[16/04/2012] News

Il mercato insidiato dell'energia

Con il Convegno "Il mercato insidiato dell'energia" promosso da Radicali Italiani abbiamo voluto capire quali sono le principali criticità del complesso settore energetico in vista di una maggior trasparenza e competitività dello stesso in una prospettiva di rientro dal debito ecologico, cioè da quell'incontrollato e sempre maggior consumo di risorse ambientali che appartengono anche alle future generazioni.

Parlare di energia significa per Radicali Italiani parlare contemporaneamente di ambiente e di territorio. Significa anche, come è emerso dal Convegno, parlare dello Stato che vogliamo perché nel campo energetico si giocano scelte pubbliche decisive che riguardano l'intera dimensione ecologica ed economica del Paese che va dal tipo di sviluppo verso cui ci si orienta, al tipo di ruolo che si intende assegnare allo Stato. Uno Stato, il nostro, che cede ancora troppo spesso alla tentazione di sedersi al timone di scelte che, in un'economia di mercato, non gli competono più.

Da più parti è infatti emersa la criticità del conflitto di interessi a cui il Governo-legislatore-arbitro si espone nel momento in cui è anche azionista di "campioni nazionali" che operano sui mercati energetici. Per risolvere questo conflitto il Tesoro e gli enti locali devono cedere le loro partecipazioni in aziende energetiche, soprattutto in quelle che operano sul mercato. La nuova normativa che sostituisce la golden share permetterà, in un contesto privatizzato, di continuare a tutelare gli interessi fondamentali nazionali che riguardano la gestione degli asset strategici di rete.

Critiche sono emerse rispetto a quella prassi ormai consolidata di fare politica industriale, peraltro fortemente discutibile, attraverso le bollette: oggi le PMI pagano l'energia l'86% in più delle imprese francesi, e questo perché si favoriscono i produttori di energia e i grandi consumatori di energia. Rispetto a questo occorre eliminare sussidi inutili come Alcoa, razionalizzare le rinnovabili ed intervenire sulle remunerazioni dei gestori delle reti che sono molto più alte degli standard internazionali.

Quanto all'esigenza di rientrare dal debito ecologico, deve innanzitutto cessare quella tentazione in cui incorre l'amministrazione pubblica quando, a maggior ragione in una fase di emergenza-entrate, svende il patrimonio ecologico (il terreno agricolo, per esempio) per fare cassa e finanziare la spesa corrente. E perché questo finisca occorre anzitutto contabilizzare le risorse e il loro consumo, trarne bilanci ambientali utilizzabili, e imporre politicamente l'azzeramento del deficit ambientale. Un approfondito panel di esperti istituzionali ha fatto il punto proprio sulla disponibilità e sull'utilizzo della catena delle informazioni necessarie a questo scopo, dalla raccolta dei dati di diffusione degli inquinanti fino all'elaborazione di un vero e proprio bilancio ambientale nazionale.

A una corretta contabilità ambientale possono agganciarsi imposte ambientali in grado guidare una transizione ecologica dell'economia, che passi per l'efficienza energetica e per il disincentivo ai consumi insostenibili ancor prima che per gli elevati sussidi alle fonti rinnovabili.
Aperto su questo punto il confronto tra Radicali che da un lato propongono l'introduzione di una carbon tax il cui gettito vada prevalentemente ad alleggerire il carico fiscale sui redditi da lavoro ed il Governo che in un disegno di legge delega fiscale circolata a marzo prevede l'introduzione di una carbon tax attraverso una revisione della disciplina delle accise, non è ancora chiaro se rimodulandole o aumentandole, il cui gettito vada a sostenere lo sviluppo delle rinnovabili.

Per il Sottosegretario Tullio Fanelli si può anche pensare ad una ICA, imposta sul carbonio aggiunto, quale prelievo, più contenuto del precedente, sul contenuto di carbonio dei prodotti in commercio, per garantire una "tracciabilità delle emissioni" associate alla produzione di beni anche quando questi sono prodotti all'estero.

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