[15/05/2012] News

Smaltire il plutonio, un problema indecidibile?

Il plutonio è un metallo molto pesante. Sulla Terra ce ne sono 500 tonnellate, non di più. Che occupano poco spazio. Eppure costituiscono un problema di gestione mica semplice da risolvere. Perché l'elemento transuranico di cui sono costituite è, nel medesimo tempo, una sostanza molto velenosa (centomila volte più del cianuro di potassio, tanto per fare dei paragoni) e fissile: ne basta poco per costruire un'arma nucleare. Si calcola che con quelle 500 tonnellate di plutonio si potrebbero costruire fino a 100.000 nuove bombe atomiche.

Il plutonio non esiste (quasi) in natura. Viene prodotto (quasi tutto) dall'uomo, a partire dall'uranio. Sia nel processo di costruzione delle armi atomiche. Sia nei reattori nucleari civili. Nel 1994 la National Academy of Science degli Stati Uniti ha definito gli stock di questo metallo una «minaccia chiara e attuale per la sicurezza nazionale e internazionale». Avanzando alcune proposte per minimizzare il rischio. A tutt'oggi, tuttavia, nessuno ha trovato una soluzione definitiva al problema.

Le possibili destinazioni finali delle 500 tonnellate di plutonio esistenti sono cinque. La prima è farne il cuore di un ordigno atomico. Ed è una destinazione che nessuno vuole, perché 100.000 nuove bombe a fissione sarebbero una soluzione molto peggiore del male che si vuole evitare.

Una seconda possibilità è la dispersione nell'ambiente. Ma sarebbe una soluzione folle, a causa della sua straordinaria velenosità: ne basta un grammo per uccidere ogni forma di vita in un raggio di 500 metri.

Una terza possibilità è tenerlo stoccato così com'è ora, aspettando che almeno la sua radioattività svanisca. Il guaio è che la radioattività del plutonio ha un tempo di dimezzamento di alcune decine di migliaia di anni. Non è facile assicurare che in tutto questo tempo per cause naturali o per azione di malintenzionati qualcuno dei rischi potenziali non si trasformi in una minaccia attuale. Anche questa opzione non è praticabile.

Per tutti questi motivi, le opzioni realistiche si riducono a due. La prima è quella di smaltirlo utilizzandolo in reattori controllati per la produzione di energia nucleare. I francesi hanno investito molto in questa idea. Hanno messo a punto reattori cosiddetti "Fast Breeders" (fertilizzanti veloci), che possono usare il MOX, una miscela di plutonio e uranio impoverito. Ma per poter smaltire il plutonio come MOX occorre separarlo dalle altre sostanze con cui si trova miscelato nei rifiuti. Un processo complesso e costoso.  Troppo, sostengono Frank von Hippel, Rodney Ewing, Richard Garwin e Allison Macfarlane (quattro studiosi americani) in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature. Una stima effettuata già nell'anno 2000, infatti, indica in quasi 600 milioni di euro il costo che la Francia è costretta ad aggiungere alla sua bolletta elettrica per riprocessare il plutonio. Sta di fatto, rilevano von Hippel e colleghi, che nessun paese straniero ha riconfermato i contratti già stipulati per comprare la tecnologia "fast Breeder".

A questo punto non resterebbe che una sola opzione: quella di "inertizzare" le scorie al plutonio e confinarle in un qualche sito, più o meno profondo. Le tecniche per circondare con materiali inerti e a tenuta i pericolosi rifiuti sono molte. E anche le indicazioni di siti considerati sicuri non mancano. Questa soluzione, sostengono von Hippel e colleghi, è la migliore. Ed è quella che consigliamo a tutti, perché è la meno costosa.

C'è tuttavia un problema (a parte quello di assicurare per decine di migliaia di anni la sicurezza di un qualsivoglia deposito), che i russi sollevano, per esempio, nei confronti degli Stati Uniti: il metodo consente di conservare il plutonio, rendendolo sempre disponibile a una potenza che volesse perseguire un progetto di riarmo nucleare. La soluzione, secondo i russi, potrebbe costituire una violazione degli accordi sul disarmo nucleare. Ma - accordi Usa-Russia a parte - il problema resta. Il plutonio conservato in deposito costituirebbe per millenni una "tentazione atomica" e una perenne minaccia di ritorno al riarmo nucleare.

Che fare, dunque? Il problema sembrerebbe non ammettere una soluzione. Il che impone una subordinata: cessare di aggiungere altro plutonio alle 500 tonnellate che non si sa come smaltire.

Torna all'archivio