[11/04/2012] News

La guerra del petrolio del Sud Sudan e i profughi dimenticati e assetati dell'inferno di Jamam

Ieri l'esercito sudanese ha accusato il Sud Sudan di aver lanciato un attacco con un notevole dispiegamento di truppe contro un campo petrolifero strategico alla frontiera tra i due Paesi che si sono divisi nel 2011.

Le Sudanese armed forces (Saf) di Khartoum hanno accusato i loro nemici storici della Sudan people's liberation army (Spla), trasformatisi da guerriglieri in esercito ufficiale del nuovo governo di Juba, di «Condurre un ampio attacco contro il campo petrolifero di Heglig situato nello Stato del Sud Kordofan, limitrofo al Sud Sudan». Heglig è il più importante campo petrolifero del Sudan e fornisce circa la metà della produzione del Paese di 115. 000 barili al giorno.

Nelle nuove ed indefinite frontiere tra il più giovane Stato del mondo e gli ex padroni islamici settentrionali nessuno sa davvero di chi sia il petrolio e chi sia il nemico ma le Saf accusano la Spla di aver «Violato la nostra frontiera meridionale vicino alla città di Heglig» e di utilizzare dei mercenari. Già il 9 aprile il sito internet del giornale Sudan Tribune diceva che le forze della Spla avevano occupato la città di Heglig.

Ma ieri il Sud Sudan aveva accusato il Sudan di aver bombardato una regione frontaliera ricca di petrolio e nei giorni scorsi aveva annunciato di aver abbattuto un mig che bombardava un villaggio, anche se Khartoum nega di avere aerei di questo tipo (che hanno però ex-sovietici e cinesi). Il portavoce della Spla, Philip Aguer, ha detto che l'esercito sudanese «Ha lanciato un nuova attacco ed occupato un territorio del Sud prima di essere respinto dalla Spla. Le forze di terra sudanesi hanno iniziato l'offensiva da Heglig.

La situazione è nuovamente precipitata il 4 aprile, quando il governo sudanese ha annunciato la sospensione dei negoziati di Addis Abeba con il Sud Sudan ed invitato l'Unione Africana a fornire indicazioni più chiare sulla demarcazione delle frontiere e dell'area smilitarizzata che Saf e Spla non avrebbero dovuto violare. Non è stato nemmeno ascoltato l'appello del presidente Usa Barack Obama che aveva chiesto al presidente sud sudanese Kiir di porre fine al conflitto militare con Khartoum.

L'accordo di non aggressione tra i due Sudan, firmato il 10 febbraio, è carta straccia e il campo profughi di de Jamam, nello Stato del Nilo Superiore del Sud Sudan, continua a riempirsi di gente disperata che, con temperature che superano i 45 gradi, scava la terra rossa e secca alla ricerca di acqua, soprattutto donne che cercano di evitare le risse che si scatenano durante la distribuzione di acqua con i camion.

Qualche giorno fa il campo ospitava già più di 37.000 esseri umani e le Ong umanitarie hanno difficoltà a fornire cibo ed acqua per tutti i profughi fuggiti dai bombardamenti, anche dallo Stato sudanese del Nilo blu. L'acqua dei pozzi è contaminata e i casi di diarrea sono già molti e la situazione sanitaria si aggrava di giorno in giorno. Prima della nuova fiammata di guerra il campo profughi di Jamam poteva assicurare in media 5 o 6 litri di acqua a persona al giorno, al massimo si potrà assicurare un minimo di 3 litri, ma il bisogno minimo di acqua destinato a bere, lavarsi e lavare i poveri panni ei profughi è calcolato tra i 7,5 e i 15 litri procapite al giorno.

Daudi Makamba, un esperto di Oxfam che si occupa della distribuzione dell'acqua, ha detto all'Irin, l'agenzia stampa umanitaria dell'Onu ,«La mia organizzazione si confronta con una grande sfida: deve fornire acqua a sufficienza, ma i pozzi sono collassati, i punti d'acqua si sono disseccati e non abbiamo mezzi per trasportare più di 160.000 litri che trasportiamo attualmente e che provengono a tre pozzi trivellati che sono a 30 km».

