[02/03/2012] News

L'ultimo tabù: contraccezione e cambiamenti climatici

L'Environmental change and security program (Ecsp) del Wilson Center ha riunito a New York un gruppo di esperti di cambiamenti ambientali che ha sottolineato che «E' sempre più urgente trovare un modo per mettere l'impatto ambientale della popolazione e la salute riproduttiva delle donne in maniera più evidente all'ordine del giorno del cambiamento climatico».

L'Ecsp suggerisce una forte connessione tra pianificazione familiare e l'ambiente che è spesso stata una delle mine politiche che ha rischiato di far saltare i negoziati internazionali sul clima dell'Unfcc. Ma mettere ai margini di questa discussione l'immensa grana della crescita demografica nei Paesi in via di sviluppo non sembra una cosa saggia.

Alet Net riferisce quanto ha detto Kavita Ramdas, direttore esecutivo del programma di imprenditorialità sociale della Stanford University, durante la sessione salute delle donne e strategie di adattamento climatico, definendo il legame popolazione ed ambiente «L'ultimo tabù. Questa connessione deve essere fatta in un posto dove possiamo parlare seriamente del fatto che sì ci sono sempre più persone su questo pianeta e che abbiamo appena superato i 7 miliardi, e se in realtà esercitino o meno pressioni sul pianeta. Anche le problematiche legate al consumo nella parte più sviluppata del mondo sono profondamente significative. E quando si sa che ogni americano del baby boom consuma 40 volte tanto quanto ogni bambino del baby boom indiano, c'è chiaramente la necessità di essere in grado di collegare insiemi questi problemi».

Daniel Schensul, uno specialista di cambiamento climatico, popolazione e sviluppo dell' United Nations Population Fund (Unfpa) cher «L'adattamento allo spostamento climatico è pari alla necesità di costruire la resilienza al cambiamento. La capacità delle donne di controllare la fertilità credo sia al centro di tutto questo».

Kathleen Mogelgaard, una consulente dell'Ecsp, ha definito l'accesso universale alla salute riproduttiva come una «Win-win opportunity per l'adattamento ai cambiamenti climatici. Rispetto ad altre strategie di adattamento, la pianificazione familiare è già nelle richieste delle donne di tutto il mondo, anche se molte non vi hanno accesso. Ed è relativamente poco costosa, richiede solo altri 3,6 miliardi di dollari all'anno per soddisfare pienamente le esigenze di salute riproduttiva delle donne».

Ma le barriere sociali, religiose e politiche all'inclusione del tema della popolazione nei summit sul clima sono ancora forti. Ramdas, ha sottolineato che «Gli esperti di clima evitano di parlare di questioni demografiche per paura di essere etichettati come razzisti o eugenetici e nel tentativo di "non confondere le acque" che circondano il soggetto già delicato del cambiamento climatico. Allo stesso tempo, anche gli attivisti per i diritti delle donne sono riluttanti ad affrontare l'argomento. Non si può discutere di contraccezione senza lasciarci trascinare in un dibattito sull'aborto».

Mogelgaard ha osservato che «La popolazione è raramente inclusa nelle valutazioni di vulnerabilità e dell'adattamento ai cambiamenti climatici. Nella mia esperienza, gli specialisti del clima hanno una comprensione limitata della dinamica della popolazione e della scala alla quale avverranno i cambiamenti demografici, come la triplicazione della popolazione in Paesi come il Malawi nel 2050. E, anche se capiscono i problemi, suppongono che fare qualcosa sulla popolazione significhi limitare i diritti delle persone. Ciò che tutto questo mi dice è che c'è la reale necessità di una sensibilizzazione del legame tra la popolazione, il cambiamento climatico e la salute riproduttiva».

Maggiori evidenze scientifiche che sostengono il collegamento fertilità umana-ambiente-cambiamento climatico potrebbe aiutare a considerare quella della crescita della popolazione come una questione legittima nella comunità climatica. Secondo la Mogelgaard.«Non c'è stato abbastanza lavoro per dimostrarci direttamente quando il bisogno di salute riproduttiva della donna si incontri con gli impatti dell'adattamento. So di un solo studio, "Linking Population, Fertility and Family Planning with Adaptation to Climate Change: Views from Ethiopia", pubblicato da Population action international (Pai) nell'ottobre 2009, che dimostra che quando le donne hanno accesso alla salute riproduttiva dicono di essere in grado di far fronte meglio ai cambiamenti climatici».

Schensul ha detto che l'Unfpa «Vuole vedere la popolazione e salute riproduttiva all'ordine del giorno di Rio+20, la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile». L'agenzia Onu sta lavorando con i suoi partner per presentare documenti sui diritti umani legati a popolazione, salute riproduttiva e cambiamento climatico.

E Ramdas conclude: «Se questi fattori collegati tra loro rimangono trascurati nelle discussioni sul clima, il silenzio intorno a questo problema continuerà continueranno a lasciare un vuoto in cui il pianeta e le sue donne continueranno a non aver voce».

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