[08/03/2012] News toscana

Acqua, Del Nista (Asa): «Giusto eliminare il 7%, ma l'acqua costerà sempre di più e vi spiego perché»

Per quanto riguarda il servizio idrico integrato dopo l'esito referendario e una lunga fase di stallo, grazie all'iniziativa dei promotori del referendum, il ministro dell'Ambiente Clini si è mosso ed ha chiesto alle Regioni di prendere atto dell'esito del voto e all'Autorità Energia e Gas, in sintesi, di provvedere a rimodulare le tariffe ed eliminare la remunerazione del capitale investito, il famoso 7%.

Abbiamo chiesto al Presidente di Asa Spa Fabio del Nista (Nella foto)  cosa ne pensa dell'azione del ministro?

«Non posso che concordare. Che si dia seguito a quanto stabilito dall'esito referendario e dalla legge è doveroso. Il silenzio assordante non ha dato soddisfazione a chi avevo proposto il referendum e ai cittadini e ha messo a disagio gli operatori».

Ma voi cosa ci fate con il 7%?

«Ci paghiamo gli interessi alle banche perché per gli investimenti i soldi vanno anticipati attraverso interventi finanziari. E i costi di approvvigionamento sul mercato sono intorno a quella percentuale. Comunque noi non distribuiamo utili».

Il presidente di Publiacqua Erasmo D'angelis se la prende con le banche dice che paga interessi troppo elevati l'8 e il 9 per cento per i mutui attivati, e che se venissero pagati meno interessi anche le bollette diminuirebbero. Lei cosa pensa su questo?

«Probabilmente è vero ma noi abbiamo una situazione un po' diversa. Abbiamo chiuso il Piano finanziario nel 2010 e quindi abbiamo tassi più bassi intorno al 7%. Abbiamo avuto fortuna. Comunque su questo aspetto l'ammissione del referendum è stata sacrosanta, una remunerazione stabilità per legge è un'assurdità, quindi giusto abolire il 7% per legge ma una redditività stabilità dal mercato per un'azienda che ha preso un "impegno" industriale è opportuna a meno che non si intervenga solo ed esclusivamente con la finanza pubblica»

Siamo nel campo delle ipotesi, ma pare che il ministero voglia rivedere tutto il sistema di regolazione, attraverso il DPCM, e allocare le funzioni di pianificazione strategica in capo alle Autorità di Distretto idrografico (che ancora non sono state nominate), cui spetterebbe anche il compito di approvare i documenti di pianificazione operativa predisposti dai gestori dei servizi idrici, sulla base dei quali i medesimi gestori sarebbero chiamati a proporre una tariffa, la cui approvazione spetterebbe all'Autorità per l'Energia e il gas, insieme al potere di vigilanza sulle prestazioni dei gestori. Una vera rivoluzione rispetto alla situazione attuale.  Che ci dice su questo?

«Certo è una cosa rivoluzionaria e un po' strana. Le aziende conoscono l'infrastrutturazione necessaria, quanto debba essere investito, poi stabiliscono una tariffa che un altro soggetto deve validare. Se mi dicono che non va bene posso fare meno cose, ma insomma in questo caso me la canto e me la suono. In questo ipotetico sistema bisognerebbe rivedere le concessioni ed i comuni proprietari delle reti sarebbero comunque tagliati fuori. Dal punto di vista delle aziende si lavorerebbe più tranquilli ma come vecchio amministratore e come cittadino dico che qualcosa non torna, al di là della necessaria integrazione tra gli enti che a vario livello si occupano di acqua. Io invece partirei dall'omogeneizzazione dei territori almeno a livello regionale, lasciando perdere confronti improponibili come quello con l'acquedotto di Milano. Noi ad esempio dobbiamo fornire acqua ad un territorio frazionato, portarla su e giù per le colline e abbiamo le isole. A Livorno città potrei diminuire di un bel po' la tariffa ma a Capraia, Gorgona, all'Elba o a Volterra a quanto la dovrei portare? Insomma bisogna partire da condizioni di lavoro uguali altrimenti non si può nemmeno stabilire chi gestisce con efficienza e chi no».

Siamo in attesa non solo del nuovo metodo tariffario ma di una proposta convincente ed attuabile per finanziare il servizio idrico integrato compresi gli investimenti. Cosa suggerite in merito?

«Questo è il punto vero. Un paese civile deve garantire un'omogeneizzazione di un servizio minimo ai cittadini della Sicilia come di Capraia e questo deve essere fatto con la fiscalità generale. Poi ci sono casi specifici, e il nostro è un unicum a livello europeo, in cui la finanza pubblica anche regionale deve intervenire. Noi abbiamo le colline boracifere e quindi il problema del boro e poi anche quello dell'arsenico. Per risolvere questi problemi ci vogliono risorse, oltre venti milioni, ma non è giusto che li paghino i cittadini perché vogliono avere solo l'acqua buona, non chiedono le piscine. Ecco allora che deve intervenire la regione attivando anche finanziamenti sovranazionali perché l'Europa stabilisce le soglie di alcuni parametri ma se ci sono situazioni peculiari deve in qualche modo venire in aiuto altrimenti non ce la possiamo fare».

Quindi fiscalità generale, finanza pubblica e poi?

«E poi bisogna uscire dalla demagogia: l'acqua costa e costerà sempre di più perché è un bene scarso che va tutelato e bisogna migliorarne la qualità. E la qualità costa. Qualunque sia la forma di gestione pubblica, privata, o mista, anche se il costo dell'infrastruttura è coperto dalla finanza pubblica, ci sono poi i costi di gestione. Ad esempio per gli impianti di boro e arsenico avrò un costo di 1,8milioni di euro in più. Poi c'è la necessità anche in questa regione di intervenire sulla depurazione migliorando la situazione dell'ambiente, un'esternalità che giustamente bisogna coprire. E i depuratori hanno anche i costi gestionali. Ecco perché l'acqua costerà sempre di più qualunque sia la forma di  gestione. Cosa diversa sono le forme di agevolazione per le situazioni di disagio. L'utile delle aziende dovrebbe andare a coprire quota parte di queste tariffe».

Torna all'archivio