[15/05/2012] News

Economia finanziaria e regole, il tragico gioco (d’azzardo) dell’oca

«Dopo la crisi finanziaria innescata dai mutui "subprime" e gli scandali relativi a operazioni truffaldine effettuate nel comparto dei derivati da singoli soggetti o da banche, non ha avuto un esito positivo la richiesta di misure di tipo normativo e operativo, invocate per ridurne drasticamente e renderne più trasparente l'attività (...). Il prevalere di interessi di segno opposto ha fatto fallire l'obiettivo». Carlo Azeglio Ciampi certifica così sul Sole24Ore quello che greenreport.it, già un anno fa (vedi link), nel suo piccolissimo aveva cominciato a denunciare: la richiesta di regole più ferree all'economia finanziaria, per bloccarne i tragici effetti collaterali che stavano minando anche la stabilità dell'intera Europa oltre che affamare un numero elevatissimo di persone nel mondo speculando sulle materie prime, erano una giaculatoria.

La sfuriata di Consob contro la dittatura degli spread, Obama che si inalbera contro Wall Street dopo il buco di Jp Morgan, tutti film già visti e rivisti e sempre senza lieto fine. Troppo forti le lobby, dice Ciampi, troppo pavidi e ignavi i partiti e i governi loro espressione, diciamo noi. Quando ormai nel già lontano 2007 anni è esplosa la crisi, e gli Occupy ancora non esistevano, i governi di mezzo mondo sembravo i nuovi paladini dell'anti-capitalismo tanto che qualcuno azzardò persino il tramonto del capitalismo stesso. Ma dopo cinque anni, gattopardescamente parlando, tutto è cambiato per non cambiare nulla.

Con buona pace anche di autorevoli economisti come Alberto Alesina, che proprio in un'intervista concessaci l'anno passato disse: «Non è affatto vero che i subprime sono diventati di nuovo in gran voga. Anzi, uno dei problemi di oggi è la cautela con cui le banche prestano soldi all'economia reale. Per quanto riguarda i rischi, se non si prendono rischi non si cresce». Se infatti è vero che le banche hanno il "braccino" per i prestiti all'economia reale, derivati e subprime sono invece ripartiti alla grande e questo non ha portato all'economia alcun vantaggio. Ciampi, da par suo, scegli i banchieri per rimediare alle storture: «Nonostante tutto però voglio continuare a confidare, oltre che nella saggezza e nella tenacia dei legislatori e dei regolatori, nella deontologia dei banchieri. I quali banchieri sanno perfettamente che, in mercati concorrenziali, ad alti profitti corrispondono rischi altrettanto elevati; sanno perfettamente che nell'amministrare, nel gestire mezzi finanziari il primo dovere è la tutela del risparmio loro affidato; sanno perfettamente che, alla lunga, solo una economia sana (alla cui crescita le banche devono concorrere in misura sostanziale) e non squassata da crisi finanziarie, e da repentine svalutazioni dei valori, mobiliari e immobiliari, può assicurare al sistema bancario stesso e ai singoli istituti progresso e sviluppo».

Noi, sinceramente, tutta questa fiducia non ce l'abbiamo. Anzi. Se siamo costretti ad andare avanti a colpi di shock economy, preferiamo allora che questi arrivino in senso contrario, da una scossa europea per esempio che nasca da Hollande e passi - attraverso una rivisitazione del Fiscal compact e un nuovo piano europeo per un'industria sostenibile -  per le prossime elezioni tedesche ed italiane.

Un colpo d'Europa che punti poi al nodo - o almeno a uno dei nodi - del problema che nessuno pare voglia affrontare: l'enorme squilibrio che c'è tra la velocità nel prendere le decisioni e nell'agire da parte dei mercati (i millisecondi di un click su un pc) versus la lentezza nel capire e nel muoversi dei governi.

Situazione che a nostro avviso dovrebbero capire anche i cantori della fine dell'Euro in stile Manifesto - che riescono oggi a liquidare la questione sostenendo che «la dissoluzione dell'euro a breve termine è già all'ordine del giorno nelle cancellerie e nelle stanze del potere (...) E non è detto che sia una tragedia. Certo il primo anno sarà terribile, ma forse non peggiore di quel che ci aspetta (...) - e che non cambierebbe nemmeno con un default programmato dell'Europa intera. I mercati se scommettono sulla fine dell'Europa vuol dire che, nel caso questo avvenga, ci guadagnano, mentre chi ci rimette sappiamo chi è. E soprattutto: dopo che succede? L'Italia si dà all'autarchia? Ognuno per sé? Un conto è dire che bisogna riscrivere le regole di questa malandata Europa, un conto che se anche crolla tutto, dopo un anno magari si sta meglio di ora, oltretutto senza argomentare con qualche ipotesi e numeri concreti. Che analisi è? Che prospettive sono?

La tirannia dello spread fa meno paura di certi ragionamenti a vuoto. Pur con il suo buon grado di utopia - e lo diciamo nel senso più alto del termine - è più concreta la proposta della campagna www.zerozerocinque.it, a cui greenreport.it aderisce in modo convinto.

Come potete leggere compiutamente in un altro pezzo su greenreport.it di oggi, la proposta di zerozerocinque è quella di una Tassa sulle Transazioni Finanziarie (TTF) «una piccola tassa in grado di frenare la speculazione e generare un gettito per le politiche di welfare, per la lotta alla povertà nel mondo, per la tutela dell'ambiente». Per tutta la settimana - da oggi a martedì prossimo 22 maggio - va in scena la Settimana di Mobilitazione Globale sulla Tassa sulle Transazioni Finanziarie. La campagna di 005 è cominciata due anni fa e il movimento globale ha già richiamato oltre 500.000 attivisti in tutto il mondo. La settimana di mobilitazione dal 15 al 22 maggio vuole essere un modo per renderci visibili ed aumentare il consenso popolare intorno a questa proposta. Noi ci stiamo.

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