[07/05/2012] News

Elezioni, l'Europa che cambia: «E' adesso che cominciano i problemi»

François Hollande ieri notte, mentre ringraziava i francesi davanti ad una folla impazzita di gioia, è apparso preoccupato e dimesso ed ha avvertito: «E' adesso che le difficoltà cominciano», riecheggiando il celebre «Enfin, les difficultés commencent»  attribuito a Léon Blum (ma che in realtà fu detto dal socialista Bracke-Desrousseaux) nel 1936, dopo la vittoria del Front populaire.

Purtroppo, come ci dice l'avanzata dell'estrema destra in Francia e il riemergere del nazi-fascismo con  il successo di Alba Dorata in  Grecia, ha ragione Pierre Haski a scrivere su "Rue 89" che passata la sbornia del successo, la sinistra farebbe bene a rendersi conto il più presto possibile che «La vittoria elettorale del candidato socialista è la parte più facile del programma. Questa vittoria è pertanto lontana dall'essere acquisita, sia per François Hollande personalmente che per la sinistra. Deve molto, evidentemente, alla detestazione che ha saputo accumulare metodicamente Nicolas Sarkozy durante il suo quinquennato e particolarmente in un finale di campagna odioso (ma che gli ha consentito un forte recupero a destra ,ndr) ed alla crisi che ha provocato delle alternanze quasi sistematiche ad ogni scrutinio in Europa in questi ultimi anni (dal  2009, 11 disfatte degli uscenti in Europa)».

E' il caso anche di quello che è accaduto sempre ieri  nel Lander tedesco dello Schleswig-Holstein, dove la Cdu della cancelliera Angela Merkel resta il primo partito (30,5%) perdendo meno del previsto, ma prosciugando gli alleati liberali e consentendo un'avanzata dei socialdemocratici (29,5% e +4%) e uno strabiliante  successo dei "Piraten" e un'avanzata dei Verdi che arrivano al 14% (e che tutti davano per spacciati).

Ma è soprattutto il caso di quel che è accaduto in Grecia dove i due Partiti storici crollano, con il conservatore Nea Democratia  (19%, aveva il 33,5% nel 2009) che diventa il primo partito greco solo grazie al collasso dei socialisti del Pasok (13% dal 43,9%). Il secondo partito greco è diventato, con il 16,6%, Syriza, che subito in Italia è stato etichettato come "sinistra radicale" e che invece è un partito "europeista" (o meglio  "diversamente europeista") ed ecologista, con alle spalle una classe dirigente giovane ed una storia di innovazione rispetto alle ossificazioni dell'ortodossia comunista ed al socialismo familistico-clientelare del Pasok. In effetti quel che è stato presentato come il "caos" greco è una netta svolta a sinistra completata dalla tenuta del Partito comunista greco e di Sinistra democratica, mentre non riescono ad entrare in Parlamento i verdi, fermi di poco sotto lo sbarramento del 3%. Preoccupa, e molto, il 6% ed oltre dei neonazisti di Chryssi Avgi (Alba Dorata) che però prosciugano i fascisti del Lao e le altre formazioni nostalgiche della dittatura dei colonnelli.

L'Europa democratica, e soprattutto la sinistra, dovranno fare i conti con questi fantasmi del fascismo che risorgono con molti volti in quasi tutti i Paesi, mentre le tre elezioni francese, tedesca e greca ci dicono che ormai gli elettori sono stufi della minaccia dei mercati con la quale si vogliono condizionare le scelte degli elettori e i crolli in borsa post elettorali sembrano una scomposta reazione di un mercato impazzito a risultati democratici non graditi, l'evidenza della dicotomia sempre più forte tra un elettorato che cerca confusamente vie d'uscita dal pensiero unico, decisamente applicato dalla Merkel,

Sono da registrare due cose "curiose": in Francia e Germania vincono Partiti socialdemocratici "classici" che hanno dimostrato di saper dialogare senza pregiudizi con le nuove forze della sinistra, in Grecia vince una sinistra moderna, Syriza, che ha saputo dare alla "working class" impoverita un'idea diversa dell'Europa e dell'uscita dalla crisi, mentre la destra si incarna in un  partito neonazista che non nasconde di ispirarsi ad Hadolf Hitler, fin nei simboli lugubri delle sue bandiere, ma avanza grazie alle randellate contro gli immigrati e alla denuncia della dittatura economica della Germania, patria degli aguzzini nazisti ai quali si ispira e che la Grecia l'avevano davvero invasa e messa e ferro e fuoco. E' l'osceno revisionismo, la "dimenticanza strategica" che abbiamo visto anche in Italia arrivare fino al governo, che ha permesso all'estrema destra di crescere in tutta Europa, assumendo di volta in volta l'aspetto paciosamente ariano della bionda madame Le Pen, lo sputazzante disprezzo xenofobo di un Borghezio qualsiasi o le oscene dichiarazioni da talkshow della siliconata Santarchè,

I sacri mercati e le destre "perbene" che si trovano di fronte al fallimento di un sistema, di una politica e di un'ideologia, sembrano prigionieri di questa complicità, di questo cedimento democratico (o repubblicano, come dicono i francesi) e forse i richiami ben diversi ad un'alleanza "umanista" ed europea fatta da Hollande e a quella patriottica e nazionalista fatta dalla Le Pen dicono meglio di tante analisi quale sarà la linea sulla quale si posizionerà la battaglia politica europea e per la stessa sopravvivenza dell'Europa e della sua idea di democrazia che conosciamo.