Secondo Andrew Omale, coordinatore d'urgenza di Oxfam nel campo di Jamam, «L'acqua costituisce una grande sfida, la più importante con la quale ci confrontiamo a Jamam dimenticata. Attualmente non c'è acqua sotterranea nella zona. Abbiamo fatto del nostro meglio. Fino ad adesso, abbiamo trivellato più di 10 pozzi e non abbiamo estratto niente».

Gli operatori di Oxfam sono alla disperazione e sperano che Care International e l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), arrivino con mezzi ed aiuti prima della stagione delle piogge, che rischia di complicare le operazioni di trivellazione dei pozzi, visto che le strade saranno impraticabili. Anche i donatori dovrebbero accelerare l'invio degli aiuti al campo profughi di Jamam prima che diventi irrangiungibile e che la fame e le malattie decimino un popolo di profughi prigioniero della sua fuga dalla guerra. Omale denuncia: «La comunità internazionale non ha fornito aiuto a sufficienza. Non è concentrata su questa situazione di emergenza. Queste persone sono cominciate ad arrivare a novembre. Per adesso non abbiamo ricevuto aiuto sufficiente per sostenere i rifugiati di Jamam».

Anche Medici senza Frontiere (Msf), che fornisce più di 130.000 litri di acqua al giorno ai rifugiati del campo, ha lanciato un appello per intensificare l'aiuto e chiede più acqua e un intervento per assicurare servizi igienici. «Nelle sue cliniche, Msf è testimone delle conseguenze dirette della penuria d'acqua che provoca un aumento continuo dei casi di diarrea, che costituiscono attualmente un quarto dei consulti - dicono i medici volontari - Oltre all'aumento dei casi di infezioni respiratori e di malaria, che dovrebbero aggravarsi nel corso della stagione delle piogge che dura 6 mesi, la mancanza attuale d'acqua rischia di provocare altri problemi sanitari. Vediamo anche un gran numero di casi di infezione della pelle che sono legati alle cattive condizioni igieniche... e almeno due o tre bambini ogni settimana arrivano con una forte disidratazione e necessitano di fluidi».

In questa situazione, mentre Sudan e Sud Sudan si combattono con armi costose generosamente fornite da altri Paesi per difendere il petrolio, è difficile difendere un popolo di disperati che hanno perso praticamente tutto meno qualche capo di bestiame affamato ed assetato come loro e che vivono in rifugi di paglia ricoperti da pezzi di plastica. Inoltre il campo profughi, ribattezzato "Jamam Zero" si trova in gran parte in una pianura che si allagherà con l'arrivo delle piogge. Intanto si prevede che a Jamam bisognerà trovare cibo ed acqua per almeno 80.000 persone, mentre le organizzazioni umanitarie dicono di avere aiuti a sufficienza per un massimo di 40.000 profughi e già oggi numerosi abitanti del campo dicono di non ricevere abbastanza cibo e i casi di malnutrizione tra i bambini si moltiplicano. Con un sacco da 25 kg di sorgo e un gallone di olio di semi una famiglia di 5 persone dovrebbe andare avanti per un mese e mezzo...

In Sudan, dall'altro lato della frontiera, la situazione è ancora peggiore nello Stato del Nilo Blu i bombardamenti proseguono da giorni e le persone sono fuggite dai villaggi per rifugiarsi nella savana, oppure in Etiopia per cercare di raggiungere il Sud Sudan ma vengono bloccati dai militari sudanesi.

Il governo Usa, il vero padrino dell'indipendenza del Sud Sudan cristiano-animista e ostile al governo di Khartoum appoggiato dai cinesi, nei giorni scorsi hanno messo in guardia circa una «Eventuale fame» negli Stati sudanesi del Nilo Blu e del SudKordofan, dove l'esercito sudanese è alle prese con i ribelli appoggiati dalla Spla. «Se i blocchi agli aiuti non vengono tolti rapidamente, moriranno, perché la situazione peggiora e si aggraverà ancora» dicono i profughi sudanesi che arrivano nell'inferno polveroso di Jamam, che visto dal fronte della guerra dimenticata del petrolio può sembrare un paradiso.

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