[08/05/2012] News

Green Cloud e i pc "svaniscono" nella nuvola. Sarà vera rivoluzione?

Ecco i thin client, una sorta di decoder tv dalla vita lunga e dai costi super ridotti

La sostenibilità ambientale impone per il metabolismo economico una riduzione dei flussi di energia e di materia. L'Ict (Information and Communication Technology) è sempre stata vista come la possibilità di dematerializzare l'attività umana, ma col tempo si è capito che si è trattata di una sopravvalutazione. Questo non significa certo che sia meglio lasciar perdere, anzi, ma che va affrontato il tema per quello che è: l'uso dei Pc ha cambiato il modo di comunicare e di lavorare ad ogni latitudine portando con sé anche i suoi impatti ambientali sotto forma di consumi di energia e di materia (vedi le "terre rare" fondamentali per gli smartphone) e con loro la coda del 'progresso', sottoforma delle tonnellate e tonnellate di rifiuti delle macchine che hanno tempi di durata assai brevi per colpa di innovazioni hardware e soprattutto software.

Il cloud computing, lo abbiamo già scritto tante volte, contiene in sé potenzialmente la possibilità di ridurre la necessità di memoria nei Pc e forse anche di energia, ma fino ad oggi il Pc doveva comunque stare al passo dei tempi e subire l'obsolescenza (programmata o no) perché non più in grado nel breve tempo di mantenere certi standard "qualitativi".

Ma qualcuno ci ha studiato, almeno da quanto si apprende leggendo il progetto di Green Cloud, una società nata nel 2009 con sede nel Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso (nella foto), che si trova lungo l'autostrada A4 alle porte di Bergamo, ed è considerato un contesto d'eccellenza che ospita aziende, centri di ricerca, laboratori, attività di produzione high-tech e servizi all'innovazione.

«Adottando la soluzione Green Cloud - si legge sul sito dell'azienda - , i personal computer vengono sostituiti dai thin client (in photogallery), che non è più necessario dover sostituire per aumentare potenza e quindi possono essere tenuti in azienda per un periodo molto più lungo». Siamo un passo avanti nel futuro?

Abbiamo deciso quindi che fosse il caso di approfondire la questione con Gianmarco Gabrieli (In photogallery), presidente di Green Cloud. 

Come riportato sul vostro sito, "Secondo Gartner Inc., la società leader a livello mondiale nel settore ricerche e consulenze, il mercato dei desktop virtuali è destinato a svilupparsi ulteriormente nei prossimi anni per raggiungere, entro il 2013, le 50 milioni di postazioni, dalle attuali 500 mila. In pratica, la società di ricerche prevede che il valore del mercato dei desktop virtuali, rapportato con quello dei Pc usati professionalmente, possa crescere in cinque anni dall‘1% scarso del 2009 al 40% e oltre in soli cinque anni." La vostra esperienza aziendale conferma l'inizio di questa nuova tendenza, qual è il quadro attuale e quali le prospettive del mercato italiano in questo settore?

«La tendenza esiste ed è confermata dalla migrazione quotidiana di aziende verso questa nuova tecnologia, anche se è inferiore alle prospettive del 2009 per le difficili situazioni di crisi economica. Le stime attuali valutano il mercato italiano in circa 130 milioni di euro nel 2010, con la previsione di raggiungere i 400  milioni di euro entro il 2013».

Quali sono le funzionalità ed il costo di un thin client da voi proposto, raffrontato ad un comune notebook?

«I thin clients da noi proposti sono generalmente con Windows XPe e una ridotta funzionalità in quanto il loro scopo è quello di funzionare come un "decoder televisivo" nella ricezione delle immagini del desktop virtuale e remotizzato. Il costo di un thin client con Windows XPe da noi proposto tramite la formula del noleggio e con tutte le garanzie di sostituzione e gli interventi accessori (dall'installazione alla manutenzione) è tra i 7 e i 10 euro a seconda del modello richiesto. Il costo totale di possesso risulta quindi decisamente inferiore ad un qualsiasi personal computer. Inoltre un Thin Client ha un consumo energetico di circa 15/25 watt e permette dei notevoli risparmi (di circa 50€ l'anno per postazione) rispetto ai personal computer tradizionali. Per avere uno strumento completo, al Thin Client deve essere abbinato un desktop remoto il cui costo dipende in gran parte dal software che si decide utilizzare».