Non sembra capirlo il premio Nobel per l'economia Paul Krugman che in un commento sulla sua rubrica "The coscience of Liberal"  sul New York Times dice che le elezioni francesi e greche dimostrano che «Il fatto fondamentale in  Europa in questo momento è che la strategia di regolamentazione attraverso l'austerità e la svalutazione interna non funziona, non funziona, e si sta rapidamente trasformando in un disastro sociale e politico. La questione ora è se c'è una via d'uscita che non comporti la rottura dell'euro. E non chiamiamola impensabile rottura dell'euro. Causerebbe grandi perturbazioni di breve periodo, sarebbe un duro colpo al progetto europeo, ma potrebbe almeno offrire un percorso per un'eventuale ripresa, la Spagna avrebbe avuto la possibilità di ripristinare la competitività attraverso una peseta svalutata, il che sembra infinitamente lontano dalla portata nelle condizioni attuali. Se non vi piace questo risultato, dovete presentarne uno migliore».

Insomma, per  Krugman  le elezioni francesi e greche indicano una via d'uscita dalla crisi dell'Ue, «Anche se non nel modo che vogliono i tedeschi» e rispiega che  «La storia del successo tedesco è basata su un (modesto)  boom inflazionistico in gran parte del resto d'Europa».  La soluzione sarebbe quella di permettere ai Paesi "periferici"  più in crisi di avere più possibilità di manovra, «Ma ciò significa, un' inflazione generale nell'area dell'euro significativamente superiore al target di meno del 2%. Significa certamente molto superiore all'1,5% di quel che il mercato si aspetta al momento. Non piace? OK, quindi non euro. It's that stark».

Ma i problemi che cominciano per François Hollande sono  molto più grandi del mero approccio  economico della provocazione di Krugman, riguardano l'intera sinistra europea e la stessa sopravvivenza dell'Ue, e ci sembra li descriva bene, declinandoli in francese, Haski su "Rue 89": «Perché ha la pesante responsabilità di fare tutto in una volta: superare le fratture accumulate tra i francesi; affrontare le riforme economiche e sociali; vincere le legislative per poter governare a lungo; allentare la stretta mortale dell'austerità in Europa; far fronte alla rabbia della speculazione che inevitabilmente lo metterà alla prova. A più riprese il candidato socialista ha confidato di non voler essere un semplice " momento" per la sinistra al potere, travolto allo scrutinio seguente come è accaduto troppo spesso, ma di lasciare il segno della sinistra nel tempo, François Hollande lo sa: non ha il diritto di deludere, non ha il diritto  di fallire, anche se il contesto rende questo doppio impegno una missione impossibile. La sfida è francese, è europea. I risultati simultanei delle elezioni legislative greche, che segnano la disfatta dei due grandi partiti che hanno dominato la vita politica, e l'entrata di un partito neo-nazi nel Parlamento nazionale, una première dalla Seconda Guerra mondiale, dimostra  la gravità della crisi politica e morale, oltre che economica e sociale».

E allora, mentre destra e sinistra si confrontano nuovamente, il "centro" si squaglia e la politica sembra volersi svegliare dall'incantamento dell'ideologia iperliberista e dall'incubo della morsa mortale del capitalismo finanziario, è bene ricordare quel che Léon Blum disse ai sui compagni festanti il 10 maggio del 1936, presagendo la tragedia alla quale il nazi-fascimo avrebbe portato la Francia, l'Europa ed il mondo: «In una battaglia come questa ci vuole un capo, bisogna che i comandi vengano eseguiti sotto il vostro controllo permanente, ma nella loro pienezza. Non ho mai usato con voi un linguaggio del genere. Sapete il credito che posso avere con voi,  nel Partito, io lo debbo, al contrario, ad uno sforzo costante di conciliazione e di persuasione. Oggi è un'altra cosa. Bisogna che, di fronte alle nuove circostanze, un altro uomo si riveli nell'uomo. Io so che, senza distinzione alcuna, la vostra fiducia in me è intatta. La merito e la meriterò. Non so se ho le qualità di un capo in una battaglia così difficile: non posso saperlo, non più esattamente di ognuno di voi. E' una prova che farete su di me e che farò su me stesso. Ma se c'è qualcosa che non mi mancherà mai, è il coraggio, è la fedeltà... Vi voglio dire ancora che oggi non mi presento a voi come un uomo già travolto in anticipo sotto il peso dei cariche delle responsabilità, benché, credeteci, io le conosco. Non vengo qui da voi dicendovi: "Allontanate da me questo calice, non  ho voluto questo, non ho chiesto questo" Si, si, ho chiesto questo e l'ho voluto,  perché questo è la vittoria del nostro partito all'interno di una vittoria repubblicana».

Da allora iniziarono davvero le difficoltà e finirono con l'invasione nazista della Francia. Situazioni certo molto diverse dall'oggi, ma l'oscena Alba Dorata spuntata in Grecia e la fiamma fascista rinvigorita del Front National gettano una luce livida sull'avanzata della sinistra in Europa: un pericolo di regresso democratico,  ideale e culturale che potrà essere ostacolato solo da quell'alleanza "umanista" invocata da Hollande per salvare nuovamente la Francia e l'Europa dal sonno della ragione che genera mostri.

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