[02/04/2012] News

L'arte della vita di Zygmunt Bauman

L'arte della vita è il libro di Zygmunt Bauman in cui solo apparentemente le riflessioni si allontanano dalle questioni cruciali dell'economia ecologica che affrontiamo nella redazione di greenreport. In realtà infatti in questo libro che indaga la capacità di leggere la vita di ciascuno di noi come opera d'arte in cui dobbiamo scegliere obiettivi di eccellenza per essere felici,  Bauman pone una questione fondamentale: «lascio ai lettori decidere se la coercizione a cercare la felicità nella forma praticata nella nostra società di consumatori, renda felice chi vi è costretto».

La società dei consumatori che Bauman ha ampiamente indagato e approfondito in molti dei suoi lavori precedenti, parte da un dato di fatto ormai acclarato da scienziati e intellettuali ma forse ancora poco ‘digerito' dalla massa: nelle società opulente (perché il contesto fa ovviamente la differenza)  non c'è più alcun legame tra aumento della ricchezza e felicità (e la citazione del discorso sul Pil di Robert Kennedy del 1968 è immediato ). Qui Bauman inserisce la variabile ‘tempo'. «Il consumo come lo shopping - scrive - richiede tempo e chi vende beni di consumo ha un naturale interesse a ridurre al minimo il tempo dedicato all'atto piacevole del consumare».  La convergenza tra acquirenti e venditori viene data per scontata dai cataloghi commerciali che accompagnano la descrizione dei nuovi prodotti offerti: "senza il minimo sforzo", anche senza precedenti esperienze", avrete in pochi minuti" o "con un semplice tocco": «Queste promesse costituiscono velate/oblique ammissioni  del fatto che chi vende un prodotto non desidera che i compratori impieghino troppo tempo a goderseli (tempo che potrebbe essere dedicato ad altre ‘battute' di shopping)».

Allo stesso modo con cui dunque si progettano apparecchiature elettroniche a tempo per stimolare un loro continuo ricambio al passo della moda e della tecnologia (la famosa e famigerata obsolescenza programmata) , così si progettano prodotti di felicità usa e getta senza sforzo:  «se grazie a un nuovo e geniale congegno elettronico - scrive ancora il pensatore polacco - si riescono ad aprire scatolette con minore sforzo fisico  e minore impiego di tempo, ci sarà più tempo per fare ginnastica con attrezzature che prometto una varietà benefica di esercizi fisici». Ed ecco perché come greenreport abbiamo insistito più volte nell'approfondire tutte le dinamiche legate al design, alla progettualità, alla ricerca, che dovrebbero reindirizzarsi verso un orizzonte trasversale (e di base per la ricerca) di maggiore sostenibilità (magari indicato e stimolato da chi governa), e che invece troppo spesso sono guidate solo dall'esigenza (legittima dal loro punto di vista) dell'impresa che la finanzia,  di vendere sempre di più.

Bauman affronta la questione anche dal punto di vista strettamente psicologico: una vittoria senza fatica è un trionfo senza gloria dicevano gli antichi: l'istinto all'operosità produce autostima (una torta fatta in casa, la macchina lavata da soli...), ed è questo il vero nemico che la società del consumo sta combattendo: «quanto più si riduce a qualcuno la possibilità di offrire beni che non si possono acquistare con il denaro (amore,amicizia, piaceri della vita familiare, tutte le relazioni umane in generale....) e quanto più si riduce la disponibilità a collaborare con altri per produrre questi beni, tanto più aumentano i sensi di colpa e di infelicità. Il desiderio di espiare e riscattare la colpa  spinge il peccatore a cercare in commercio surrogati della felicità ancora più costosi dei beni che ha smesso di offrire a coloro con cui vive, e dunque  a trascorrere lontano da loro ancora più tempo per guadagnare di più». Ecco dunque che il tempo e l'agire collettivo diventano sempre più epicentro della crisi sociale  e poi ambientale e poi economica che è  deflagrata in questi ultimi anni, bruciando senza troppa difficoltà un terreno sociale che nelle società dell'opulenza è diventato arido e quasi privo di germogli di speranza.

Un cambio di paradigma appare difficile ma non impossibile. L'ultima ricerca del Censis su ''I valori degli italiani'' indica testualmente che «La spinta individualista che pure dagli anni '70 in poi ha favorito crescita e sviluppo sembra entrare in crisi: gli italiani sono alla riscoperta delle relazioni. Per il futuro - emerge dalla ricerca - i valori che faranno l'Italia e gli italiani sembrano poggiare sempre meno sulla rivendicazione dell'autonomia personale e sempre più sulla riscoperta dell'altro, sulla relazione e la responsabilità. Crisi dell'individualismo che secondo il Censis  porta con sé «anche il consumismo» che ora «attrae meno: il 57% degli italiani pensa che, al di là di problemi di reddito, nella propria famiglia il desiderio di consumare è meno sentito rispetto a qualche anno fa. Il 51% degli intervistati crede che nella propria famiglia si potrebbe consumare meno tagliando eccessi e sprechi; il 45% pensa che si dovrebbe conservare quello che si ha piuttosto che puntare ad avere di più (29%)».

Facciamoci pure tutta la tara del caso, ma guai ad ignorare qualsiasi segnale positivo, e allora allo stesso modo sottolineiamo anche gli esiti del'indagine, sempre suggerita da Bauman, che ha fatto Laura Potter sulle sale d'attesa, immaginandosi che il culto della gratificazione istantanea dettato dal consumismo significasse la perdita della capacità di attendere. Il risultato invece è stato sorprendente: «Ovunque sono andata - scrive la studiosa - l'attesa è stata definita come un piacere (...) perché attendere sembra ormai diventato un lusso, una parentesi felice nella vita iperprogrammata: nella nostra cultura dell'"adesso" fatta di BlackBerry, Ipad e computer chi attende vede la sala d'attesa come un rifugio", il luogo dove riappropriarsi della nostra identità intesa come progetto di tutta la vita, lontana anni luce «dall'attributo della manipolazione dell'identità istantanea 2.0» sempre più somigliante a un simulacro (nel significato ben esplicitato da Jean Braudrillard)  pay per view, che si paga a consumo a seconda delle esigenze.

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