[16/01/2012] News

ARPAT ribadisce le proprie valutazioni sull’impianto di Scarlino Energia

Nei giorni scorsi, a seguito della Ordinanza del Consiglio di Stato in merito all'inceneritore di Scarlino Energia, è stata resa nota, anche attraverso vari articoli di giornale, la relazione del perito di parte del Comune di Follonica, Paolo Rabitti, che è stata determinante per la decisione da parte dell'organo giurisdizionale.

La relazione del perito di parte in realtà è costituita da una rilettura del rapporto predisposto dal Dipartimento ARPAT di Grosseto nel settembre 2011 sul canale emissario della zona industriale di Scarlino. Questa rilettura ha distorto in modo strumentale le considerazioni fatte dall'Agenzia, giungendo a conclusioni diverse da quelle di ARPAT, introducendo alcuni elementi errati, che portano a supportare valutazioni finali infondate.

Il rapporto riguardava uno studio di approfondimento  svolto dall'Agenzia dopo la prima campagna di monitoraggio dei sedimenti (il cosiddetto punto zero) del canale emissario messo in atto dalla Soc. Scarlino Energia così come previsto dall'atto autorizzatorio. Nel rapporto, tra le altre cose, sono riportate, in dettaglio, le complesse indagini svolte dall'Agenzia per una definizione, la più accurata possibile, del contenuto di diossine e IPA nei sedimenti del canale emissario, nei fanghi degli impianti di trattamento acque che immettono i propri scarichi nel canale (Scarlino Energia, Tioxide, impianto di depurazione del comune di Follonica),  nel particolato contenuto nelle acque di scarico della Scarlino Energia. A questo proposito la consulenza di parte arriva a tre conclusioni in contrasto con la nostra relazione:
1.    lamenta una contaminazione ambientale "allarmante" da diossine e IPA;
2.    individua come responsabile di questa il funzionamento dell'inceneritore con CDR;
3.    afferma che lo scarico delle acque di depurazione di Scarlino Energia non rispetta i limiti per il contenuto di IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici).

La gravità della contaminazione da diossine e IPA
La prima affermazione del consulente deriva dalla presenza di queste sostanze nei sedimenti del canale. Tali sedimenti, come avviene peraltro in gran parte dei fossi e canali, contengono in quantità significative sostanze pericolose, soprattutto metalli, in questo caso provenienti dalle attività che da decenni hanno scaricato nel canale. La concentrazione di diossine, nello specifico, è, invece, tale da rispettare ampiamente i valori limite ammessi dalla normativa sulle bonifiche per i terreni industriali e risulta vicina a quelli consentiti nei suoli destinati a verde pubblico; per gli IPA, le concentrazioni rilevate da ARPAT risultano ampiamente al di sotto anche dei limiti indicati per i suoli  destinati a verde pubblico. Importante ricordare che i suddetti valori limite, stabiliti per i suoli, rappresentino solo un riferimento indicativo, non costituendo obbligo di legge per i sedimenti. Non risulta dunque comprensibile su quali basi il consulente abbia definito tali concentrazioni "allarmanti".

La causa della contaminazione dei sedimenti del canale da diossine
Con il termine generico di diossine si intende un'ampia famiglia di sostanze identificabili come diossine e furani. Guardando i rapporti quantitativi tra i principali componenti della famiglia si ottiene una sorta di "firma" della contaminazione che la rende riconoscibile e rintracciabile nelle diverse fonti ipotizzate. Nel nostro studio, avviato prima dell'utilizzo del CDR, e completato pochi mesi dopo i primi conferimenti di CDR, abbiamo evidenziato con analisi dirette che nello scarico del depuratore dell'inceneritore i furani sono molto scarsi in rapporto all'octadiossina, mentre il rapporto è invertito nei sedimenti del canale. Da questo si conclude che la presenza di diossine nei sedimenti è da attribuire a immissioni storiche da parte dell'impianto di combustione a biomasse.

Il consulente del comune di Follonica, afferma, invece, che la presenza prevalente di furani nei sedimenti del canale, a valle dello scarico dell'inceneritore, sia dovuta alla nuova attività di utilizzo del CDR. A sostegno di questa affermazione è, però, dovuto ricorrere a grafici tratti dalla letteratura scientifica, riferiti ad altri impianti che non hanno niente a che vedere con Scarlino (operando quindi una semplificazione grossolana, come se tutti gli impianti di incenerimento fossero uguali). Il consulente ha strumentalmente tralasciato di riferire che non è necessario fare ipotesi di letteratura sulla composizione del particolato attualmente emesso con le acque di scarico della Scarlino Energia perché il risultato di analisi specifiche è presente nella relazione ARPAT.

Lo scarico del depuratore rispetta i limiti per gli IPA
Riguardo allo scarico il consulente verifica il rispetto dei limiti per gli IPA usando un dato della nostra relazione che, lui stesso ammette, non è ricavato con un metodo consentito dalla normativa (infatti quelle analisi erano state da noi svolte per tutt'altri scopi). Tale misurazione ha ottenuto un risultato per gli "IPA totali" pari al limite ammesso dalla norma. Il consulente ne conclude, erroneamente, che poiché il metodo non è ufficiale, sottostima la quantità presente, e quindi gli IPA totali sono maggiori della quantità massima consentita. In realtà è vero contrario: quel metodo fornisce un "totale" più grande di quello stimato dal metodo ufficiale, perché include anche sostanze ulteriori rispetto a quelle previste dalla norma. Arpat ha già controllato due volte lo scarico da quando l'inceneritore è in funzione, col metodo ufficiale, ed è sempre risultato ampiamente nei limiti.

Conclusioni
In sostanza la relazione di approfondimento di ARPAT del settembre 2011:

  1. ha posto, responsabilmente,  all'attenzione delle autorità il problema della presenza di diossine e furani nei sedimenti del canale, richiamando anche i riferimenti normativi disponibili per valutarne l'effettivo livello di significatività e sottolineando l'importanza di mantenerne sotto controllo l'evoluzione nel tempo, come peraltro già previsto nel piano di monitoraggio annuale riportato nella VIA e nell'AIA;
  2. Ha riscontrato il buon funzionamento del sistema di trattamento acque nei primi mesi di attività dell'inceneritore in relazione alla capacità di abbattimento di diossine/furani e IPA;
  3. Ha indicato come dovuta alle attività precedenti la contaminazione dei sedimenti.

Lo studio di approfondimento ARPAT ha rappresentato quindi un'attività di indagine ulteriore rispetto ai controlli previsti dall'atto autorizzatorio, a conferma dell'importante impegno (vedi relazione sintesi) messo in campo dall'Agenzia per garantire la massima conoscenza possibile delle condizioni ambientali da parte delle pubbliche amministrazioni. Invitiamo tutti a non cadere nel paradosso di lamentarsi dei presunti scarsi controlli effettuati all'inceneritore e poi, al contrario, quando i controlli sono approfonditi, intenderli come sinonimo della presenza di gravi problemi.
  Dispiace constatare, infine, che una simile strumentalizzazione della nostra relazione sia stata effettuata dal consulente di una delle Amministrazioni Comunali che disponeva già dal settembre 2011 della relazione, Illustrata e discussa con loro nel mese di ottobre, senza che alcuno di questi sospetti e preoccupazioni fosse stato avanzato.

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