La soluzione cloud da voi proposta si propone di combattere il fenomeno ormai dilagante dell'obsolescenza programmata dell'hardware?

«Non è una obiettivo che ci siamo posti, ma una conseguenza di come è stata progettata la nostra infrastruttura, in quanto possono coesistere sistemi diversi (ad esempio usare all'interno dello stesso desktop diverse versioni dello stesso applicativo) e della focalizzazione del progetto sugli obiettivi che l'azienda si pone, con la  conseguenza che l'hardware viene relativizzato».

C'è poi l'annoso problema della sicurezza dei dati...

«E' necessario far comprendere che nessun dato è totalmente al sicuro in quanto la tecnologia posseduta dagli hacker è in costante miglioramento, ma tali rischi si possono ridurre notevolmente adeguando costantemente il proprio hardware e software, adottando delle policy aziendali, formando di continuo il proprio personale. Però il piccolo imprenditore non riesce a farlo perché non hai i mezzi per inseguire l'evoluzione tecnologica e necessariamente deve delegare ad una persona del suo staff, o ad un consulente o ad una società esterna la gestione dei propri dati confidando in un rapporto fiduciario. Quindi il problema della sicurezza dei dati dipende non solo dalla tecnologia che viene adottata ma anche dall'affidabilità delle persone: con l'esternalizzazione dei propri dati, l'azienda entra in un processo di scardinamento del concetto possesso/proprietà dei dati, e quindi dopo essersi resi conto che la tecnologia in Cloud è superiore, l'attenzione passa sulle persone e quindi sul rapporto fiduciario che è alla base di una seria gestione dei dati».

A tre anni dalla nascita della vostra società, come ha reagito il mercato di fronte alle vostre soluzioni?

«Il primo anno è stato dedicato alla preparazione dell'infrastruttura pilota e la relativa messa a punto, quindi il confronto con il mercato è avvenuto solo negli ultimi due anni ed è stato sufficientemente positivo da permetterci di raggiungere il BreakEven. In generale possiamo riscontrare un apprezzamento delle tecnologie proposte, anche se l'adozione delle stesse dipende da tempi e processioni decisionali dilatati».

Come incide l'ormai annoso problema del digital divide italiano nella diffusione della tecnologia cloud?

«Il digital divide è una condizione psicologica e culturale e non di mezzi a disposizione. La diffusione del cloud aiuta le persone ad entrare in maggiore confidenza con la tecnologia perché lascia intravedere le potenzialità, come lo scambio di informazioni e forme nuove di lavoro (e divertimento) collaborativo. Infatti, possiamo riscontrare un crescente interesse per le applicazioni business che derivano da una maggiore familiarità con le applicazioni in nuvola sia personali che famigliari».

Da imprenditori, quali provvedimenti ritenete più urgenti da adottare per ammodernare l'infrastruttura digitale italiana, e con quali espliciti vantaggi?     

«Servirebbe un piano Marshall per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, perché porterebbe ad una drastica riduzione dei costi legati alla burocrazia, all'inefficienza amministrativa che è una spesa per il mondo del lavoro e parallelamente permetterebbe la diffusione capillare di una cultura digitale.

"Con la testa digitale e il cuore verde per contribuire al risparmio energetico, al basso impatto ambientale, al decongestionamento delle città, al miglioramento della relazione con il territorio, degli stili di vita e di consumo." Con queste parole il ministero dell'Ambiente ha recentemente presentato il progetto "Nuvola verde": qual è il vostro giudizio in merito?

«A parte il fatto che "Nuvola Verde" è un marchio da noi registrato tre anni fa essendo la traduzione in italiano del nostro marchio,  è sicuramente piacevole scoprire di essere precursori di  una linea di pensiero che condividiamo, anche se da imprenditori, ci aspetteremmo meno convegni e più azioni pratiche, come ad esempio l'adozione della carta d'identità digitale, che non si riduce ad una smart card, ma anche ad un sistema unitario a livello italiano di gestione dei registri anagrafici».

