[23/02/2012] News

Piemonte: referendum sulla caccia il 3 giugno

Da 24 anni la Regione Piemonte avrebbe dovuto indire un referendum per limitare e regolamentare (non abolire) l'attività venatoria in Piemonte; nel 1987, vennero raccolte più di 60 mila firme che chiedevano il referendum. Ma la Regione, sia con maggioranze di centrodestra che di centrosinistra, ha sempre trovato espedienti per evitare il referendum. I promotori del referendum non hanno mollato e il 9 febbraio, dopo innumerevoli udienze e nove gradi di giudizio, il Tribunale amministrativo regionale ha ordinato alla Regione di far svolgere il referendum tra il 15 aprile e il 15 giugno.

Il residente della Regione Piemonte ha firmato ieri il decreto del Presidente che indice il "Referendum per l'abrogazione parziale di norme regionali sulla caccia. Articolo 20, comma 1, legge regionale 16 gennaio 1973, n. 4, e s.m.i.", in ottemperanza alla sentenza del Tar Piemonte.  

Il centrodestra piemontese, in particolare la Lega Nord del Presidente Roberto Cota, aveva tentato in ogni modo di evitare la consultazione ma, come si legge nel decreto, ha dovuto prendere atto «che il TAR ha disposto, nel caso di inerzia da parte dell'Amministrazione regionale, la nomina, in qualità di commissario ad acta, del Prefetto di Torino (con facoltà di delega) con il compito di procedere, ad istanza dei ricorrenti, all'adozione del decreto di indizione del referendum abrogativo; preso atto del fatto che il TAR ha sancito primariamente la competenza regionale all'indizione del  referendum abrogativo, e solo in via successiva ha disposto l'intervento dell'Autorità statale; ritenuto di dover ottemperare a quanto ordinato dal Giudice amministrativo di primo grado del  Piemonte con la sentenza n. 200/2012 già richiamata; ritenuto pertanto di procedere all'indizione del referendum a suo tempo richiesto dal Comitato promotore per l'abrogazione parziale della L.R. n. 60 del 17 ottobre 1979 ed avente ad oggetto le  corrispondenti disposizioni della vigente L.R. n. 70 del 4 settembre 1996; (...) decreta  di procedere all'indizione del referendum richiesto dal Comitato promotore per l'abrogazione parziale della L.R. n. 60 del 17 ottobre 1979, successivamente abrogata dalla L.R. n. 70 del 4  settembre 1996, ed avente ad oggetto l'abrogazione  parziale delle corrispondenti disposizioni  relative a quest'ultima legge; di richiedere, con separato contestuale atto, alla Commissione di Garanzia di cui alla l.r. 25/2006 di procedere alla riformulazione dei quesiti referendari comunicandoli entro e non oltre il termine ultimo del 13 aprile 2012, per consentire alla Regione di portare a completamento i contenuti del presente decreto, stabilendo anche formalmente lo svolgimento del referendum nella data sopra indicata del 3 giugno 2012; di stabilire che con successivo decreto del Presidente della Giunta regionale saranno formalizzati i quesiti da sottoporre al giudizio degli elettori  e sarà definitivamente formalizzata la data di convocazione degli stessi che, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, è individuata per il 3 giugno 2012».

La maggioranza Pdl-Lega che governa la Regione dice che il referendum costerà fra i 20 e i 25 milioni di euro. Una spesa ingente che il Piemonte oggi non si può permettere. Un'obiezione che secondo i promotori non sta in piedi: «per evitare lo svolgimento del referendum, infatti, sarebbe stato sufficiente modificare la normativa venatoria regionale secondo le richieste dei promotori del referendum stesso. E invece, in 24 anni, la Commissione caccia e pesca della Regione si è riunita centinaia di volte (spendendo quanto, in emolumenti ai consiglieri?) sempre cercando di eludere quelle richieste. E continuando pervicacemente a resistere in tribunale (spendendo quanto, in parcelle di avvocati e costi giudiziari?) per far respingere la richiesta. Oppure sarebbe stato sufficiente far svolgere il referendum in concomitanza con qualche altra tornata elettorale (nel frattempo siamo andati alle urne decine di volte) per dimezzare, o forse più, la spesa per la consultazione referendaria. Chi tira fuori adesso, strumentalmente, i problemi di costi va quindi immediatamente... impallinato (in senso metaforico, s'intende) ed invitato ad evitare di prendere per i fondelli i cittadini».

Monica Cerutti, consigliera regionale del Piemonte per Sinistra ecologia e libertà spiega che il Tar aveva ordinato al Piemonte «di indire il referendum entro 15 giorni, altrimenti sarà il prefetto a sostituirsi alla Regione in veste di commissario ad acta. Siamo arrivati a questa situazione poiché la Regione è  risultata inadempiente. Quindi anche i costi della celebrazione del referendum sono da imputarsi tutta alla sua incapacità legislativa, quando invece si poteva procedere a costruire un nuova legge che potesse essere una mediazione fra i diversi orientamenti. Al contrario, la legge che si sta delineando in commissione risponde alle logiche venatorie più integraliste, attenuate in minima parte nella discussione. L'incremento di dieci specie cacciabili, ad esempio, nell'ultima versione e' stato modificato eliminando quattro specie (coniglio selvatico, moriglione, mestolone e fischione),restringendo il periodo per altre (tordo sassello, tordo bottaccio) o sottoponendo alcune a piani (starna e pernice rossa). Il risultato è una legge che scontenterà anche le associazioni venatorie più moderate, dialoganti con le associazioni ambientaliste. E darà modo alla campagna referendaria di mobilitare con maggiore determinazione tutti coloro che vogliono difendere il patrimonio faunistico selvatico piemontese».

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