza e il graduale benessere diffuso delle popolazioni che vivono sulla Terra. La scuola, le istituzioni (e tra queste in primo luogo l'Università) e la società civile possono e devono assumere un ruolo attivo per un cambiamento culturale che sappia trovare le connessioni tra le azioni educative e il progetto di un nuovo equilibrio tra uomo e ambiente. E' indispensabile una visione sistemica per costruire un futuro sostenibile, consapevole e responsabile, collegando in un lavoro di connessione, integrazione, partenariato e interdipendenza tutti i portatori di interesse e le istituzioni impegnate nelle varie "educazioni" indirizzate a queste finalità: educazione alla salute, alla cittadinanza, alla pace, all'intercultura, all'ambiente.

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