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La mobilitą italiana? Sempre pił insostenibile...

C'è ancora tanta strada da fare in direzione di una mobilità sostenibile. La fotografia di Legambiente che oggi, a Roma, ha presentato il rapporto "Ambiente Italia 2012", parla chiaro: nel nostro Paese, l'86% delle persone si sposta usando un mezzo privato, il 12,1% usa l'autobus e solo il 5,2% il treno. Le conseguenze di questo sbilanciamento a favore delle auto in termini di inquinamento sono evidenti in particolar modo nelle grandi città. Altri indicatori, sempre relativi alla mobilità, dicono che l'Italia è anche il Paese europeo con la più elevata quantità procapite di mobilità motorizzata (quasi 12 mila passeggeri km/abitanti l'anno) e con un tasso di motorizzazione decisamente superiore alla media: 605 auto ogni mille abitanti contro le 473 dell'Unione Europea, le 510 della Germania, le 500 della Francia e le 470 del Regno Unito. Il trasporto merci poi si continua ad effettuare per il 90% sulla strada (il dato europeo è pari al 46%).

L'inquinamento atmosferico delle città non può non risentirne. A fine febbraio 2012, già 27 capoluoghi della nostra Penisola avevano esaurito i 35 superamenti annuali del limite medio giornaliero di emissioni (50 µg/m3) per la protezione della salute umana previsti della normativa vigente (Dm 60/2002; Dlgs. 155/2010). Situazioni particolarmente critiche si registrano ancora nelle grandi città e in Pianura Padana. Ma non è solo la Pianura Padana che ha necessità di investimenti sulla mobilità sostenibile (oltre alle scelte individuali) per migliorare il quadro descritto dall'associazione ambientalista.

Rispetto alle emissioni di CO2 in Europa, il miglioramento nel campo dell'efficienza energetica e lo sviluppo delle rinnovabili, insieme alle limitazioni imposte dalla crisi economica, hanno comunque determinato per l'Italia una riduzione del 5,4%, rendendo facilmente raggiungibile l'obiettivo del 6,5% richiesto dal Protocollo di Kyoto.   

La conferenza stampa di stamani era dedicata anche al settore dell'acqua e alla sua gestione. Secondo il Cigno verde l'Italia è tra i paesi più ricchi di risorse idriche: 2.800 metri cubi per abitante l'anno, pari ad una disponibilità teorica di circa 52 miliardi di metri cubi, distribuiti in tutta la penisola con disponibilità reale massima nell'area del Nord-Est (1.975 metri cubi per abitante l'anno) e minima in Puglia (220 mc/abitante/anno). La quota media disponibile in tutte le regioni è comunque di almeno 400 metri cubi per abitante, cioè dieci volte superiore alla quota disponibile nei paesi del sud del Mediterraneo.

Il settore agricolo, sempre secondo Legambientre, è di gran lunga il principale utilizzatore d'acqua (almeno 20 miliardi di metri cubi l'anno, valore che alcuni ritengono ampiamente sottostimato); seguono il settore civile con 9 miliardi/anno, l'industria con circa 8 miliardi/anno e la produzione di energia con circa 5 miliardi/anno. Il prelievo eccessivo (oltre 40 dei 52 miliardi di metri cubi disponibili) provoca problemi di qualità delle acque superficiali e sotterranee, perché questo sfruttamento non permette la circolazione idrica naturale necessaria a mantenere vivo l'ecosistema e a diluire gli inquinanti nei fiumi e nelle falde. Quantità e qualità in questo caso vanno di pari passo e per questo bisogna puntare ad aumentare le portate negli alvei e nelle falde, se vogliamo raggiungere entro il 2015 il "buono stato di qualità" dei corpi idrici, previsto dalla Direttiva quadro (2000/60/CE).

 

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