[26/03/2012] News

Una riforma fiscale per restituire alla politica nazionale il ruolo di guida dell'economia reale

La cronaca del Belpaese si trova monopolizzata di diritto dal dibattito e dalla polemica montante attorno la riforma del lavoro "in una prospettiva di crescita" (questa la specificazione affibbiata dal governo già nel titolo del documento), approvata dal Consiglio dei ministri nel corso della riunione conclusasi venerdì. Lo scontro all'arma bianca è tutto per l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, assunto a muro ideologico: contrappone chi lo vuole abbattere a chi crede ancora di poterlo salvare, in una battaglia d'idee che davvero non si addice ad un governo che si appella a pié sospinto alla propria natura "tecnica", e dunque per definizione non ideologica - almeno in teoria - ma i fatti parlano d'altro.

Intanto in questo gioco a guardie e ladri, a rimetterci ci sono sicuramente quelle "prospettive di crescita" (pardon, sarebbe importante parlare di "sviluppo") che il governo vorrebbe promuovere aumentando la flessibilità nel mercato del lavoro, quando il problema principale per il tasso d'occupazione italiano è che è il lavoro in se a scarseggiare, mentre si vivacchia nel disinteresse per quelle strade che potrebbero ben più concretamente aiutare a costruire una nuova idea di futuro (e di presente) per il Paese.

Una di queste strade sicuramente si muove attorno al macro tema del consumo di energia e materia, per il semplice motivo che la finanziarizzazione spinta dell'economia non cancella quelle che sono le basi stesse del processo economico, e che quindi riguardano da vicino un altro suo pilastro, quello del capitale umano (e del lavoro). Il Consiglio dei ministri del venerdì appena trascorso doveva partorire, assieme alla riforma del lavoro, anche le nuove forme di tassazione ambientale previste nel disegno di legge delega per la riforma fiscale, tra le quali la sempreverde carbon tax: sommersa dal mare magnum della discussione attorno al tema del lavoro, per la riforma fiscale sembra ci sia ancora da attendere.

Intanto, il filo che lega tasse, energia ed incertezza normativa stringe ogni giorno di più il cappio al collo alla ripresa del Paese. Secondo i risultati di uno studio della Confcommercio diffusi al Forum di Cernobbio, all'Italia spetta il primo posto mondiale nella classifica della pressione fiscale "reale" (ovvero, togliendo dal Pil la quota di sommerso), arrivata ormai alla vetta del 55%, ponendoci davanti Belgio e Svezia. Un record che non dovrebbe essere letto come negativo in se, ma che purtroppo - ed è questa la magagna - non si riflette affatto nei corrispettivi servizi pubblici offerti, né per l'equità del prelievo fiscale.

Allo stesso tempo, il prezzo del carburante in Italia si arrampica inesorabilmente verso l'alto, ed in questa scalata il ‹‹57,1% del costo di un pieno finisce dritto allo Stato›› - come riporta la Repubblica - e non per una scelta di tipo ambientale (sfavorire il trasporto privato su gomma per incentivare l'utilizzo del trasporto pubblico, rendendolo più efficiente), ma a causa di una somma di Iva e accise tra le quali si annovera quella funzionale a coprire le spese per la guerra di Abissinia del 1935.

Le tasse però non sono tutto, e lo dimostra l'incertezza normativa italiana che serpeggia negli investimenti per le energie rinnovabili, con le bozze del quinto conto energia che crea «grande agitazione tra gli operatori del settore» perché se fosse approvato così com'è rappresenterebbe «un ennesimo colpo per il fotovoltaico - come scrive ancora la Repubblica - Un colpo che viene assestato mentre gli incentivi per le altre rinnovabili (dal geotermico all'eolico e alle biomasse) sono bloccati da sei mesi al ministero dello Sviluppo economico››.

Attorno alle stesse bozze il senatore Pd Francesco Ferrante chiede chiarezza, in quanto a proposito della ‹‹bozza del quinto Conto energia che sta circolando in queste ore il ministero dello Sviluppo economico risulta che l'autore del file del documento, che è una carta intestata del ministero, sia un'analista dell'Enel. Paradossale poi che la stessa Enel Green Power annunci investimenti nel settore per più di 6 miliardi di euro, ma delocalizzandoli fortemente all'estero, in quanto in Italia pesano "le incertezze normative": un caso in cui la mano destra non sa cosa fa la sinistra?››.

Enel, da parte sua, ha immediatamente provveduto a dissociarsi, affermando di non essere intervenuta in alcun modo, e di far scattare una denuncia se rileverà illeciti sui file o computer della società.

Davanti ad un'incertezza dominante, ad un'escalation della pressione fiscale da reindirizzare, la politica deve riuscire ad andare oltre la battuta sferzante riproposta da Alfredo Reichlin sulle pagine dell'Unità, e per la quale ‹‹i mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in tv a farsi sbeffeggiare››.

La politica serve ad indicare una via da perseguire, e se la democrazia si trova fortemente limitata dal flusso internazionale di capitali che la sovrasta, all'interno del territorio che ancora le è giocoforza più proprio - quello dello Stato nazionale - deve profondere energie per trovare una nuova via di sviluppo. La definizione di un nuovo quadro fiscale rientra sicuramente tra i passi più importanti da compiere per recuperare risorse ed incanalare lo sviluppo del Paese su una strada sostenibile.

Un recentissimo documento prodotto da Legambiente affronta l'argomento offrendo le proposte dell'associazione ambientalista per ‹‹uno sviluppo economico forte e duraturo perché rispettoso dell'ambiente e della sostenibilità››, stimando in oltre cinque miliardi di euro ‹‹la cifra che potrebbe essere recuperata incentivando la sostenibilità ambientale e disincentivando le pratiche più inquinanti››.

Passando per meccanismi che favoriscano una riduzione delle emissioni di CO2 dovuti alla mobilità privata - in particolare sfavorendo l'uso di auto di grande cilindrata con ‹‹un'imposta (una tantum) sulle auto di grossa cilindrata e una revisione del meccanismo di calcolo del bollo auto››, proseguendo argomentando di una ‹‹modifica del sistema con cui si prelevano e si pagano allo Stato le risorse naturali›› come i materiali edili estratti dalle cave e per i prelievi idrici di acque minerali, per poi soffermarsi su meccanismi (come ‹‹nuova ecotassa di 50 euro per tonnellata di rifiuti smaltiti in discarica››), per disincentivare il conferimento di rifiuti in discarica - ancora massiccio, in Italia - è l'intento generale del documento, sintetizzato dal presidente di Legambiente Cogliati Dezza, che va oltre le singole proposte e merita la massima condivisione:

‹‹Servono coraggio e lungimiranza per mettere in condizione il Paese di rispondere alla crisi economica - specifica Cogliati Dezza. Su questa strada la green economy rappresenta già oggi una prospettiva concreta che non riguarda solo l'energia, ma molti settori produttivi, dalla chimica all'agricoltura, dall'edilizia alla mobilità, dalla ricerca alla cultura. Un supporto decisivo è rappresentato dalle politiche fiscali. Qui la scelta strategica deve essere netta: occorre spostare il prelievo da lavoro e imprese al consumo di risorse ambientali e alle emissioni climalteranti. La carbon tax è una scelta da fare subito, per dare un chiaro segnale che questo Paese vuole cogliere l'opportunità offerta dalla crisi economica di creare posti di lavoro e filiere industriali a basse emissioni di CO2 e capaci di sostenere la competizione internazionale››.

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