[27/01/2012] News

Greenpeace a Passera: «Quanto ci costa il disastro della Costa Crociere?»

Subito azioni concrete per il Santuario dei cetacei

Greenpeace ha fatto un blitz  a Roma, davanti al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Un gruppo di attivisti tute bianche sporche di petrolio, con cartelli con  scritto: "Un altro disastro quanto ci costa?" e "Rotte a rischio: decreto subito!".

«Sono passate già due settimane dalla tragedia della Costa Concordia e, dopo le misure di sicurezza promesse, ora si parla di "accordi volontari" con le compagnie rinviando interventi da tempo necessari per regolamentare il traffico in aree a rischio, come quella del Santuario dei Cetacei»  dicono quelli di Greenpeace  che hanno consegnato al ministro Corrado Passera una lettera  nella quale gli chiedono di «Non perdere altro tempo prezioso e di emanare con urgenza disposizioni atte a evitare altri disastri».

Gorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia, sottolinea: «Da tempo chiediamo al governo limiti alla navigazione in zone critiche, come il Santuario dei Cetacei, che avrebbero potuto evitare questa tragedia. L'Italia  è già in ritardo di dieci anni e ulteriori rinvii sono inammissibili. La legge 51 del 2001 (art. 5, comma 2) permette di regolamentare, con un decreto del Ministro delle Infrastrutture di concerto con il Ministro dell'Ambiente, il traffico marittimo nelle aree "a rischio". Il ministro dell'ambiente, Corrado Clini, si è già espresso per una regolamentazione severa promettendo, una settimana fa, un decreto per regolare le rotte più pericolose. Adesso tocca al Ministro Passera assumersi le proprie responsabilità e tutelare la sicurezza dei trasporti, la salute pubblica e l'ambiente.  Il silenzio del ministro Passera e l'annuncio di un possibile accordo volontario con gli armatori, ci spinge a pensare che, passata l'emozione dovuta all'ennesimo disastro, il governo ci stia ripensando e che ancora una volta si decida di non fare nulla. Dopo i morti, adesso rischiamo un disastro ambientale. Per questo una regolamentazione precisa e vincolante del traffico marittimo nelle aree sensibili, a partire dal mare del Santuario dei Cetacei dove si è verificato il naufragio della Concordia, non è rinviabile».

Greenpeace ricorda che «L'Isola del Giglio si trova all'interno del Santuario dei Cetacei, un'area protetta nata con un Accordo tra Italia, Francia e Monaco, in vigore dal 2001, ma che è restato lettera morta. Greenpeace da tempo  ha individuato una serie di minacce per quest'area, tra cui la pericolosità del traffico marittimo. L'associazione  ha rilevato che in estate nel Santuario circolano ogni giorno oltre duecento imbarcazioni tra navi passeggeri, petroliere e cargo. Quello della Costa Concordia non è certo il primo incidente navale: solo a metà dicembre, a poche decine di miglia più a nord, il traghetto della Grimaldi Lines "Eurocargo Venezia", aveva perso in mare, durante una tempesta, circa 40 tonnellate di sostanze tossiche».

secondo Greenpeace, tra le misure di controllo dei traffici navali che dovrebbero essere adottate nel Santuario ci dovrebbero essere: « Un sistema di controllo del traffico navale, destinato soprattutto alle petroliere, alle  imbarcazioni che trasportano carichi pericolosi e alle grandi navi da crociera e ai traghetti;  La regolamentazione della velocità delle imbarcazioni, con precisi limiti di velocità e rumorosità;  L'identificazione di rotte a rischio e la canalizzazione del traffico nelle aree sensibili (come il Canale di Piombino, l'Arcipelago Toscano, l'ingresso ai porti principali); L'abolizione degli scarichi di acque reflue (e di ogni sostanza pericolosa) durante la  navigazione, dotando i porti delle necessarie infrastrutture;   Un'anagrafe degli idrocarburi (fingerprint) scaricati nei terminali petroliferi del Santuario;  La possibilità di collegare il sistema AIS delle imbarcazioni (un sistema di localizzazione satellitare che fornisce tutti i dati dell'imbarcazione) a un meccanismo di "allarme" che avvisi le Capitanerie di Porto delle infrazioni in corso;  Un meccanismo che permetta di impedire la navigazione, in particolare per le navi che  trasportano sostanze pericolose, nelle aree con condizioni meteomarine critiche;  Stabilire regole più restrittive per la navigazione nello stretto di Bonifacio, designata Area Marina particolarmente Sensibile (PSSA) dall'Organizzazione Marittima  Internazionale nel 2011, e ad oggi tutelata, nonostante la sua pericolosità, solo da un  pilotaggio "raccomandato" per le navi con carichi pericolosi. 

Ma secondo Greenpeace «I trasporti marittimi sono comunque solo una parte  dei troppi problemi del Santuario», per risolvere le altre problematiche dell'area l'associazione ambientalista chiede: Un piano generale di controlli ambientali per sviluppare misure concrete per limitare e laddove possibile eliminare l'inquinamento da fonti industriali terrestri;  Il divieto di costruire pericolosi siti industriali nell'area del Santuario;  Il divieto di utilizzare nel Santuario attrezzature che prevedono emissioni sonore pericolose per i cetacei e un piano per la valutazione delle emissioni sonore già  presenti; Precisi piani di monitoraggio per valutare lo stato di conservazione delle popolazioni di  mammiferi marini e, in generale, dello stato dell'ecosistema marino e costiero;  Il ritiro immediato della licenza per chi pesca con attrezzi illegali; L'adozione di un codice di condotta obbligatoria per le attività di whale watching, con sanzioni che possano arrivare al divieto di praticare tale attività;  L'adozione di rigide regole nelle aree portuali sulla movimentazione dei sedimenti nelle  opere di dragaggio che rischiano di rimettere in circolo sostanze pericolose e  determinano talora lo spostamento in alto mare di grandi volumi di fanghi contaminati.

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