[27/04/2012] News

Righini (Fiper) risponde a Passera: «Bene efficienza, ma invece del petrolio pensiamo a biomasse e biogas»

Verso il nuovo piano energetico nazionale

«Condividiamo le dichiarazioni rilasciate ieri dal ministro Passera durante l'audizione alla Commissione Industria del Senato sulla necessità di puntare sull'efficienza energetica perché è la prima delle leve che consente - come puntualizzato dal ministro - di cogliere praticamente tutti gli obiettivi di politica energetica contemporaneamente» commenta a caldo il presidente Fiper (Federazione italiana produttori di rnergia da fonti rinnovabili) Walter Righini a greenreport.it.

Ma aggiunge «Ci aspettiamo tuttavia, che nella nuova edizione del Piano Energetico Nazionalevenga definita una strategia chiara e condivisa per la promozione delle fonti rinnovabili termiche. Nel nome della razionalizzazione, auspicata dal ministro, è prioritario definire costi/benefici di ogni singola tecnologia termica in termini energetici, occupazionali e ambientali per il Sistema Paese e quindi favorire le più competitive. In quest'ottica si è avviato ieri il Coordinamento delle Associazioni delle rinnovabili termiche e dell'efficienza energetica (C.A.R.T.E.) con l'obiettivo aprire un tavolo di lavoro con il Governo sui decreti per le rinnovabili termiche e l'efficienza energetica».

Come riportato oggi dal Sole24Ore, il ministro Passera sostanzialmente ha proposto di raddoppiare la produzione nazionale di petrolio e gas «mobilitando investimenti per 15 miliardi di euro per creare 25 mila posti di lavoro e regalare al Pil un provvidenziale 0,5% in più». Ovviamente e come annunciato vuole inoltre correggere gli incentivi ‘non ottimali' alle rinnovabili mettendo sotto controllo il decollo del fotovoltaico per promuovere di più il solare termico e l'efficienza.

Proprio sull'efficienza energetica ha detto che «è la prima delle leve poiché consente di cogliere praticamente tutti gli obiettivi di politica energetica allo stesso tempo». Perché le conoscenze e le potenzialità italiane nel settore (dalle reti intelligenti alla domotica) sono di assoluta eccellenza, «con un potenziale volano di crescita economica importante».
Assai più discutibili sia le dichiarazioni sul fotovoltaico, sia sulla necessità di produrre più petrolio, che invece ha spinto Stefano Saglia del Pdl (già sottosegretario allo Sviluppo) a sottolineare che il solo «territorio della Basilicata è in grado di offrire già oggi la produzione di più di 150mila barili al giorno».

E anche su questo Righini esprime a greenreport il suo punto di vista: «Se dalle trivellazioni non è certa la quantità di idrocarburi disponibile, conosciamo molto bene il potenziale energetico dei nostri boschi abbandonati, cresciuti a dismisura negli ultimi anni. Incentivare la filiera biomassa-energia per la produzione di calore significa soprattutto creare occupazione in ambito locale, e promuovere un modello di economia sostenibile. In Italia è disponibile biomassa legnosa vergine proveniente da bosco, sufficiente a riscaldare 801 comuni alpini e appenninici oltre agli 85 già riscaldati dal teleriscaldamento a biomassa. A titolo di esempio, per riscaldare 300 comuni al di sotto dei 5000 abitanti, il consumo di biomassa si aggirerebbe intorno a 3 milioni di metri cubi stero (700 mila ton/annue) per un giro di affari di 50 milioni di euro circa, senza contare il fatturato per le aziende costruttrici dell'indotto industriale.

Se questi numeri si aggiungono ai 7-8 miliardi di metri cubi di biometano agricoli, con una potenzialità di coprire almeno il 10% dei consumi nazionali, come sottolineato da Confagricoltura, il Bel Paese inizierebbe a produrre biocombustibile nazionale per riscaldare i propri cittadini, con l'effetto immediato di attirare investimenti, creare nuovi posti di lavoro su territorio e alleggerire la bilancia commerciale».

«Ai 20.000 posti di lavoro che si creerebbero con le trivellazioni - continua Righini - , Coldiretti ha stimato che l'indotto che si realizzerebbe incentivando la filiera biomassa-energia si aggira intorno alle 600.000 unità al 2020». Utilizzo di tutte le energie rinnovabili è anche il punto di vista di greenreport. Pensare che una sola possa aiutarci a far de-carbonizzare l'economia è infatti pura fantascienza.

L'utilizzo del petrolio (o anche solo la sua ricerca ai fini di stock potenziali) e del gas "nostrano" è poi un argomento su cui ci siamo spesi peraltro senza tabù, ovvero abbiamo posto il problema che una valutazione va fatta sulla base dei costi benefici dell'operazione rispetto all'impatto ambientale e sociale. Va ricordato che in Italia l'attività di estrazione già esiste e attualmente ci sono 107 piattaforme offshore dedicate all'estrazione di gas naturale, quasi tutte nel mare Adriatico.

Che ci sia un grosso impatto ambientale è ovvio, che questo impatto sia sostenibile però solo quando è lontano dagli occhi (ad esempio in Africa) è invece molto più discutibile. Di certo di energia, anche se dovessimo essere super efficienti, ce ne sarà sempre (verosimilmente più) bisogno, anche una volta tolte ridotte le distorsioni del mercato specialmente (è un auspicio) quelle imposte dall'economia finanziaria e dunque bisognerà trovare un compromesso non al ribasso, certo, ma sempre di un compromesso si tratterà perché pasti gratis non esistono, nemmeno con le rinnovabili. Se si vuol dire no al petrolio e - dopo la transizione verso le rinnovabili - al gas, non si può dire no all'eolico, alla geotermia, alle biomasse ecc.

«L'invito pertanto che rivolgiamo al ministro - è invece la conclusione del pensiero di Righini - è promuovere ex novo una politica energetica per il riscaldamento e raffrescamento che punti sul mix energetico tra le diversi fonti presenti sul territorio, privilegiando quelle a basso impatto ambientale con significativa ricadute in termini occupazionali. Incentiviamo sì la crescita, ma che sia possibilmente sostenibile!».

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