[18/05/2012] News

Operai di tutto il mondo unitevi e scioperate contro le oligarchie finanziarie: stavolta stiamo con Rossi

Operai di tutto il mondo unitevi e scioperate «contro le oligarchie finanziarie che dominano il mondo e impongono le loro speculazioni contro il lavoro, l'impresa, i beni comuni: ambiente, salute, istruzione». E' il sogno di Enrico Rossi, il presidente della regione Toscana, spiegato in un incisivo post sul suo blog dove in poche righe riassume una delle convinzioni anche di greenreport.it. In tanti, negli ultimi decenni - scrive Rossi su ilsignorrossi.it - ci hanno voluto convincere che la classe operaia fosse finita, che il lavoro in fabbrica fosse «solo un ricordo nella società globalizzata e del capitalismo finanziario nella sua versione liberista e blairiana». Oggi scopriamo «che il mondo intero è diventato una fabbrica globale e che, a guardar bene, ci sono più di 2 miliardi di lavoratori dipendenti tra Cina, India, Indonesia e Brasile. E che gli operai continuano ad esistere anche nel mondo occidentale, anche se, quando non montano sulle gru, sembrano spariti dalla scena».

Non è più (o non è solo) una questione di lotta di classe. E non è nemmeno una questione di partito, perché sappiamo bene che è finita da un pezzo l'era dell'operario "rosso" con coscienza di classe, trasformato in occidente nel consumatore con speranza di diventare classe media (oggi nuovamente proletarizzata). Ma un bagno ‘salvifico' almeno nell'analisi della realtà. Il mondo globalizzato ha mandato in soffitta i predicatori della dematerializzazione e del lavoro senza industria. Come se il mondo finisse dentro i confini regionali o al massimo nazionali. Uno sguardo cortissimo, anzi, un'ottusa cecità di fronte al cambiamento vero in atto. Oggi gli operai sono nel mondo moltissimi (e il sottoproletariato ancora di più) e la loro maggior parte hanno diritti ridotti all'osso e stipendi da fame. La diversità è solo che per anni sono spariti agli occhi degli analisi e della politica, anche quella della sinistra  occidentale che, come dice Eric Hobsbawn, rischia di rappresentare ormai la classe media colta. Oggi gli operai hanno ancora più bisogno di prima innanzitutto di riguadagnare visibilità. E questo ha molto a che vedere sia con la sostenibilità sociale, ma anche con quella ambientale. Non c'è green economy senza il manifatturiero, chi dice il contrario non sa di cosa sta parlando. Ma non solo.

L'idea, di certo un po' utopica, di un grande sciopero generale permetterebbe anche alla politica di avere una grandissima chance. Quella di agire al livello di cui oggi c'è bisogno. Che non può mai essere quello solo nazionale. Di fronte allo strapotere dell'economia finanziaria rispetto a quella reale, un governo deve chiedersi e capire che cosa è nelle sue possibilità per intervenire a sanare una situazione completamente sfuggita di mano; allo stesso modo la politica deve alzare il suo livello di intervento e se ha a cuore un nuovo modello di sviluppo deve trovare sponde come minimo europee. «Forse - conclude Rossi -  il risultato immediato non sarebbe esaltante, ma potrebbe dare ai lavoratori di tutto il mondo la coscienza della loro forza e aprire una stagione nuova di lotte per la redistribuzione della ricchezza e la conquista di nuovi diritti, per l'affermazione della dignità delle persone e in definitiva di un rinnovato umanesimo nel nuovo Millennio. Io penso che un giorno accadrà...».

Anche noi speriamo che un giorno accada, ma se vogliamo che quel giorno arrivi siamo in tempo almeno a sollecitarlo e magari anche a scegliere definitivamente da che parte si vuole stare. Noi lo sappiamo, ma spetta ad altri ricostruire quella che qualcuno definiva l'unica forza del proletariato: l'organizzazione politica dei lavoratori e dei nuovi lavori, cosa che anche il partito di Rossi sembra essersi dimenticato.

 

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