[25/05/2012] News

La contraddizione essenziale: innovazione tecnologica e globalizzazione

Crisi ecologica e crisi economica, una straordinaria opportunitą (3)

Terza puntata dell'importante documento dei due storici ambientalisti in esclusiva per greenreport.it

Alcune analisi hanno indicato un ruolo centrale dell'innovazione tecnologica nella vicenda del mondo globalizzato, sempre di più teatro di una competizione feroce tra le economie e, ovviamente, tra le imprese. L'innovazione tecnologica vi ha giuocato un ruolo fondamentale, da una parte suscitando innovazione di prodotti, per una domanda sostenuta da bisogni individuali indotti nel consumatore e, dall'altra, mirando a ridurre, nella composizione dei costi di produzione, la voce più significativa: il costo del lavoro, in particolare con il continuo, accelerato aumento della produttività (e la conseguente riduzione degli occupati). Si è pervenuti così ad un divario crescente tra la velocità con cui aumenta la massa dei beni prodotti rovesciati sul mercato e la velocità con cui aumenta la spendibilità da parte del mercato.  Questo ruolo dell'innovazione tecnologica non ci pare che sia stato compreso in modo adeguato dalla riflessione degli economisti                                                                                                                                         Non si tratta, va sottolineato, di saturazione del mercato: milioni di donne e di uomini non hanno mai visto un telefono cellulare, ma troppo lenta è la velocità con cui essi entrano nella disponibilità del denaro per acquistarlo! Crisi di sovrapproduzione, dunque: rispetto alla capacità di acquisto, non rispetto ai bisogni.                                                                                                                    

Nulla di nuovo, si dirà: sono ben note, nel mercato capitalistico, le crisi di sovrapproduzione e, almeno in teoria, gli strumenti per tentare di riassorbirle.

Oggi bisogna però guardare alle conseguenze quantitative del carattere globale del mercato. Sia beninteso, il mercato ha smesso di essere ‘puntuale' o ‘locale' già dal Medioevo; le fiere vi avevano un carattere preminente, ma la banca nascente dava un respiro assai più ampio allo scambio delle merci e introduceva un significativo ruolo della finanza già a cavallo tra il XIII° e XIV° secolo. Italiani ai primi posti, come sottolinea il nome del tasso lombard. Ma l'espansione del mercato ha assunto a partire dal XX° secolo il ritmo della progressione geometrica, con la tumultuosa innovazione delle tecnologie di conservazione e trasporto delle merci, le quali hanno potuto fruire di vettori sempre più capaci e veloci o addirittura immateriali tramite internet. La velocità con cui si propaga l'offerta di merci aumenta a dismisura.

Il dispiego della innovazione tecnologica nel mercato globalizzato dà al processo un  carattere quantitativo difficilmente recuperabile con la strumentazione che viene messa in atto: quale gigantesca redistribuzione del reddito sarebbe necessaria per rispondere all'insufficienza di domanda effettiva che si è venuta determinando, insieme alla disoccupazione crescente!

Quella evidenziata ci sembra una contraddizione fondamentale, senza affrontare la quale tutte le strumentazioni di politica monetaria o economica e gli interventi di carattere finanziario appaiono destinati al fallimento. Difficile, in particolare, ritenere che l'austerità possa essere risposta efficace ad una contraddizione che ha alla sua radice l'inadeguatezza della domanda.

Proprio guardando a quella contraddizione, al ruolo della spesa pubblica e al prodursi delle bolle finanziarie, si può ripercorrere la storia, ad esempio, degli ultimi decenni del nostro paese:  sostenere le imprese sostenendo i consumi, dunque lasciando liquidità ai consumatori e assumendo a carico dello stato gran parte della spesa per la salute, la scuola, il welfare. Insomma, i conflitti capitale/lavoro furono attenuati da quell'intesa implicita che apriva spazio a politiche sociali avanzate. Da qui la crescita del debito non solo, dunque, a causa della sempre proclamata sciatteria, quando non della corruzione politica, delle amministrazioni degli anni '80 e '90. Che altro potevano fare, dentro il quadro degli strumenti giudicati politicamente accettabili?  Anche se, è bene ribadirlo, quei governi vi hanno aggiunto del loro coprendo evasione, corruzione e opportunismo elettorale.

Ma questi aspetti non spostano la natura essenziale del problema che sta nella compatibilità non governabile - nella realtà del mercato globalizzato - tra dimensione dell'offerta e meccanismi di formazione della domanda, corrispondenti evidentemente ai vari livelli di distribuzione dei redditi.

Fragile allora un impianto produttivo, sospeso nella aleatorietà della remunerazione degli investimenti e dunque esposto al finanziatore bancario e all'andamento del costo del denaro. Oltre che alla spregiudicata destrezza degli speculatori internazionali.  E l'imperativo della buona salute dell'impresa ha imposto sempre di più esigenze accelerate di aumento della produttività e, di conseguenza, l'attacco a consolidati diritti del lavoro e il taglio delle spese sociali: insomma l'aggressione al modello sociale europeo.                                                                            

Progressivamente, poi, in una seconda fase, per sopperire comunque alla insufficiente liquidità da parte dei possibili consumatori, si è ricorso in misura crescente, da parte degli operatori finanziari, da prima negli Stati Uniti e successivamente in Europa, alle varie forme di prestito, aumentando così enormemente il ruolo della dimensione finanziaria dell'economia. In tal modo fittizio, per l'effetto combinato di emissione di moneta nuova e di titoli, si annullava il rischio del crollo della liquidità: la domanda è stata aiutata da una crescita surrettizia (le bolle). In fondo, si poteva comprendere che si stava costruendo un meccanismo rischioso, nelle sue evidenti aleatorietà e instabilità:  perché non lo si è bloccato, o almeno corretto, ricorrendo a norme, a deterrenti internazionali? Al contrario, esso si è potuto sviluppare rapidamente anche in virtù di sistematiche deregulation.

3.continua

Torna all'archivio