Quale apporto ritenete che l'economia "digitale" potrà dare allo sviluppo di un'economia sostenibile e la creazione di nuovi posti di lavoro?

«L'apporto può essere fondamentale se si intende per "nuovo posto di lavoro" un nuovo modo di lavorare (e quindi una trasformazione degli stessi) e non quindi come "maggiore possibilità di occupazione" che è invece legata a fattori macroeconomici diversi. La tecnologia digitale permette un maggior controllo e quindi la possibilità di ridurre gli sprechi ed il consumo di risorse: pensiamo ad esempio a tutte le applicazioni smart, come lampioni stradali intelligenti che si aumentano l'intensità luminosa al passaggio di un veicolo».

"L'esplosione del cloud computing fa crescere la domanda di elettricità da fonti energetiche sporche e pericolose quali carbone e nucleare. È quanto emerge dal rapporto di Greenpeace International "How Clean is Your Cloud?", un'analisi delle scelte energetiche di 14 compagnie IT a confronto." Greenpeace, nel suo rapporto afferma che "Mentre un numero crescente di utenti in tutto il mondo usa la nuvola per immagazzinare e condividere dati, le compagnie costruiscono sempre più data center. I giganteschi edifici che li ospitano sono visibili dallo spazio, contengono migliaia di computer e consumano un quantitativo enorme di elettricità. Alcuni data center consumano quanto 250 mila case europee. Se la nuvola fosse uno Stato, la sua domanda di energia elettrica sarebbe la quinta al mondo: nel 2020 sarà il triplo." Qual è la vostra opinione su questo recentissimo studio, e quale la politica energetica seguita dalla vostra impresa?

«Stiamo vivendo una fase di passaggio, dall'era di "un pc per ogni tavolo" a "un dispositivo per ogni persona" con uno spostamento verso il Cloud della capacità di elaborazione ed archiviazione presso i datacenter e un aumento del fabbisogno energetico e, premesso che è fondamentale verificare e spingere verso un uso delle fonti energetiche più pulite, bisogna considerare oltre la qualità anche la quantità dell'utilizzo complessivo nell'ambito Ict. Quindi è corretto verificare l'aumento del fabbisogno energetico del Cloud, ma bisogna apprezzare che questo accentramento permette ai datacenter di essere di molto più efficienti rispetto alle centinaia di milioni di personal computer sparsi per il mondo. Inoltre, se consideriamo  che uno dei primi computer l'ELEA gestiva 500MB di informazioni (circa un decimo di un Dvd) e aveva un consumo di 20 KW/h (quasi come mille thin client) possiamo sicuramente aspettarci ulteriori ed importanti innovazioni e salti tecnologici che ci permetteranno una forte riduzione dei costi energetici.

Green Cloud ha adottato una sensibilità verso le politiche ambientali/energetiche a 360°. Abbiamo deciso di insediarci al Kilometro Rosso perché è un contesto di eccellenza anche dal punto di vista ambientale, infatti l'edificio "Centro delle Professioni" nel quale siamo ubicati è di classe A e le prestazioni energetiche sono oggetto di un costante monitoraggio condotto dall'Università di Bergamo. Inoltre, abbiamo scelto di utilizzare  datacenter che già nel 2009 erano certificati ISO14001 e usavano almeno un quinto dell'energia da fonti rinnovabili.

Inoltre il nostro modello di business, favorisce la riduzione complessiva dei consumi energetici.  Trovandoci in una fase iniziale di adozione della tecnologia, alcuni nostri clienti hanno trasferito l'infrastruttura in Cloud utilizzando (riutilizzandoli) alcuni Pc in azienda per accedere al desktop virtuale, ma quando verrà fatto il passaggio completo dai Pc ai thin client, la somma complessiva dei consumi energetici dei nostri clienti sarà ridotta del 70%  rispetto ad una tradizionale struttura informatica distribuita».

 

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