[27/01/2012] News

Una follia non introdurre - nemmeno questa volta - la Tobin Tax

Il premier britannico, David Cameron, non ha usato mezze misure per definire la Tobin Tax: «E' semplicemente una follia». Lo ha detto intervenendo al World Economic Forum di Davos aggiungendo che «una tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe ridurre il Pil dell'Unione di 200 miliardi di euro, costare circa 500.000 posti di lavoro e spingere fino al 90% delle piazze finanziarie fuori dall'Ue».

Cifre del tutto diverse da quelle prospettate dall'Ue che invece parla di ricavi per 57 miliardi di euro se applicata nei 27 paesi della Ue. Ora, che la Tobin Tax non sia la panacea lo sanno tutti. Come è noto altresì che sia da 40 anni che se ne parla e ogni volta c'è una scusa pronta per non farne di niente.

Nel frattempo l'economia finanziaria si è mangiata l'economia reale, ma tutto cambia perché nulla cambi anche in Inghilterra, da sempre fortemente contraria alla tassa. Ma di che "salasso" stiamo mai parlando? Guardando allo schema proposto dalla Commissione europea si rimane quasi basiti: tassare le transazioni su azioni e obbligazioni a partire dal 2014 con un prelievo dello 0,1% e gli strumenti derivati con un'aliquota dello 0,01%. Siamo agli zero virgola e pure agli zero virgola zero...

Se si pensa a cosa i governi europei chiedono ai cittadini sul piano del gettito, c'è materia per farsi venire un travaso di bile. Ma si dirà: bisogna parlare con la testa e non con la pancia e infatti una prima risposta a Cameron l'ha già data qualche giorno fa la Commissione che propone che la Tassa si applichi in base al ''principio di residenza'' del proprietario dei fondi coinvolti nella transazione e si applicherebbe ''ovunque'' la transazione abbia fisicamente luogo, a Londra come a New York.

Se poi fosse solo «l'idea - come scriveva Walter Riolfi l'altro giorno sul Sole24Ore - di tassare le transazioni finanziarie» perché «è suggestiva, proficua e moralizzante. Con il vortice di operazioni sui mercati finanziari, cresciute in maniera esponenziale negli ultimi due decenni, i governi ricaverebbero un bel gruzzolo di denaro e verrebbe scoraggiata la speculazione internazionale», non vediamo davvero quale sia il problema. Non è una questione da "forcaioli" bensì di equità e di politica quindi.

L'1% svelato da occupy Wall Street sembra allergico a qualsiasi tipo di percentuale, anche infinitesimale, che metta un freno alla sua bulimia affaristica che ha portato l'Europa sull'orlo del precipizio che ha già la Grecia sul fondo.

Cameron, come tutti i conservatori "compassionevoli", alla fine butta alle ortiche le promesse di un capitalismo attento all'ambiente a ed ad una temperata giustizia sociale e torna al vecchio amore del liberismo senza freni, alla Thatcher (ed alla Blair).

Il punto infatti è quale politica europea vogliamo essendo di fronte, come dice giustamente Giorgio Ruffolo sull'Unità, all'assenza proprio dell'Europa politica. E' per affrontare questa situazione che la sinistra dovrebbe scrivere la sua ricetta, più di tirare fuori o metter via la "foto di Vasto".

Che cosa vogliamo fare di fronte alla crisi economica e come vogliamo affrontare quella ecologica? A questa domanda bisogna sapere rispondere e in modo convincente, visto che al momento sono solo i mercati a dettare le regole e i tempi, tragicamente incompatibili con quelli della democrazia.

Ruffolo una risposta la dà e a noi pare piuttosto convincente: «Bisogna ripristinare l'equilibrio tra beni e moneta. Penalizzando l'accumulo di titoli e denaro, e riconducendo quest'ultimo a mezzo di pagamento e investimento».

Cosa vuol dire? Guarda caso «Tobin Tax, far costare di più le transazioni, e ricondurre le banche alla loro funzione di sostegno alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. Insieme però ci vuole una politica in grado di indicare obiettivi generali. La piena occupazione innanzitutto. E il rilancio della domanda di beni e servizi non effimeri. Con particolare attenzione all'ambiente, che non è un vincolo ma un moltiplicatore di crescita. Sia in termini di qualità della vita, che come innovazione tecnologica ad alto valore aggiunto».

Ecco da questo canovaccio, al quale noi aggiungiamo la politica industriale che serve per affrontare il nodo della scarsità e del costo delle materie prime soggiogate dalla finanza attraverso almeno il rilancio del riciclo di materia e una no fly zone sulle materie prime agricole, che si può costruire un modello economico più sostenibile ambientalmente e socialmente.

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