[27/02/2012] News toscana

Lo scarica barile "tossico", il Giglio e Gorgona

Una delle ragioni per cui è nato greenreport.it è quella di ridare valore alle parole che si usano quando si parla (e si scrive) di ambiente. Da questo punto di vista le due tragedie del mare, la Concordia e la perdita del carico di fusti tossici dell'Eurocargo Venezia, sono emblematici. A noi che è sempre stato sul gozzo l'abuso della metafora "bomba ecologica", difficilmente possiamo trovarne una migliore per definire questi due eventi che hanno colpito così da vicino il nostro territorio. Il problema, come detto, è che sotto questa allegoria ormai si mette di tutto. Le cronache locali grondano bombe ecologiche da tutte le pagine, e così si è creata una sorta di silenziatore "precauzionale" sui casi davvero eclatanti. Un'omologazione che non aiuta per niente ad affrontare i problemi a seconda del rispettivo impatto sull'ambiente.

Ma questo è solo un aspetto delle vicende, perché in realtà ce ne sono di più e di diversi. Un altro è l'assoluta assenza di un'informazione corretta e costruttiva riguardo al problema rifiuti speciali e pericolosi, che diventano di interesse solo quando - come in questo caso - finiscono in mare. La loro produzione, il loro iter verso lo smaltimento o trattamento, non è tema. Nonostante i numeri indichino drammaticamente che è soprattutto qui che l'idea di rifiuti zero trova tutti i suoi limiti, essendo gli ‘speciali' quattro volte più grandi degli ‘urbani' e abbiano la necessità di una gestione integrata che in Italia praticamente è una chimera.

Quando è tanto, li si mettono su un treno - non meno pericoloso di una nave - e li si mandano in giro per l'Europa, quando non si prende una nave e li si spedisce chissà dove (anzi si sa, ma si fa finta di nulla). Quando invece qualcuno si prende la briga di investire per dare una soluzione, questi diventano degli affaristi che speculano sui rifiuti, i loro impianti "bombe ecologiche" (e ci risiamo), la loro attività sempre da guardare con pregiudizio. Produrre Eternit diventa fuorilegge (giustamente, ci mancherebbe), risarcire i malati e le famiglie dei morti un dovere (e ci mancherebbe pure per questo), fare le bonifiche una necessità impellente (finalmente), ma trovare una "dimora" a tutto questo materiale non interessa a nessuno e anche qui chi, rispettando le leggi in materia e dando la migliore risposta ambientalmente sostenibile, costruisce un modulo nelle discariche esistenti è persona o azienda da immolare nelle pubbliche piazze. Con spesso, troppo spesso, l'applauso dei politici, sia che essi ricoprano ruoli di responsabilità negli enti, sia che si trovino all'opposizione.

Lo scarica barile e lo svicolio dalla risoluzione dei problemi diventano il marchio di fabbrica della classe politica di turno che su questo fa carriera. E così arriviamo ai fatti da cui parte questa riflessione. I fusti tossici sono stati persi da una nave che è stata messa in mare nonostante condizioni climatiche terribili e già previste. Da quando la notizia è diventata di dominio pubblico sono passati due mesi tra minimizzazioni e discussioni inutili, per poi - non ce ne voglia Rossi che sicuramente si sta impegnando moltissimo sul caso - arrivare a questi giorni dove si cerca in tutti i modi di accelerare un iter che doveva in tutti i modi partire subito.

Che i fusti potessero essersi rotti lo aveva detto subito Legambiente semplicemente analizzando le caratteristiche tecniche e sentendo qualche esperto, ma ci sono voluti appunto due mesi per arrivare alla stessa conclusione. Riteniamo, magari erroneamente, che se non si fosse interessato il ministro Clini ancora saremmo alle discussioni sul sesso degli angeli. Il capro espiatorio poi - come nel caso della Concordia - lo si vuol indicare nel comandante della nave, certamente responsabile ma al pari, se non meno, degli armatori che impongono o comunque incentivano o volentieri tollerano certe scelte. Come quella assurda degli "inchini".

Così si arriva alla reazione della "gente" che è certamente un'entità astratta, ma all'interno della quale in questo caso ci viene da porci anche noi. Dopo mesi dalle due tragedie nessuno ha detto come stanno le cose. Quali sono i rischi effettivi, come si risolveranno, e in che tempi, queste due emergenze. La minimizzazione degli eventi porta così a pensare al peggio, perché non ci può essere fiducia in quello che viene raccontato. Nessuno sarà in malafede, ma chi oggi non compra più il pesce al mercato o pensa di passare le vacanze in montagna invece che al mare si può definire un isterico? Se l'idea era quella di non creare il panico, il risultato è un boomerang colossale. Forse i cittadini/elettori non andrebbero sempre trattati come bambini da tranquillizzare, ma come adulti in  grado di capire il come e il perché e le conseguenze delle cose. Ce ne guadagnerebbe anche la politica e la ricerca tecnico-scientifica non sarebbe solo cosa da "disastri", ma strumento per spiegare, capire e prevenire.

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