[11/05/2012] News

“Synthetic ecology” per produrre biocarburante sostenibile dalle alghe?

La alghe potrebbero essere una soluzione per alimentare le nostre auto, gli aerei e le navi, ma la produzione di bio-carburante deve essere a basso tenore di CO2 e rispettare l'ambiente, e questo non sembra possibile con i metodi attualmente utilizzati. Ma secondo Elena Kazamia, David Aldridge e Alison Smith, i ricercatori dei dipartimenti scienze delle piante e zoologia dell'università britannica di Cambridge, la soluzione potrebbe essere trovata in quella che chiamano  "Synthetic ecology". I tre ricercatori hanno pubblicato sul Journal of Biotecnology  lo studio "Synthetic ecology - a way forward for sustainable algal biofuel production?" nel quale evidenziano che «La produzione di biocarburanti dalle alghe offre un grande potenziale come fonte sostenibile delle bioenergie senza competere con i seminativi e con le colture alimentari. 

Tuttavia, molte sfide devono essere superate per permettere che ciò arrivi in commercio sulla scala necessaria per produrre biocarburanti. Qui spieghiamo come la comprensione dell'ecologia delle alghe potrebbe portare ad una  più affidabile "raceway-based" coltivazione di microalghe, attingendo ai principi stabiliti della comunità ecologica per evidenziare le pratiche che potrebbero essere applicate per proteggere le colture algali dai contaminanti indesiderati. Utilizzando concetti teorici, dimostriamo come la comprensione delle dinamiche delle comunità locali a livello di specie potrebbe essere usata per migliorare la produttività, favorendo alcune strutture comunitarie rispetto ad altre».

Secondo i ricercatori, le coltivazioni di alghe per la produzione di biodiesel hanno le dinamiche di crescita di una coltura contaminata, secondo i noti principi ecologici delle monocolture e «Sono intrinsecamente instabile, quindi sosteniamo un approccio comunitario per la coltivazione delle alghe. Proponiamo il concetto di "synthetic ecology" per la progettazione di una "community de novo"».

Lo studio evidenzia che potremmo avere bisogno di cambiare il modo di coltivare le alghe, passando dai sistemi chiusi a vasche aperte, se si vuole che siano davvero a basse emissioni di carbonio e convenienti. Attualmente la produzione di alghe in sistemi chiusi, solitamente utilizzate per ingredienti cosmetici, utilizza troppa energia mantenendo l'ecosistema isolato dall'ambiente circostante. Il team di Cambridge suggerisce di coltivare le alghe in stagni aperti: «Le alghe vanno integrate con le specie che più aiutano a sostenere le alghe in qualche modo. Ciò renderebbe il sistema meno vulnerabile alle influenze esterne, come i predatori. Gli ecosistemi con un maggior numero di specie sono più stabili e più resistenti ai cambiamenti rispetto ai sistemi monocolturali costituiti da una sola coltura». 

Il termine "synthetic ecology" è stato coniato proprio per descrivere la creazione di ecosistemi artificiali con specie diverse. La Kazamia evidenzia che «Una synthetic community  complessa rispecchia le comunità naturali molto più da vicino. La monocultura non è molto naturale. C'è una tendenza verso la complessità in un ambiente naturale, con il tempo le comunità diventano più complesse».

In un ecosistema naturale ci sono molte nicchie ecologiche da occupare per diverse specie. Più sviluppato è l'ecosistema, maggiore è la sua complessità e più ruoli ci saranno da ricoprire. Gli ecosistemi complessi sono spesso molto stabili, meglio adattati alle condizioni locali, e con tutte le nicchie ecologiche occupate.

In un ambiente stabile, complesso  e vitale è difficile per una nuova specie competere con quelle che già occupano una nicchia ecologica «Poiché è improbabile che nuove specie invadano con successo l'ecosistema, per le alghe, potrebbe significare che nessuna specie nociva potrebbe facilmente stabilirsi nella zona di coltura».

Le altre specie presenti in questo ecosistema artificiale avrebbero altri ruoli rispetto alla semplice tutela dell'ecosistema contro gli invasori: «L'aggiunta di animali erbivori, come il plancton che mangia alghe diverse da quelle coltivate, potrebbe impedire che questi altri tipi di alghe prendano ilsopravvento. Batteri accuratamente selezionati potrebbe fornire vitamine essenziali o nutrienti per le alghe - sottolinea Kazamia - Per tutte le comunità c'è un punto in cui la crescita è limitata dalle sostanze nutritive disponibili nell'ecosistema. Una cosa che l'ecologia sintetica può fare è pensare a modi intelligenti per ottenere risultati su questo. Per esempio, in un ambiente povero di azoto è possibile utilizzare i batteri che fissano l'azoto».

I batteri azoto-fissatori sono una componente essenziale della maggior parte degli ecosistemi, permettendo alle piante di fissare l'azoto per produrre proteine. I ricercatori stanno anche cercando di combinare le alghe con i batteri che producono l'essenziale vitamina B12.

"Dato che abbiamo poca o nessuna esperienza di alghe che crescono su larga scala, abbiamo una buona occasione per provare qualcosa di nuovo, basato sulla scienza - aggiunge la Kazamia - Per i ricercatori, un nuovo raccolto di alghe rappresenta una possibilità di avviare da zero le tecniche in via di sviluppo, utilizzando la scienza per informare le tecniche utilizzate e lavorare con la natura invece che contro di essa.

C'è ancora un grande dibattito sul modo migliore per sfruttare i combustibili algali, e le prove industriali sono poche. Forse potremmo farlo con una migliore comprensione della biologia delle alghe, ma abbiamo abbastanza conoscenze teoriche sugli ecosistemi, quello che ci serve sono alcune prove sul campo. Dovremmo vedere di quanti giocatori abbiamo bisogno per un sistema solido. Studi precedenti sull'agricoltura di terraferma  suggeriscono che abbiamo bisogno di 20 specie. È lo stesso per gli ecosistemi acquatici? E' ancora in gran parte sconosciuto».

 

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