[29/03/2012] News

Emissioni gas a effetto serra: la Commissione Ue non puņ stabilire il tetto massimo di quote di ciascun Paese

La Corte di Giustizia europea ribadisce che non spetta alla Commissione europea stabilire il massimo di quote di emissione di gas a effetto serra da assegnare agli operatori dei singoli stati. Nel farlo la Commissione ha ecceduto le proprie competenze. Per questo la Corte ha respinto le impugnazioni proposte dalla Commissione verso le sentenze del Tribunale che hanno annullato le decisioni della stessa e che comportavano l'imposizione di un limite massimo di quote di emissioni dei gas a effetto serra alla Polonia e all'Estonia.

Nel 2006 la Polonia e l'Estonia hanno notificato alla Commissione i loro piani nazionali di assegnazione delle quote di emissione di gas a effetto serra (Pna) per il periodo dal 2008 al 2012. La Commissione ha constatato l'incompatibilità di tali Pna con vari criteri della direttiva e ha deciso che occorreva ridurre, rispettivamente del 26,7% e del 47,8% , le quantità totali annue di quote di emissione che i due Stati membri proponevano di emettere.
In seguito, i due Stati hanno presentato ricorsi di annullamento delle rispettive decisioni della Commissione.

Con sentenze del 23 settembre 2009 il Tribunale ha annullato le decisioni, proprio perché la Commissione ha oltrepassato i limiti delle proprie competenze. Oltre ad aver violato l'obbligo di motivazione relativamente alla Polonia e, in quella relativa all'Estonia, il principio di buona amministrazione. A questo punto la Commissione si è rivolta alla Corte di giustizia chiedendo l'annullamento delle sentenze del Tribunale.

La direttiva del 2003 (la numero 87) ha istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità allo scopo di ridurre l'influenza di tali emissioni sul clima. La direttiva prevede l'elaborazione del Pna da parte degli Stati membri. Attraverso tale strumento il singolo Stato fissa la quantità totale di quote da assegnare per ciascun periodo di cinque anni e la suddivide tra gli operatori economici. E lo fa tenendo conto, in particolare, della politica energetica nazionale e del programma nazionale sui cambiamenti climatici.
Pertanto, gli Stati membri dispongono di un certo margine di manovra nella trasposizione della direttiva e, quindi, nella scelta delle misure che giudicano più adatte a conseguire l'obiettivo da essa prescritto.
Alla Commissione non resta che verificare e se nel caso respingere - e lo deve fare con decisione motivata - il Pna se non conforme ai parametri fissati dalla direttiva.

La Commissione può adeguatamente assicurare la parità di trattamento degli Stati membri, esaminando il piano presentato da ciascuno di essi col medesimo grado di diligenza.
Ma non può neanche nell'interesse dell'economia procedurale, fissare la quantità massima di quote di emissioni dei gas a effetto serra da assegnare.

Secondo la Corte, ritenere che la Commissione possa fissare una quantità massima equivarrebbe a conferire a tale istituzione poteri privi di qualsivoglia fondamento giuridico. Tuttavia la Corte sottolinea che la Commissione non esorbita dalle proprie competenze se dichiara - nel dispositivo di una decisione di rigetto di un piano e senza determinare in modo obbligatorio la quantità massima di tali quote - che non respingerà le modifiche apportate al Pna quando sono conformi alle proposte e alle raccomandazioni fatte nell'ambito della decisione di rigetto. Perché un simile "modus procedendi" è conforme al principio di leale cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione e risponde a obiettivi di economia procedurale.

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