[21/02/2012] News toscana

Riflessioni a margine: oltre Baratti ed il suo futuro

Si è concluso il processo partecipativo sul piano particolareggiato per Baratti. Contestualmente la conferenza dei servizi convocata ai sensi dell'articolo 36 del Pit ha dato il suo assenso, seppure con varie considerazioni e prescrizioni, al medesimo piano ai fini paesaggistici.

Molte reazioni si sono appuntate sulla allocuzione "soluzione alberghiera di alta qualità" per l'immobile del Casone che appare nel verbale della conferenza; in particolare molti temono che questo voglia dire albergo di lusso e conseguente privatizzazione.

Se quella frase dovesse leggersi in questo modo, la conferenza dei servizi  ex art. 36 del Pit sarebbe andata ovviamente ben oltre le proprie competenze. Può essere letta così, ma non è così in termini lessicali, può essere soluzione alberghiera di alta qualità anche un ostello, tanto per intenderci e non sarebbe di per sé operazione meno interessante in periodi di magra come questi. La qualità non è ricchezza o sfarzo, la qualità è il rapporto virtuoso che sussiste tra un insediamento umano ed il contesto, un contesto, in questo caso fatto di secoli di storia, di ricchezza e fragilità ambientale.

Spetterà al consiglio comunale di Piombino dare sostanza a quella frase e ai cittadini intervenire e vigilare, all'osservatore distratto spetta invece sottolineare che forse qualche contraddizione in questi procedimenti c'è.

La conferenza ex articolo 36 del Pit è un "oggetto" strano, partecipano i tecnici, ma sostituisce il grave ritardo che la regione ha accumulato nel formare il piano paesaggistico; agisce su i piani attuativi, fa si che la Regione rivesta nuovamente un ruolo di controllo, che la legge 1 aveva tassativamente escluso, su di un tema dove peraltro il rischio del parere estemporaneo e soggettivo, come ci insegnano i pareri in merito ai progetti delle soprintendenze, è, direi, connaturato.

Il percorso partecipativo sembra invece avvalorare una potestà di indirizzo, scelta e controllo da parte dei cittadini, di una parte, ovviamente di quella che ha partecipato, si risolve quasi sempre in una semplice dichiarazione, la partecipazione c'è stata, l'Amministrazione di turno ha tenuto conto delle sollecitazioni e dei contributi, delle osservazioni; ora la parola passa al consiglio comunale.

Insomma al di là del caso Baratti è del tutto evidente che si è fatta una certa qual confusione. Una confusione forse non voluta, ma reale, che continua però ad alimentare la divaricazione ben nota ed esistente tra classe politica e cittadini. La prima, per dettato costituzionale, nell'ambito dei vari consessi elettivi e di governo si sente giustamente investita del ruolo di rappresentanza e della responsabilità di scelta, i secondi per maldestra legislazione si sentono investiti di poteri decisionali e della delusione di non poter imporre la decisione, dato atto di una generale bassissima considerazione circa legittimità culturale ed etica della classe politica.

Allora è evidente che occorre rimettere a punto un po' di cose, per questo si prova a mettere giù dei temi su cui ragionare, senza arroganza di esaurimento delle tante cose da considerare:

  1. la nostra è una democrazia rappresentativa, quindi sono i rappresentanti a dover scegliere e ad assumersene le responsabilità;
  2. la partecipazione non si può fare su piani e progetti già pronti, ma sull'avvio del procedimento di formazione, rendendo questo documento un qualcosa di molto specifico ed approfondito, tanto più approfondito se piano o progetto sono da assoggettare a valutazione ambientale strategica - Vas; la partecipazione va fatta anche e soprattutto sulla formazione della legislazione regionale e questa partecipazione non può risolversi, magari invocando urgenze ed emergenze del caso, nella frettolosa consultazione di rappresentanze più o meno rappresentative, quando non proprio oligarchiche;
  3. la mappa della pianificazione va ridisegnata: basta con piani che generano piani che sono frutto della coopianificazione (parola che sembra voler dire o suddivisione del rischio d'impresa, o surrettizio controllo dell'azione di un soggetto proponente ma senza specifica assunzione di responsabilità da parte del controllore) ; ad ogni piano corrispondano specifiche competenze e ad ogni ente corrispondano specifiche competenze;
  4. ad ogni piano corrispondano responsabilità, e se Baratti, per fare un esempio, è un patrimonio della comunità regionale, non può essere la Provincia (se ancora esisterà) o il Comune a determinarne futuro e condizioni d'uso; quindi la soluzione di alta qualità alberghiera è allocuzione senza senso in conferenza dei servizi, ma oggi è responsabilità del comune interpretare la qualità di Baratti per dare una soluzione qualitativamente funzionale e ambientalmente compatibile all'uso del territorio e del patrimonio edilizio;
  5. l'innovazione legislativa, non è portatrice di frutti, se non supportata da una rivoluzione culturale che deve attraversare tutti gli strati sociali; la legge 1 è affare degli addetti ai lavori, non è patrimonio collettivo; tanto per intenderci non è come la legge 59 del 1980 (quella su i centri storici per intenderci) che arrivò dopo sperimentazioni, innumerevoli confronti  si concretizzò in tante iniziative diffuse nei 280 e passa comuni della regione e fu patrimonio collettivo; direi fu la prima volta che si consentì al mondo emarginato dei centri storici (inteso in senso fisico e in senso sociale) di sentirsi al centro, nelle città come nelle campagne; da li ricordiamo è partito il miracoloso e portentoso recupero della Toscana e quello era un patrimonio di tutti (dei giovani architetti, come degli anziani abbandonati in case fatiscenti di piccoli borghi ); la questione paesaggistica non lo è ancora, perché non c'è il Piano Paesaggistico, perché quello che verrà dobbiamo auspicare non sia un'operazione tecnicistica o peggio ancora accademica, perché si deve rendere chiaro non solo la tutela, ma soprattutto cosa e come fare per governare e rendere redditizio questo patrimonio conservandolo, facendo sì che si senta questo un impegno ed un'opera collettiva;

Ovviamente queste sono provocazioni, non vogliono essere, non sono, né verità, né soluzione, sono il pressante invito a chi porta responsabilità politica, di farsi carico di un ampio coinvolgimento della società toscana, tutta, ed in maniera diffusa. Il paesaggio è sintesi di incontri e scontri, è frutto evidente del lavoro consapevole di grandi architetti o grandi governanti del passato, specchio di rapporti di forza ed interessi, prodotto del quotidiano amore per le cose del mondo,  in quanto essenziali alla sopravvivenza, come ben sapeva il mezzadro che il paesaggio toscano più di ogni altro ha costruito; è costruzione collettiva cioè, e se non ci sono i padroni ed i governanti, gli architetti o gli ingegneri, i mezzadri (noi tutti in questa attualità), non ci sarà espressione della nostra cultura. Come "mezzadro" del ventunesimo secolo auspico che non si dia il paesaggio come opera del principe illuminato, tecnico o politico che sia, spero che quel po' di sinistra che esiste ancora riesca a farne un prodotto coinvolgente tanti piccoli protagonisti.

Torna all'archivio