[13/01/2012] News

Non solo F35: rapporto Ue sulle esportazioni di armi incompleto, in ritardo e passato sotto silenzio

«Ampie anomalie nei dati forniti dall’Italia»

Il Ministro della difesa Giampaolo Di Paola ha annunciato ieri che  governo si avvia ad un ridimensionamento delle spese militari, ma ha anche confermato che l'acquisto dei cacciabombardieri  F-35  «Dà e darà occupazione a 1.500 persone e sono previsti 10mila posti di lavoro, con oltre 40 imprese che contribuiscono alla crescita economica del Paese». Ma Francesco Vignarca , dell'Archivio Disarmo risponde: «Anche oggi il Ministro ha ricordato in aula i favoleggiati 10.000 posti di lavoro derivanti dalla nostra partecipazione al progetto. Un dato assolutamente irreale e smentito da valutazioni sindacale, industriali e della stessa Aeronautica Militare e che, anche se fosse confermato, evidenzierebbe solamente l'inefficienza degli investimenti militari: ogni posto di lavoro costerebbe allo Stato infatti 1,5 milioni di euro. Un'insegnante costa al massimo 50.000 euro. Ma di cosa stiamo parlando?».

Il ministro ed il governo farebbero bene anche a preoccuparsi per quel che si legge in un comunicato comune diffuso da un ampio gruppo di associazioni, reti e centri di ricerca di diversi Paesi europei, tra cui, per l'Italia, la Rete Disarmo e la Tavola della pace, che sottolinea: «La pubblicazione della "XIII Relazione annuale sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari", che ricopre le esportazioni per l'anno 2010, solleva diversi interrogativi sull'attendibilità dei dati forniti dai governi e sull'impegno dell'Unione europea ad operare un controllo efficace delle esportazioni di armamenti. Questa importante relazione (470 pagine di tabelle e dati) è stata pubblicata l'ultimo giorno lavorativo dell'anno (venerdì, 30 dicembre 2011) senza darne alcuna comunicazione né sul sito web del Consiglio dell'Unione europea Consilium che è responsabile della sua pubblicazione), né su quello del Parlamento europeo. Ciò sta ad indicare che questa relazione è considerata alla stregua di una mera occorrenza burocratica, piuttosto che un importante documento degno di ampio dibattito pubblico da parte dei governi degli Stati membri e delle istituzioni dell'Unione»

Secondo le 11 associazioni di Italia, Belgio, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Olanda, Spagna e Svezia  associazioni. «Inoltre, otto Paesi (quasi un terzo degli Stati membri, tra cui due dei principali esportatori di armamenti al mondo, cioè Germania e Regno Unito) non hanno fornito dati completi sulle consegne di sistemi militari, rendendo così praticamente impossibile l'analisi delle esportazioni effettive di armi da parte dei paesi dell'Ue».

Il valore totale delle autorizzazioni (licences) di esportazione di armi nel 2010 è diminuito del 21% rispetto al 2009 quando avevano raggiunto un record di 40,3 miliardi di euro: nel 2010 ammontano a 31,7 miliardi di euro, una cifra vicina a quella del 2008 (33,5 miliardi di euro) che rappresenta uno dei valori più alti dall'attuazione nel 1998 di una politica comune europea sulle esportazioni di armamenti.

Le Associazioni europea spiegano che «Mentre il valore delle autorizzazioni all'esportazioni di armi verso i paesi occidentali (principalmente l'Unione europea e gli Stati Uniti) è sceso di oltre il 28%, è preoccupante  che le esportazioni di armi verso i Paesi delle economie emergenti e in via di sviluppo siano salite a 15,5 miliardi di euro, cioè a poco meno della metà del totale. Se il valore delle esportazioni di armi verso i regimi repressivi del Medio Oriente e Nord Africa è sceso rispetto ai livelli record del 2009, anche nel 2010 le autorizzazioni all'esportazione di armamenti verso queste zone di forte tensione sono rimaste molto alte e superano gli 8,3 miliardi di euro»

Secondo l'articolo 15 della Posizione comune dell'Unione europea sulle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari, è prevista nel 2012 una revisione della normativa dell'Ue sulle esportazioni di armamenti. «Tale revisione può essere efficace solo se si basa su informazioni attendibili e complete e su un dibattito informato" - evidenzia il comunicato congiunto -  Come associazioni, reti e centri di ricerca da tempo attivi nel controllo delle esportazioni di armamenti, contro il commercio delle armi e nella promozione facciamo appello ai membri del Parlamento europeo per chiedere un dibattito sulla "Relazione annuale sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari" e un'analisi approfondita dei dati riportati e delle sue carenze».

Giorgio Beretta, analista della Rete Disarmo, che per primo ha esaminato il rapporto pubblicandone un ampio resoconto sul portale Unimondo, sottolinea che «Al riguardo va evidenziata l'ampia anomalia dei dati forniti dall'Italia. Mentre, la Relazione ufficiale della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di armamenti italiani per l'anno 2010 riporta come "operazioni di esportazione effettuate" un valore di circa 2.754 milioni di euro, il governo italiano ha segnalato all'Ue esportazioni effettuate per soli 615 milioni di euro. Se una minima differenza di dati tra i due rapporti può essere comprensibile, non può certo essere nell'ordine dei miliardi di euro soprattutto considerando che si tratta di consegne già effettuate nel 2010 e quindi con armamenti già passati e registrati dall'Agenzia delle Dogane».

Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Disarmo, annuncia: «Nei prossimi giorni invieremo una richiesta ufficiale ai compenti uffici del ministero degli esteri per chiedere spiegazioni rispetto a queste anomalie. Ma, considerate le modifiche che il Governo si appresta a fare sulla legge 185 del 1990 che regolamenta le esportazioni militari italiane, è venuto il momento di aprire un confronto parlamentare e pubblico su tutta la materia che riguarda direttamente la politica estera e di difesa del nostro Paese».

Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, sottolinea che «L'Europa è ormai diventata il primo esportatore mondiale di armi, contribuendo direttamente alla crescita dell'instabilità e del disordine internazionale. In un mondo che sembra ormai fuori controllo, con delle istituzioni internazionali fortemente indebolite, mentre l'Europa viene pesantemente attaccata dalla speculazione finanziaria, non possiamo permetterci di continuare a disseminare il mondo di armi italiane ed europee. L'Europa non può essere un fattore di destabilizzazione internazionale. Prima ancora di essere contro i nostri principi è contro i nostri interessi e la nostra stessa sicurezza. Chiediamo dunque al nuovo governo di agire di conseguenza».

Torna all'archivio