[21/03/2012] News

Governare il mondo (in modo sostenibile) nell'era dell'antropocene

Non saranno la base per quel «governo del mondo» auspicato in passato da grandi intellettuali come Immanuel Kant o Albert Einstein, ma le sette riforme istituzionali che Frank Biermann, dell'università di Amsterdam, e un nutrito gruppo di suoi colleghi hanno proposto sulla rivista Science in vista di Rio 2012 - la Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile che le Nazioni Unite hanno organizzato a Rio de Janeiro a venti anni da un'altra Conferenza, quella su Ambiente e Sviluppo - non mancano certo di ambizione: consentire all'umanità di governare l'ecosistema Terra nella nuova era dell'antropocene.

Le sette proposte sono il frutto di dieci anni di lavoro realizzato da un gruppo internazionale di scienziati sociali nell'ambito dell'Earth System Governance Project, realizzato sotto gli auspici dell'International Human Dimensions Programme on Global Environmental Change (IHDP) delle Nazioni Unite. Hanno, insomma, il crisma dell'ufficialità. E, in ogni caso, costituiranno una piattaforma di discussione importante alla Conferenza di Rio del prossimo giugno.

La ricerca scientifica ha ormai dimostrato, sostengono Biermann e colleghi, che le attività umane stanno portando molti ecosistemi del pianeta Terra fuori dai limiti di variabilità che li hanno caratterizzati negli ultimi 500.000 anni. Siamo entrati nell'era che il premio Nobel Paul Crutzen ha definito dell'antropocene. E l'umanità ha il dovere di governare questa fase. Anche con riforme istituzionali ad hoc.

La prima riforma riguarda le Nazioni Unite e le sue agenzie che in un modo o nell'altro si occupano di ambiente e sviluppo (Unep, Fao, ma anche Who e altre). Il gruppo Biermann propone che la loro struttura e la loro mission sia aggiornata e, soprattutto, che venga costituito un centro unico di coordinamento, visto che non è realisticamente possibile in tempi brevi unificarle in un'unica struttura.

La seconda proposta - che assomiglia molto a quella da tempo indicata anche da greenreport.it - riguarda l'integrazione dal livello globale al livello locale delle politiche di sviluppo sostenibile. Ancora una volta Biermann e colleghi evocano una riforma dell'architettura istituzionale delle Nazioni Unite, con la creazione di un Consiglio sulla Sviluppo Sostenibile di alto profilo e alle dirette dipendenze del Segretario Generale. Non dovrebbe però essere formato sulla base del principio di rappresentatività geografica, ma soprattutto dai membri del G20, il gruppo di paesi dove abitano i due terzi dell'umanità e che producono il 90% della ricchezza.

La terza proposta chiama in causa i governi nazionali e riguarda la necessità di rendere più omogenee la legislazione ambientale ed economica dei 200 paesi membri delle Nazioni Unite. Anche e soprattutto per rendere sostenibile lo sviluppo delle nuove promettenti conoscenze in materia di nanotecnologie, biologia sintetica, geo-ingegneria.

Anche la quarta proposta riguarda i governi nazionali: devono integrare nei loro programmi economici i grandi problemi ambientali globali. Insomma, occorre evitare la politica schizofrenica con progetti che si contraddicono tra di loro e/o contraddicono i grandi obiettivi ecologici planetari.

Quinto: passare in ogni organismo istituzionale internazionale dalla votazione all'unanimità (con diritto di veto da parte di qualcuno, come avviene nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu) a votazione a maggioranza. Le modalità possono essere diverse, tenere in conto gli interessi di minoranze. Ma il principio e la pratica devono essere quelle che favoriscono la rapidità e l'efficacia delle scelte.

La sesta proposta riguarda la responsabilità. Occorre favorire l'estensione delle reti di organismi intergovernativi capaci di dare una rappresentanza alla domanda di compartecipazione alle scelte da parte degli stakeholders, di chi ha una posta in gioco. Insomma, occorre creare sempre più spazi di democrazia partecipata.

Settima e ultima proposta: mettere l'equità al centro dello sviluppo sostenibile. Il che significa sia ampliare gli spazi di democrazia, sia rendere disponibili sempre più fonti di finanziamento per lo sviluppo sostenibile dei paesi più poveri.

Sì, è vero. Queste sette proposte non scaldano i cuori. Alcune sono persino discutibili. Ma invitano noi tutti, un po' distratti, a porci il problema: come governare il mondo nell'era dell'antropocene?

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